1 gennaio 2023 - MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO (ANNO A)

 

Andrea Mantegna: Madonna col Bambino dormiente (1465-1470)

Berlino, Gemäldegalerie

 

 

PRIMA LETTURA (Numeri 6, 22-27)

 

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: Così

benedirete gli Israeliti: direte loro:

Ti benedica il Signore

e ti custodisca.

Il Signore faccia risplendere per te il suo volto

e ti faccia grazia.

Il Signore rivolga a te il suo volto

e ti conceda pace.

Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

 

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 66)

 

R. Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

 

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,

su di noi faccia splendere il suo volto;

perché si conosca sulla terra la tua via,

la tua salvezza fra tutte le genti. .

 

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,

perché tu giudichi i popoli con rettitudine,

governi le nazioni sulla terra. .

 

Ti lodino i popoli, o Dio,

ti lodino i popoli tutti.

Ci benedica Dio e lo temano

tutti i confini della terra. .

 

SECONDA LETTURA (Galati 4,4-7)

 

Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli.

E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

 

VANGELO (Luca 2,16-21)

 

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.

Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.

I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.

Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.

 

 

In altre parole

 

Sì, questa nostra comunicazione è imperniata sulle letture della liturgia domenicale, e va bene, perché fanno da utile riferimento comune. Ma a dire il vero, non è per niente ottimale che la Parola di Dio sia come costretta alla forma omelia nelle sue diverse direzioni di moralismo, spiritualismo, esortazione, ma perdendo di fatto quel primato che le si riconosce solo formalmente ma non in pratica. Per la verità, anche altre forme di celebrazione della Parola, come la lectio divina o le veglie di vario genere, la costringono e la finalizzano a scopi di spiritualità e di pietà personale, ma la depauperano della sua dimensione di verità, e cioè di relazione reale e interpersonale.  C’è una forma e un momento in cui essa risuona nel suo valore formativo di verità e nel suo carattere pubblico? E cioè come “predicazione” in senso stretto? Se la possiamo assimilare al lievito, c’è da dire che è lievito integrato nella massa e non più capace di farla fermentare!

 

Questo per dire che il tentativo e la linea guida di questa nostra “lettura” dei testi domenicali sono nel cogliere il valore di verità della Parola, nel presupposto che una modificazione della coscienza ecclesiale e dello stile di vita cristiana sono possibili solo a partire dalla potenza formativa della Parola di Dio che agisce in noi. Dovremmo smettere di pensare che un cambiamento epocale nel modo di vivere la fede - e di essere chiesa - possa avvenire come operazione accessoria, al di fuori dell’annuncio e del mistero della fede. Non possiamo dimenticare che si tratta di Parole che sono spirito e vita, di cui sentiamo la voce ma non sapendo di dove vengano e dove ci portino, come del vento.

 

Un vento però di benedizione, sia perché in Cristo siamo benedetti di ogni benedizione (cfr. Ef 1,3) e sia perché chiamati a benedire: “Non rendete male per male, od oltraggio per oltraggio, ma, al contrario, benedite; poiché a questo siete stati chiamati affinché ereditiate la benedizione” (1Pt 3,9). La benedizione è il respiro del credere, ed è il Signore stesso a suggerire le parole con cui benedire il suo Popolo: essa è custodia e cura, luce del volto e grazia, dono di pace: è ciò che l’invocazione del nome di Dio trasmette agli Israeliti. Ed è in questa circolazione di vita che bisognerebbe tenere viva la nostra esperienza di fede sia personale che comunitaria, senza la preoccupazione di farsi belli davanti a Dio, magari attraverso benedizioni varie a buon mercato, intese come qualcosa di taumaturgico.

