Koinonia Febbraio 2024
CARO ALBERTO
Caro Alberto, ti abbiamo conosciuto, Angela ed io, in un momento in cui eravamo entrambi in crisi di “appartenenza”. Per qualche tempo avevamo frequentato la comunità della Resurrezione, anche dopo la morte di Luigi Rosadoni, il suo fondatore. Poi quell’esperienza ecclesiale ci era sembrata troppo stretta. Di qui la scelta di vivere la realtà di una parrocchia, parrocchia di frontiera, certo, ma sempre parrocchia, anche se proprio le comunità di base sono state la chiave che ci ha condotti alla riscoperta del Vangelo.
Ti abbiamo conosciuto grazie a Giovanna e, sempre grazie a lei, abbiamo apprezzato quella che è stata una tua bella creatura: Koinonia.
Ma ciò che ci ha spinto a frequentare te e la tua comunità che, anche se solo in parte, è diventata anche nostra, è stato il bisogno di vivere una fede condivisa con un gruppo coeso, senza per questo rinchiuderci in un rapporto settario.
Se penso a te, caro Alberto, non posso fare a meno di ricordare il tuo volto aperto, sereno, che lasciava trasparire amore per il prossimo. E la tua empatia, la capacità di ascolto. E la tua umiltà, grazie alla quale facevi sentire tutti a loro agio, senza mai far pesare la tua superiorità culturale.
È anche grazie a te e a persone come te se tanti fratelli hanno progressivamente respinto i due simulacri opposti, e ugualmente ingannatori, di un Gesù ridotto a innocuo santino, o, al contrario, innalzato a giudice severo delle pochezze umane, dispensatore di castighi e di minaccia del fuoco eterno.
Mi è capitato recentemente di parlare di Cristo con marxisti atei, convinti dell’immagine di un Cristo asettico, disincarnato, arrendevole di fronte alle prepotenze degli sfruttatori, simbolo di una religione alienante. E quale la loro meraviglia quando, contestualizzando la figura del Cristo uomo, l’unico di cui si può storicamente parlare in quanto il Cristo Figlio di Dio è solo oggetto di fede, ho parlato di un bambino palestinese che ebbe la fortuna di venire al mondo, in una grotta “al freddo e al gelo”- e quale donna avrebbe potuto partorire un figlio vivo in quella situazione - ; di un perseguitato politico (la strage degli innocenti); di un profugo (la fuga in Egitto); di un rivoluzionario che capovolge la struttura sociale del tempo osando addirittura condannare il sistema schiavistico su cui si fondavano gli imperi e che sbugiarda l’ipocrisia di una legge che mette il “sabato” al di sopra dell’uomo; e infine di un “femminista ante litteram” che innalza la figura della donna rendendola persona, e non succube al potere maschile.
Grazie, Alberto, per averci fatto crescere nella fede.
Bruno D’Avanzo