Koinonia Febbraio 2024


“ALBERTO O.P.”

 

In modo scherzoso chiamavo Alberto “O.P.” (è l’indicazione dell’Ordine dei Predicatori) perché in quegli anni le due iniziali ci ricordavano - per assonanza - la sigla di un liquore, allora reclamizzato in TV. La stessa sorte era toccata a Padre Aldo Tarquini : “O.P.” anche lui . Attratti dalla loro personalità e dal luogo in cui vivevano, indipendente e “normale” - cioè in una comune abitazione, non in convento - spesso li consideravamo quasi una persona sola, quasi una unica realtà a cui fare riferimento. Anche altre persone mi hanno poi detto di provare questo stesso sentimento.

Aldo OP e Alberto OP. I due OP avevano “sfumature” leggermente diverse: Aldo più pratico ed operativo, Alberto più teorico e speculativo.

Era l’inizio degli anni Settanta - il 1972 - ed i padri Tarquini e Simoni condividevano un’esperienza ecclesiale molto particolare, di cui erano stati i precursori in ambito domenicano: si trattava una esperienza di vita e di evangelizzazione extra-conventuale, forse unica per quel tempo in ambito cattolico, e simile in parte alle esperienze dei “preti operai”.

Erano e rimanevano due frati, ma senza convento; vivevano ed evangelizzavano all’esterno, vivendo in una comune abitazione, senza una chiesa parrocchiale, senza un territorio di competenza… senza rete insomma, nel tentativo di dar voce e concretezza alle molte proposte e questioni sollevate dal Concilio Vaticano II.

Quando si è giovani è frequente considerare “normale” ogni situazione incontrata, ma ora che ho la mia età, non c’è più Alberto e un certo equilibrio generale si è rotto, mi accorgo che siamo stati testimoni di un’esperienza importante e non comune, con molti valori che forse non siamo riusciti a fare emergere pienamente.

Questa interessante esperienza extra-conventuale purtroppo terminò nel 1988 per intervento del Cardinale Piovanelli. Koinonia continuò comunque, seguendo i due “OP”.

Come direttore responsabile, avevo già  parlato di questi fatti nel numero 500 del 2023;  ma avevo bisogno di ripetere a me stesso quelle cose adesso che - con una certa difficoltà - parlerò di Alberto, scomparso solo poche settimane fa, il 26 gennaio.

Contrariamente all’espressione e all’aspetto che sembrava distratto, o assente, Alberto era invece molto presente e attento, sia alle persone che incontrava o conosceva, sia agli obiettivi importanti della sua missione cristiana e sacerdotale.

Prestava davvero molta attenzione nel seguire il suo “gregge” (un gregge che non abitava quel  territorio, come in una parrocchia, ma era sparso in vari luoghi e città) ricordandosi delle necessità o delle difficoltà delle persone con cui entrava in  contatto… era in  continuo, incessante movimento. Era proprio un pastore “itinerante”, e riusciva a ricordarsi le date importanti, i problemi, il cammino spirituale, le difficoltà e le qualità di ciascuno.

 Aveva grande rispetto e sentimento di comunione verso la Chiesa Cattolica e verso l’Ordine Domenicano in cui era sempre vissuto, e di cui amava ricordare la forza delle origini e le tradizioni, insieme alla modernità, santità e apertura mentale del fondatore S. Domenico di Guzman (certo, in rapporto ai tempi).

Stupiva accorgersi che Alberto aveva anche uno spiccato senso dell’umorismo - anzi per la grafica in genere - e condivideva il mio stile umoristico - talvolta irriverente - usato per le copertine e per le vignette sulla rivista. A volte era proprio lui a sollecitare o visualizzare verbalmente situazioni comiche per le vignette. Con lui - per esempio - avevamo raffigurato in due puntate alcuni episodi della vita di S. Domenico con vignette comiche, seguendo il testo di una sua conferenza.

Per questo motivo ho ritenuto che non fosse inopportuno riportare proprio in questo numero alcune vignette fatte per lui/con lui.

Un’altra sua caratteristica era la tolleranza per i comportamenti personali, per le idee politiche diverse, per tipi di spiritualità e per fedi diverse dalla sua.

Era difficile sentirlo condannare senza appello il comportamento personale di qualcuno.

Come molti frati, era essenziale (quasi in povertà nel vestire, nel muoversi, nel nutrirsi) dando poca importanza all’aspetto esteriore e alle comodità.

Amava il concetto di “condivisione” e di “accoglienza”. Non era nel suo animo e nella sua onestà fare accordi o intrattenere pubbliche relazioni interessate, compromessi, accomodamenti per fini materiali.

Il suo rigore e onestà intellettuali, erano assoluti, pur mantenendo la disponibilità alla dialettica e al confronto.

 Anni e anni di studi, di riflessioni, di “pensiero” e di incontri gli avevano dato una notevole acutezza speculativa e filosofica e, nelle questioni di fede e di comportamento che riteneva davvero fondanti, era intransigente.

Questa sua intransigenza lo ha forse caratterizzato in modo negativo nei conventi in cui ha vissuto e nei rapporti con alcuni confratelli, ai quali rimproverava di accettare con passiva rassegnazione aspetti della gerarchia ecclesiastica che secondo lui non corrispondevano allo spirito conventuale domenicano originario; così come una certa assuefazione a vantaggi egoistici rispetto alla condivisione e al dialogo fraterno e franco.

Forse in alcune situazioni - specialmente negli ultimi dieci anni -  è stato meno tollerante, con un velo di tristezza; ma certo la mancanza di dialogo costruttivo e, forse, un certo isolamento e la mancanza di riconoscimento non gli rendevano facile la vita, peraltro infastidita da disturbi fisici.

 Ha passato la sua intera vita nell’essenzialità, senza concedersi spazi privati personali, senza ricevere né cercare approvazioni dai “superiori”, in una certa solitudine  - quindi -  anche tra le “mura” del convento, anzi “dei” conventi in cui ha vissuto (Firenze, Pistoia, San Domenico di Fiesole…).

Come ha giustamente detto Padre Davide Colella durante la cerimonia funebre, Alberto è stato proprio un “profeta disarmato”. Aggiungo io che era disposto al buon umore, alla “letizia” e alla condivisione fraterna. Un uomo dalla mente acuta, confortato da una grande cultura biblica… e come altri profeti, almeno in alcune cose, non è stato ascoltato.

                                                                                                                                                
Renato Scianò

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