 

Che la benedizione sia la sostanza del credere ce lo fa capire Galati 3,13-14, quando ci dice che “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge,… affinché la benedizione di Abramo venisse sugli stranieri in Cristo Gesù, e ricevessimo, per mezzo della fede, lo Spirito promesso”. Sono passaggi vitali di verità, che non possono rimanere sommersi da pie considerazioni e fervorini edificanti, ma che dovrebbero strutturare l’esistenza del credente e la vita cristiana, ridotta spesso a buonismo. Sempre la lettera ai Galati evidenzia il momento del passaggio decisivo dalla maledizione alla benedizione, quando cioè nella pienezza del tempo “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli”, fino a farci gridare “Abbà! Padre!”. E a farci diventare eredi di Cristo per grazia di Dio: cose risapute e ripetute, ma più come mantra che come novità di visione e di vita.

 .

Se questo è il modo in cui la benedizione  entra nella storia del mondo – dal Figlio di Dio nato da donna e nato sotto la Legge – diversi sono i modi in cui da parte nostra si entra nella sfera di questa benedizione, appunto per mezzo della fede, che ci porta a vivere “in Cristo” e a ritrovarci benedetti in lui. Un primo sorprendente modo di accesso a Cristo ci è indicato dalla storia dei pastori di Betlemme, che non è una semplice narrazione bucolica, ma è indicativa di come si entra nella luce della fede, quando la nascita di quel bambino diventa fonte  di salvezza.

 

Subito dopo aver detto che Maria diede alla luce il figlio primogenito deposto nella mangiatoria, l’evangelista Luca ci parla di pastori che erano in zona a vegliare i loro greggi e sono investiti dalla “gloria del Signore”, e cioè dalla manifestazione potente di luce che si sprigiona inevitabilmente da quell’evento, tanto da spaventarli. Ma al tempo stesso essi ricevono l’annuncio di ciò che quell’evento comporta per loro e per tutto il popolo: si tratta della nascita di un salvatore “che è il Cristo Signore”, e che trova riscontro nel bambino che essi potranno trovare nella città di David avvolto in fasce in una mangiatoia. Il Salvatore in un bambino sperduto.

 

Dopo l’illuminazione e l’annuncio, nasce nei pastori la determinazione di andare a Betlemme a sincerarsi di questo avvenimento che il Signore ha fatto loro conoscere, e trovano in effetti Maria, Giuseppe e il bambino. E subito dopo averlo visto, per primi riferiscono ciò che era stato detto loro a suo riguardo: ed è la prima espressione di fede di questi primi credenti, tanto da suscitare sorpresa in Maria e Giuseppe, che toccano con mano la potenza salvifica del loro bambino, qualcosa che la madre considera e medita in cuor suo, come farà per tutta la vita. Da parte loro, anche i pastori tornano ai loro greggi “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro”. 

 

Abbiamo fatto di questi pastori delle comparse coreografiche nei nostri presepi e dimentichiamo facilmente che essi sono i primi chiamati alla fede e all’adorazione, come del resto lo sono i Magi in altro contesto: sono quelli della prima ora che hanno udito e visto, e se ne possono tornare alla propria vita con la benedizione di Dio. Se in quel bambino Verbo fatto carne era la vita, e la vita si trasmette come luce che illumina ogni uomo, a questi pastori che lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio, in quanto hanno creduto nel suo nome. Perché è a questi livelli che si genera la fede mediante la Parola!

 

Tutto questo accade prima e indipendentemente dal fatto che al momento prescritto per la rituale circoncisione gli viene messo il nome di Gesù, dove sembra che egli rientri sotto la Legge, ma in realtà è la Legge che viene inglobata e riscattata in lui. Si torna al primato della Parola, che deve risuonare nel mondo per se stessa come annuncio, e deve essere ricercata per quello che è nella sua nuda realtà.

Diversamente possiamo avere raffinate spiritualità di persone religiose  e osservanti, ma non saremo mai donne e uomini di fede. E se Maria, la benedetta tra le donne, è nostra madre nella fede, i pastori sono nostri fratelli maggiori nel credere.(ABS)


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