Koinonia Luglio 2023


CHE COSA ACCADE QUANDO SI MUORE?*

 

Si può «concludere» su una questione come quella trattata in queste pagine? Evidentemente no. Non solo perché le ipotesi avanzate nel reiterato tentativo di rispondere alla domanda: «Che cosa succede quando si muore?» sono tante nella lunga storia del pensiero umano, e più d’una, come s’è visto, anche in quella del pensiero cristiano, ma anche perché nessuna di loro può, proprio a motivo del suo carattere ipotetico, proporsi come realmente conclusiva, né autorizza noi a «concludere» in un modo o in un altro. Certo, ciascuna ipotesi - sia quelle negative secondo le quali non c’è vita dopo la morte e tutto finisce nel nulla, sia quelle positive secondo la quali c’è vita oltre la vita - nasce da una convinzione intima, e profonda; si tratta quindi di ipotesi serie, ponderate e motivate. Nessuna però - né quelle che argomentano su «base scientifica», né quelle che invece sviluppano un discorso di fede - possono in realtà dimostrare nulla su alcuni punti fondamentali, come ad esempio l’esistenza o la non esistenza dell’anima, la sua natura e funzione, oppure l’esistenza o non esistenza di un aldilà o di Dio, o ancora l’origine e il senso della vita, individuale e collettiva, nelle sue innumerevoli manifestazioni, e il senso della storia e del mondo. Su questioni di questo genere e di questa portata si possono fare affermazioni, non dare dimostrazioni. È anche per questa ragione che rinunciamo a «concludere».

Eppure una parola finale è necessaria e persino dovuta. Intanto: come risponde l’autore di queste pagine all’interrogativo posto all’inizio e tante volte ripetuto? Risponde nell’unico modo che gli sembra possibile, cioè con un atto di fede, che è questo: egli crede che con la morte non finisca tutto, ma che la vita della persona continui in un altro modo; la morte non è la fine, ma un passaggio. Su che cosa si fonda questo atto di fede? Su Gesù di Nazareth. L’autore di queste pagine crede in Gesù, anzi crede in Dio unicamente a motivo di Gesù, che ha rivelato quello che Dio è e quello che l’uomo può essere; crede nel suo modello di umanità; crede nella sua risurrezione dai morti, preludio della nostra; crede che, risorgendo dai morti, Gesù ha vinto la morte, non solo quella fisica, e «ha messo in luce la vita e l’immortalità mediante l’evangelo» (II Timoteo 1,10); crede quindi non solo che c’è vita dopo la morte, ma che questa vita è quella che il Nuovo Testamento chiama «vita eterna»; crede, riprendendo due affermazioni già citate di Karl Barth che essa è «il mistero già reale di questa vita temporale che è la nostra», e che è «alla vita eterna che tutti gli uomini sono destinati». Così risponde l’autore di queste pagine alla domanda: «Che cosa succede quando si muore?». Egli sa bene che le sue sono affermazioni, non dimostrazioni. La fede viene confessata, non dimostrata. Non ha evidenze da esibire. È fondata su una parola, non su una visione. Ma su questa parola - la parola evangelica - è realmente e saldamente fondata.

È però vero che il mistero resta grande. Resta grande per tutti, anche per i credenti. A questo proposito, è istruttivo il fatto che l’ultimo verbo utilizzato alla fine del suo evangelo dall’evangelista Matteo a proposito dei discepoli sia «dubitare»: alla fine, dice Matteo, «alcuni dubitarono» (28,17). Eppure avevano incontrato il Risorto, anzi erano con lui in quel momento, ce l’avevano davanti; ma mentre altri «lo adorarono», alcuni «dubitarono», in sua presenza! Di solito si dubita della sua presenza, oppure si denuncia la sua assenza; qui invece alcuni discepoli dubitano alla sua presenza! Anche la presenza del Risorto è misteriosa!

Non è dunque certamente casuale che l’apostolo Paolo inizi la parte conclusiva del grande capitolo 15 della Prima Lettera ai Corinzi, tutto dedicato alla risurrezione, parlando di «un mistero». Davanti al mistero, è lecito esitare, e anche dubitare. Paolo però precisa che si tratta di un mistero rivelato. C’è una grande differenza tra un mistero e un mistero rivelato: un mistero è un punto oscuro, un mistero rivelato è un punto luminoso. La risurrezione è un mistero rivelato. E mentre davanti a un mistero che resta un enigma si può esitare e anche dubitare, davanti a un mistero che diventa rivelazione, cioè luce, si può credere.

 

Paolo Ricca

In Dell’aldilà e dall’aldilà, pp.125-127

 

*Riportiamo la conclusione del libro di Paolo Ricca Dell’aldilà e dall’aldilà. Che cosa accade quando si muore? (Claudiana, 2018) che prospetta una valutazione  del problema-morte alla luce della fede, non per dare certezze e spiegazioni, quanto piuttosto come una presa d’atto in riferimento al Cristo risorto.

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