Koinonia Luglio 2023


LA “TERRA PROMESSA” DELLA DEMOCRAZIA

 

”Forse siamo en marche verso una forma originale di partito unico, internamente articolato (PUA) ed esteriormente suddiviso in singole formazioni. Come un dipartimento universitario articolato in ‘sezioni’”. Sono le parole di apertura del capitolo centrale  - “Il superpartito. Declino dei partiti” - del libro di Luciano Canfora “La democrazia dei signori” (Laterza 2022, p.23), che trova qui una possibile chiave di lettura: l’affermarsi sempre più egemone di un governo del mondo selettivo ed emarginante, fino ad imporsi ai suoi stessi attori del momento e col progressivo assottigliarsi di partiti e di forze rappresentative di un popolo ridotto a merce di scambio tra signori che si auto-candidano  o che piovono dall’alto come demiurghi per stati permanenti di emergenza. Da qui il divario crescente tra la minoranza dominante e la maggioranza sempre più silenziosa e assente. “L’autoesclusione dalla spazio politico dei gruppi sociali che si trovano ormai nella duplice condizione di socialmente deboli e politicamente non rappresentati. Si viene così a realizzare una modernissima forma di ‘suffragio ristretto’: che era l’orizzonte ideologico, oltre che legislativo-costituzionale, del liberalismo nel secolo XIX” (pp.65-66).

Naturalmente, Luciano Canfora giunge a queste come ad altre conclusioni attraverso analisi storiche e diagnosi culturali da par suo. Ma senza nulla togliere al valore intrinseco del libro, quello che più interessa cogliere ora è la sua testimonianza di uomo di pensiero e la sua libertà di giudizio sullo stato delle cose. Il libro vede la luce prima della guerra in Ucraina e prima della formazione del governo Meloni: c’è una previsione di guerra, quando si dice che l’intesa tra FMI e BCE come soggetti contraenti di questa politica imperiale potrebbe “approdare ad un conflitto anche armato con Cina e Russia” (p.69); ma è anche data la possibilità di capire l’approdo all’attuale governo e decifrarne la natura al di là di giochi di parole. Tutte cose da considerare per sapere dove è la vera insidia e quali possono essere le strategie per combatterla. Nei confronti dell’attuale governo conta fino ad un certo punto un attacco diretto con armi ormai spuntate, mentre sarebbe necessario l’impegno a ricreare infrastrutture mentali e condizioni per una democrazia che sia del popolo (demo) prima che dei signori (crazia): una politica di cui farsi custodi, promotori e protagonisti

Per la verità, l’attenzione a questo libro nasce dal desiderio di una lettura  ragionata dello stato delle cose tra noi e nel mondo, per non rimanere vittime di opinioni correnti di parte. È chiaro che l’interesse non è per ragioni di competenza o perché siamo in grado di dare un apporto specifico alla causa. È semplicemente per il fatto che lo svilimento dell’idea stessa di democrazia ci fa ritrovare dentro una crisi più profonda e più ampia: quella di civiltà, di cultura, di pensiero,  del senso stesso della politica intesa come arte della convivenza umana, della solidarietà sociale, della libertà come condizione sempre da raggiungere, quasi terra promessa. Alla radice ritroviamo l’animale razionale che è insieme “animale politico”: da dove dover ripartire, come dopo un diluvio universale o il crollo della Torre di Babele.

È ormai una lotta senza quartiere che coinvolge coscienze e responsabilità a tutti i livelli, perché si tratta di un ricambio totale del sentire umano come imperativo primario, che dovrebbe valere prima di codici, di “Carte dei Diritti”, di precetti religiosi. Ma è chiaro che i primi ad essere chiamati in causa in questa impresa sono i depositari del messaggio biblico ed evangelico: il lievito e la massa  non possono non interagire simultaneamente. Il fattore fede in questa rinascita umana non è né precedente né successivo all’impegno storico e laico ma intrinseco al processo umano di liberazione e di salvezza: quello che viene evocato e invocato come ritorno ad “essere umani”, se ci rendiamo conto di cosa comporta oltre la sollecitazione ideale.

