Koinonia Luglio 2023


La voce di frei Betto

DEMOCRAZIA CULTURALE

 

L’uomo e la donna sono gli unici esseri viventi che si oppongono alla natura. Gli altri, dalle api architette ai macachi africani che gestiscono le proprie risorse di sopravvivenza, sono tutti determinati dalla natura.

Questo allontanamento umano dal mondo naturale fa sì che la realtà si rivesta di simbolismo e produce un’emergenza trascendentale dell’immaginario.

Dall’interesse per il fuoco prodotto dai fulmini nasce la conoscenza che risveglia la coscienza. Rivolta su se stessa, la coscienza umana sa di sapere, mentre gli animali sanno ma ignorano la riflessione. Attraverso il símbolo e il significato, l’essere umano si relaziona con la natura,  con se stesso, con i suoi simili e con Dio.

Nasce la cultura, il tocco umano che trasforma il naturale in arte. La vita sociale guadagna contorni definiti e spiegazioni categoriche. Dal domínio delle forze arbitrarie della natura si arriva alle armi che permettono il predominio di un gruppo culturale sull’altro. Però, cultura è identità e pertanto resistenza. Allo stesso modo, l’assolutizzazione dei sistemi ideologici offre il paradiso e induce i dominati a sentirsi esclusi per non aver pensato con la testa di un altro.

Nel Brasile coloniale, i metodi di catechesi cristiana introducevano fra gli indigeni il vírus della disaggregazione e, oggi, i proprietari delle miniere, i produttori di legname e le aziende agroalimentari si domandano perplessi perché i popoli indigeni hanno bisogno di tanta terra se non producono...

I Pentecostali fondamentalisti attaccano gli Umbandisti e certi settori della Chiesa cristiana guardano con solenne disprezzo il candomblé, come se i loro fedeli ancora fossero in quello stadio primitivo della coscienza religiosa che non gli permette di godere la bellezza del canto gregoriano o l’ortodossia teologica dell’Università Gregoriana di Roma.

La caduta dei governi dei paesi socialisti dell’Est europeo indica non la fine del socialismo, come diffondono i mezzi di informazione capitalisti, ma quella dell’assolutizzazione dei sistemi ideologici. Cadono, con l’eredità stalinista, tutte le strategie di egemonizzazione della cultura e della propria idea  di “evoluzione culturale”. Non c’è cultura superiore, ci sono culture distinte. Stanno morendo le versioni totalizzanti in tutti i campi della produzione di significato - politico, economico e religioso.

Chi pretende di ignorare i segni dei tempi dovrà ricorrere all’autoritarismo per infondere timore. Sappiamo ora che anche in America Latina non c’è una cultura unica, ma una molteplicità di culture - indigena, negra, bianca, sincretica - che sono spiegate dai loro propri fattori interni. Questa polisemia dei sistemi di significato è una ricchezza, nonostante minacci il potere di quelli che immaginavano di poter ripristinare l’uniformità medioevale.

A più di 500 anni dall’arrivo di Colombo nelle Americhe - un’invasione genocida che alcuni chiamano “incontro di culture” - conviene ricordare questi concetti antropologici. E, oggi, la democrazia impregna anche la cultura. Ogni uomo e donna, gruppo etnico o razziale, scopre che può essere produttore del proprio senso della vita. Il difficile è rispettare questo come valore, soprattutto noi cristiani, che ancora non sappiamo distinguere Gesù Cristo dalle strutture giudaiche e greco-romane che lo rivestono e tanto favoriscono l’eurocentrismo ecclesiastico.

Fortunatamente, proprio Gesù ci insegna la differenza fra imposizione e rivelazione. Ci si impone pervertendo la natura del potere (Matteo 23,1-12). Invece rivelazione significa “levare il velo”: essere capaci di captare i frammenti culturali di ogni popolo e riconoscere le primizie evangeliche lì contenute, come ha affermato il Concilio Vaticano II.

Infatti, Dio non parla latino. Preferisce  il linguaggio dell’amore e  della giustizia. E questo dialetto incorpora e comprende ogni cultura.

 

Frei Betto

(trad. dal portoghese di Nadia Vettori)

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