Koinonia Luglio 2023


UN “ALDILÀ” VISTO DA MOLTEPLICI PROSPETTIVE

 

Mi sento in dovere di rivelare innanzitutto che un’amicizia di oltre sei decenni mi unisce alle autrici del recentissimo “TI RACCONTO L’ALDILÀ” (Ed. Castelvecchi): Angela Ales Bello e Anna Maria Sciacca.

Un ulteriore filo mi lega a questo libro: la sua gestazione ebbe inizio in una vacanza di montagna quando, sedute l’una di fronte all’altra (i due computer si davano le spalle), Angela ed io meditavamo entrambe sull’aldilà. Io manifestavo a lei, che è sempre stata una spanna più avanti di me nello studio, qualche mio dubbio, e lei sempre mi incoraggiava a procedere, senza far trapelare i suoi dissensi.

Ora che uno dei due libri ha visto la luce (per quanto riguarda il mio manca solo qualche mese) risultano evidenti più le discrepanze che le affinità. Eravamo vicine nello spazio e anche negli interessi concettuali, ma lontanissime nell’atteggiamento. Mentre io mi limitavo ad indagare sull’origine storica del concetto di “aldilà”, le due autrici vi conducono i lettori, quasi prendendoli per mano.

Già il titolo (insolito a confronto delle numerosissime opere pubblicate) si propone come viatico, guida, che si vale di argomenti tratti da filosofia, teologia, antropologia, psicologia, fisica e fenomenologia dell’occulto. I diversi percorsi si sostengono reciprocamente e consentono alle autrici di “raccontare” l’aldilà come se si trattasse di un paesaggio familiare.

Il libro si compone di tre parti: della prima è autrice Angela Ales Bello che, forte della sua ben nota competenza nel campo della Fenomenologia, basandosi soprattutto sui testi di un’allieva di Husserl, Hedwig Conrad Martius, descrive l’essere umano inserendolo in una metafisica che ben si adatta a quella tomista. Una visione del reale che rifiuta ogni forma di meccanicismo materialista a vantaggio di un finalismo teso a giustificare sia l’origine della vita (creazionismo) che la sua, solo apparente, conclusione.

Questa concezione, della quale l’Autrice trova conferme anche nella fisica moderna, esclude con forza anche l’evoluzionismo. L’essere umano ha, infatti, caratteristiche che lo distinguono radicalmente dall’animale ed è dotato di un corpo vivente (non soltanto materiale), un’attività psichica e una spirituale, aspetti che sono tra loro inseparabili tanto da confermare la visione entelechiale del cosmo. Non solo, ma l’interdipendenza di queste tre parti dell’uomo è talmente stretta da autorizzare a credere che neppure la morte possa dissolverla. La morte non “separa” l’anima dal corpo, ma il corpo dalla psiche. Hedwig Conrad Martius riesce così a coniugare, nella sua descrizione dell’universo, la scienza con la fede, dimostrando, con argomenti razionali, la veridicità degli articoli del Credo cristiano.

La seconda parte è, invece, opera di Anna Sciacca, cugina di Angela e studiosa della mistica medioevale. Qui si presenta una visione dell’aldilà che non è frutto di analisi metafisica o ricerca scientifica, ma di ispirazione divina. Autrice di questa descrizione è, in primis, Ildegarda di Bingen (mistica tedesca vissuta nell’undicesimo secolo e canonizzata santa nel 2012 da Benedetto XVII), la quale riferisce quanto ha appreso direttamente da Dio, al fine di ammaestrare coloro che, evitando il peccato, possono risparmiarsi le pene dell’Inferno.

Ildegarda pone questo luogo di tormenti al di fuori del creato, visto che Dio, Bene assoluto, non può averlo voluto. L’Inferno è, infatti, secondo la mistica, conseguenza della ribellione di Lucifero. Il Paradiso, invece, è caratterizzato da luminosità, armonia, gioia purissima. Il Purgatorio non è che il proseguimento della vita terrena, non punizione, dunque, ma purificazione. Esplicito è il nesso consequenziale tra comportamento assunto durante la vita e destinazione post mortem: questo nesso avvalora il peso della morale individuale.

Dopo avere, più brevemente, trattato il contributo di altre mistiche tedesche, Anna si sofferma a descrivere un “aldilà” più noto, quello descritto da Dante Alighieri, ma suggerisce una visione innovativa della Divina Commedia, rispetto a quella  tradizionalmente nota. Secondo studi recenti, Dante avrebbe ideato un universo sferico al centro del quale è collocata la terra, sferica anch’essa. All’interno di quest’ultima si apre la voragine dell’Inferno, collegato, attraverso un cunicolo, alla montagna del Purgatorio che si protende verso il cielo. Avvolgono la terra le nove sfere rotanti racchiuse dall’Empireo, il cielo che, in quanto perfetto, non può essere soggetto a mutazione. Alla sommità risiede Dio, Motore immobile dell’universo.

Questa grandiosa descrizione inquadra la visione dell’uomo che è, sì, illuminato dalla grazia (simboleggiata dalla luce), ma anche dotato di libero arbitrio e quindi responsabile delle proprie azioni. Fatto che giustifica la legge del contrappasso che domina nell’aldilà dantesco: ciascuno vi è trattato in proporzione del modo con il quale ha voluto, in vita, rispondere alla grazia divina. Dante non ammette eccezioni a questa legge inesorabile ed esorta l’umanità a riconoscere, nel Cristo incarnato, il senso profondo della situazione dell’uomo: “State contenti, umana gente, al quia, / che se possuto aveste veder tutto, / mestier non era parturir Maria” (Purg., III, vv. 37-39).

Su questi celebri versi credo sia possibile individuare una diversità di posizione tra le due Autrici del libro, diversità che risulta più evidente nella terza parte del libro. Qui Angela chiama a sostegno del suo “racconto” dell’aldilà fonti tra loro molto lontane: una è quella della fisica moderna, l’altra quella delle esperienze subliminari riferite da persone che le hanno vissute in procinto di morire e, infine, anche fenomeni paranormali quali lo spiritismo e le apparizioni dei defunti.  In ognuno di questi ambiti ella rintraccia conferme della sua visione dell’aldilà come luogo-non luogo, tempo-non tempo, materia-non materia, universo-multiverso.

Mentre Angela non si è fermata al “quia”, ma ha avuto l’ambizione di dimostrare come tutte le strade percorse dall’uomo che si interroga sull’oltre morte convergono per asserirne l’esistenza, Anna si è fermata prima e umilmente confessa che: “… sentire la voce di persone ispirate, cui la Chiesa tributa autorevolezza, non aggiunge nulla alla dottrina cristiana, ma offre conforto a chi è in cammino, speranza a chi è incerto, conferma a chi crede.”

 

Anna Marina Storoni Piazza

.