Tornando alla crisi democratica e all’idea di democrazia non è fuori luogo vedervi effettivi segni dei tempi, per viverli come nuovo esodo verso la Terra promessa di un mondo più giusto e vivibile: un cammino da non interrompere, nonostante arresti, smarrimenti, contrarietà, inganni, illusioni, entusiasmi, successi  e abbandoni, là dove c’è distinzione reale tra fede e sua realizzazione storica, ma non separazione o contrapposizione ed esclusione: salvo il caso in cui obiettivi particolari vengano proposti come primari e agitati come bandiere di battaglia, perdendo di vista il tutto.

Come in una nuova Resistenza, ciascuno dà ciò che ha e misura se stesso non in rapporto a chi ha accanto nella lotta, ma in ordine al fine comune da raggiungere: la verità che libera e che salva, ciò che è irrinunciabile per vivere. E se si tratta di dare un cuore nuovo a questa umanità, è chiaro che i portatori di vangelo hanno una responsabilità veramente unica! E se i valori democratici sono stati condivisi tardivamente dalla chiesa, ora essa deve farsi carico della loro crisi, e magari diventare quella città posta sopra il monte che non può rimanere nascosta: una città che ha nella fraternità la sua legge primaria, il terreno buono per la democrazia  intesa come il “sabato fatto per l’uomo”. 

Per dire che è sul piano della convivenza umana o della socialità che la fede deve esprimere e mettere a frutto tutte le sue potenzialità e configurarsi come il luogo della “umanità di Dio”: il Verbo di Dio che si fa carne per abitare tra noi non può essere relegato in spazi sacri e cultuali se prima non ne incarniamo la verità e grazia di cui è portatore (Gv 1,14). Le poche pagine del libro di L.Canfora riportate di seguito, ci dicono la situazione in cui calarsi e da assumere, perché la luce della fede possa intervenire come visione e come valutazione esistenziale in cui azione umana e promozione di grazia si fondono.

Ma perché questo avvenga, è chiaro che è necessario un soggetto attivo, che di principio dovrebbe essere la chiesa nel suo insieme, quella che nasce nella fede dentro il mondo e tra gli uomini. Ma non è certamente da pensare alla chiesa così come storicamente si dà, se non rinasce e prende forma dalla fede vissuta di credenti, da “questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi” (2Cor 4,7). L’esigenza di rimettere in gioco la fede come potenza di Dio, prima che nelle sue versioni intellettuali, psicologiche, liturgiche e di “opere”, è ormai imprenscindibile, ma quessto implica che in primo piano ci sia la sua valenza umana “di ragione”, storica, laica, realistica, esistenziale: forse l’istanza primaria oggi è ritrovare e mettere in atto questa simbiosi di intelligenza e di azione interna al mondo della fede. Se poi vogliamo un esempio di fede ridotta a vuota cornice buona per tutte le nostre autocelebrazioni, abbiamo a scelta l’incoronazione di Carlo III e i funerali di Silvio Berlusconi: svuotare la fede di tutta la sua verità per celebrare uomini di potere porta ad una religione gratificante, che amplifica le emozioni  e commozioni, ma falsifica la Parola di Dio e l’esistenza!

Un segnale di dialogo tra posizioni diverse sullo stato della democrazia  come “terra promessa” ci viene dal libro di Ferdinando Adornato e Rino Fisichella “La libertà che cambia. Dialoghi sul destino dell’occidente” (Rubbettino 2023), in cui il confronto è tra un laico e un prelato teologo: vi si riscontra una convergenza di analisi, di valutazioni, di prospettive, di urgenze. Ma il fatto è che siamo sempre  sul piano di un parallelismo ideale, senza sapere chi e come dovrebbe poi farsi carico di una svolta radicale. E quando si arriva ad individuare possibili vie di uscita è come ritrovarsi nel vuoto, e il passaggio dalle ipotesi ideali alla realtà effettiva è solo un auspicio.

Stando così le cose, mi permetto di suggerire ingenuamente una ipotesi di lavoro - quasi ”uovo di Colombo”: sia sul piano storico e politico che su quello ecclesiale, ripartire da quanto ci è dato di mettere in atto e di sperimentare dal vivo. È il passaggio dal reale all’ideale, dalla vita al pensiero, dalla esperienza alla riflessione, perché un dialogo può avvenire a parole solo se c’è questo radicamento in una comune realtà. E questo vale in primo luogo per la fede!

 

Alberto B.Simoni op

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