Koinonia Giugno 2023


Visti da vicino

 

La cornice è una graziosa casetta con giardino nel cuore del quartiere romano di Garbatella che è stata l’abitazione, in disuso da anni, del custode di una grande scuola elementare attigua.Nel febbraio 2021, il Municipio VIII (in particolare l’Assessorato ai Servizi Sociali alle politiche educative e alla Scuola), l’ha data in concessione ad alcune associazioni di volontariato con l’impegno di non usarla per scopo di lucro, ma solo per attività sociali e culturali. L’abitazione si compone di tre stanze, delle quali una dedicata ai più piccoli, una cucina e un bagno. Tutto l’arredo e il materiale è frutto di donazioni recuperate dai volontari (in maggioranza donne). Ė stato coinvolto l’intero quartiere e la risposta è stata generosa, anche nel senso che persone estranee all’organizzazione hanno collaborato a montare i mobili, fissare gli scaffali, trasportare pacchi pesanti, fare piccole riparazioni. È così che è nato l’Approdo, porto culturale sicuro. Al suo interno oggi sono ospitati vari progetti che convergono su finalità comuni: rafforzare la comunità educante del Municipio, generare partecipazione ed esercizio di cittadinanza attiva, creare spazi dedicati “all’accoglienza culturale” contro l’indifferenza, la povertà educativa e l’isolamento sociale.

L’Approdo è in primis una biblioteca di comunità, dedicata soprattutto a bambini e ragazzi e costituita attraverso il recupero selezionato di libri usati, donazioni, omaggi di case editrici e grazie al lavoro paziente di catalogazione dell’associazione “Donne di carta”. Il patrimonio librario comprende ad oggi quattromila libri.L’associazione di genitori “Scuolaliberatutti”, due pomeriggi alla settimana, gestisce le lezioni di  insegnamento della lingua italiana agli stranieri. Oggi di queste scuole ne esistono tantissime sia religiose che laiche. Esistono anche Corsi di studio per preparare gli insegnanti, libri di testo appositi ecc. Nel Lazio esiste una Rete di associazioni che insegnano l’italiano a adulti, bambini e ragazzi di origine straniera. Chi fosse interessato può consultare il sito www.scuolemigranti.it.La Scuola della quale desidero parlare è al suo secondo anno di attività. Non ha ancora uno Statuto né una gerarchia interna, fatto che rende l’organizzazione molto difficile. Gli insegnanti (una trentina circa) svolgono, o hanno svolto, le più varie attività, pochi sono quelli che hanno fatto dell’insegnamento la loro professione.

Gli studenti sono più o meno altrettanti, ma la loro presenza non è sempre continua, nel senso che spesso si assentano o, magari, portano qualche altro membro della famiglia, sempre senza preavviso. Ci sono adolescenti che frequentano una scuola (e quindi portano i compiti da fare), ma anche adulti, mamme con bambini (che non saprebbero a chi lasciare).

Le provenienze sono varie: Bangladesh, Marocco, Tunisia, Egitto, Senegal, Cina, Filippine, Brasile. Alcuni di loro non hanno regolare permesso di soggiorno, molti vengono perché sperano di superare l’esame L2 che lo Stato italiano richiede per il suo rinnovo. Qualcuno alloggia in Centri di seconda accoglienza, ossia luoghi dove i richiedenti asilo ricevono assistenza materiale, legale, sanitaria e linguistica dopo essere transitati per lungo tempo nei centri collettivi di prima accoglienza.

Il livello culturale è vario: alcuni non hanno mai frequentato una scuola e quindi sono completamente analfabeti, non sanno neanche rispondere a domande del tipo: “come ti chiami?”, “da dove vieni?”. Altri capiscono qualche parola, ma non sono assolutamente in grado di parlare e seguire un discorso anche elementare. Altri frequentano la scuola italiana dove sono stati inseriti tenendo conto più dell’età che della preparazione e quindi fanno una fatica enorme a seguire le lezioni. Sono venuti anche laureati che volevano avere un attestato che li abilitasse ad accedere a concorsi o altro.

Dato il numero quasi paritario tra insegnanti ed allievi, si tenderebbe a costituire una certa continuità di rapporto in modo che fra insegnante ed allievo si possa stabilire una confidenza reciproca. Partendo dal presupposto che la lingua è nata per comunicare, l’apprendimento dell’italiano dovrebbe aiutare gli stranieri a sentirsi meno stranieri, ad orientarsi nella complessa burocrazia italiana, a conoscere diritti e doveri, ad evitare il rischio purtroppo molto diffuso dell’isolamento o, addirittura, dello sfruttamento.

Dopo qualche incontro essi smettono di essere considerati come “casi” e diventano “persone”. Lo stesso accade per gli insegnanti ai quali non si richiede più soltanto di dare nozioni di ortografia o di grammatica, ma di offrire accoglienza anche umana e immedesimarsi nel retroscena dal quale provengono le persone che si trovano di fronte.

Si viene, per esempio, a scoprire, che G. un cinquantenne di colore che proviene dalla Namibia, è arrivato con un “corridoio umanitario” della Caritas perché affetto da un tumore. In quanto malato, è ospitato in un centro che non gli consente di svolgere alcun lavoro. Quando poi è subentrato il Covid non è potuto più uscire, per un lungo periodo. Adesso vorrebbe guadagnare qualcosa e trovare qualche lavoretto in nero, ma rischia di essere rispedito in Africa.

M., invece, ha 14 anni ed è stato mandato dalla sua famiglia senegalese insieme con un fratello di 22 e una sorella ancora minorenne. Il fratello maggiore ha trovato un lavoro presso un meccanico, ma quello che guadagna non basta per tutti e tre. È stato iscritto l’anno scorso in prima media, ma non ha soldi a sufficienza per acquistare i libri e il materiale scolastico. A scuola se la cava, anche perché è francofono e questo lo aiuta a capire l’italiano.

Con la guerra in Ucraina sono arrivate molte donne con bambini che hanno creato non pochi problemi alla scuola. Mancavano mediatori linguistici e, nonostante il governo italiano avesse provveduto ad accogliere i profughi di guerra e invitato le scuole ad inserire un certo numero di bambini e ragazzi ucraini, il Ministero della Pubblica Istruzione non offriva mediatori linguistici. L’associazione Scuolaliberatutti ha promosso una raccolta di fondi e ha potuto offrire ai bambini ucraini un interprete.  Il caso ha voluto che la ragazza ucraina che si è presentata per il lavoro di mediatrice avesse un permesso di soggiorno scaduto in quanto aveva terminato i tre anni di università e, paradossalmente, mentre migliaia di suoi connazionali venivano accolti in Italia come profughi, lei rischiava di essere rispedita nel suo paese in guerra. L’Approdo se ne è valsa come interprete, non solo, ma è riuscita a farle prolungare il permesso proprio perché la conoscenza dell’italiano rendeva la sua presenza preziosa.

Un altro caso (ma se ne potrebbero elencare tantissimi) è quello di O., un egiziano di 23 anni, anche lui malato, arrivato con permesso sanitario. Ha trovato anche un lavoretto come fabbro, ma non impara molto perché è molto timido. Per sua fortuna è stata trovata una insegnante volontaria che conosce bene l’egiziano e che lo sta aiutando a sbloccarsi. È stato emozionante  vedere come O. si aprisse e sorridesse alla signora che parlava la sua lingua tanto che oggi per O. è diventata una nonna acquisita! Il ragazzo sta acquistando sicurezza e, con i pochi soldi, ha acquistato un monopattino con il quale si muove disinvolto per Roma.

La mia allieva è L., una ragazza filippina che frequenta il secondo liceo economico. Ė in Italia da due anni con i genitori che lavorano come domestici. È studiosissima e si è meritata una buona pagella, però è molto molto timida, non parla con i compagni né loro fanno il minimo tentativo per contattarla. La scuola è per lei una pesantissima sfida quotidiana. Non è facile riuscire a superare la barriera di incomprensione dietro la quale si è trincerata. Nei nostri ultimi incontri, però, ho notato un certo disgelo: mi comunica con gioia i buoni voti meritati con il nostro comune impegno e qualche volta mi sembra di riuscire a coinvolgerla non soltanto al fine di ottenere risultati scolastici, ma anche per autentico interesse per gli argomenti che affrontiamo.

 

Anna Marina Storoni Piazza

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