Koinonia Giugno 2023


In ricordo di Giuseppe Scianò

IN NOME DELLA “CONTROINFORMAZIONE”

 

Scrivo queste righe - nella confidenza di un giornale amico - per ricordare mio fratello Giuseppe (Pippo) Scianò, scomparso lo scorso agosto, ed il suo appassionato amore per la Sicilia.

Vi racconto brevemente alcuni particolari: la nostra famiglia è di origine siciliana, ma da molti anni abitiamo in Toscana. Ci siamo spostati seguendo il lavoro di nostro padre fino ad arrivare a Figline Valdarno, dove siamo rimasti circa otto anni prima di trasferirci, in modo definitivo, a Firenze.

A Figline si sono formati culturalmente e socialmente i miei fratelli Federico, Pippo e Maria Teresa. Pippo, appena presa la licenza liceale - nel 1956 - volle tornare a Palermo per fare le vacanze e per rivedere la nonna.

Dopo circa due mesi, invece di rientrare decise di restare a Palermo,… un po’ per spirito di avventura, un po’ per l’emozione di ritrovare le proprie “radici”.

Trovò inizialmente un impiego provvisorio, e si iscrisse all’ università.

Dopo qualche anno fu assunto alla Regione Siciliana dove, negli anni, laureatosi in Legge fece carriera nell’Assessorato Agricoltura e Foreste, cosa che gli permise di conoscere a fondo, e personalmente, l’intera Sicilia, le sue caratteristiche e le sue potenzialità.

Stabilitosi a Palermo, scoprì nei primi anni Sessanta l’ideale che lo avrebbe letteralmente “rapito” per tutta la vita: l’Indipendentismo.

Cominciò a frequentare i circoli politici ed i personaggi dell’Indipendentismo Siciliano, si iscrisse al Movimento Indipendentista, partecipò, tenne comizi e nel 1964 fu tra i fondatori di un nuovo partito politico: l’FNS (Fronte Nazionale Siciliano, Sicilia Indipendente), di cui dopo alcuni anni fu eletto Segretario Politico nazionale, carica che ricoprì - quasi ininterrottamente - per  oltre quaranta anni, cercando di costruire - o ricostituire - una “centralità” siciliana nell’area mediterranea, con scambi culturali ed incontri politici con Corsica, Sardegna, Catalogna, Libia… ovunque ci fosse un sentimento indipendentista che rivendicasse autonomia e diritto ad esistere.

Pippo ha preferito - potrei dire - vivere da solo la sua attività politica - impegnativa e forse poco gratificante - piuttosto che formarsi una famiglia.

Un aspetto interessante di Pippo che vorrei ricordare qui è la costanza con cui si è impegnato sul piano culturale per studiare, e poi divulgare e diffondere elementi di storia siciliana che rischiavano di andare perduti (indipendentemente dalla sua attività politica, che pure è stata importante per l’Indipendentismo Siciliano che, altrimenti, senza la sua figura colta e super partes si sarebbe forse dissolto nella crisi generale di partiti e di valori politici avvenuta negli anni ’80) .

Ha ricercato ed esaminato avvenimenti, personaggi e realtà che erano poco noti, o sconosciuti, o addirittura  “nascosti” da decenni (anzi, da oltre 150 anni) di cultura “ufficiale” e “risorgimentale” che - appunto - aveva confezionato, fin da prima dell’Unità d’Italia, una storiografia “di comodo” che escludeva qualsiasi notizia non conforme a quella dichiarata come giusta.  Venivano, cioè, narrati una Sicilia ed un Meridione ansiosi di unirsi - anzi di “essere annessi” - al Regno d’Italia, unica fonte di libertà e di progresso dell’epoca, che era coadiuvato in questa politica di “disinformazione ante litteram” dai decantati eroi (tutti senza macchia)  del Risorgimento.

Le conseguenze di questo stato di cose Pippo le aveva notate  da tempo, sia presso la gente comune (da decenni “espropriata”, per così dire, della propria storia “autentica”), sia nei libri scolastici, negli ambienti universitari ed anche in seno a tutti i partiti politici che - pur da posizioni diverse, ed in tutto l’arco costituzionale - erano stati sempre ostili all’idea che la Sicilia potesse aspirare all’ Indipendenza, ed erano ancora sordi alla sua vera storia.

Era meglio - per tutti - che essa restasse una sorta di “colonia interna” dell’Italia.

Ho già raccontato su Koinonia l’affermarsi ed il consolidarsi di questa “politica culturale” di tipo “unitario” e “coloniale” quando ho presentato uno dei libri di mio fratello: “L’esercito dimenticato”, e non vorrei annoiarvi ripetendomi.

Altro aspetto oggettivamente originale di Pippo è stata la continua attenzione ad inserire i “fatti” di cui parla in “contesti” nazionali o internazionali, spiegandone collegamenti, cause e conseguenze, facendoli così uscire dalla condizione di semplici descrizioni di “recuperi” storici o politici “locali” (come vediamo in gran parte degli autori del passato e contemporanei).

Pippo si è impegnato quindi in questa continua e attenta diffusione di verità storiche (che è stata una vera e propria lotta di contro-informazione) che, per fortuna, è stata alla fine - ma proprio alla fine - premiata.

Si tratta di ricerche e di stesure che lo hanno impegnato per quasi trent’anni, a cui ha potuto dedicarsi meglio da quando era in pensione, e che aveva finalmente concluso nel 2015-16.

Concludo brevemente. Le sue ricerche sulla storia siciliana andavano dalla fine del Settecento agli anni Sessanta del Novecento, con osservazioni sulla rivoluzione del 1848 di Ruggero Settimo, sull’azione politica e militare dell’Inghilterra, sull’esproprio dei beni ecclesiastici, sullo Statuto Speciale e sulla sua attuazione parziale, fino quasi ai nostri giorni. Era un lavoro molto corposo, di molte pagine, che nessun editore voleva pubblicare.

Per fortuna l’incontro con l’editore Vito Pitti di Palermo è stato risolutivo. Con sensibilità ed intelligenza l’editore gli consigliò di rinunciare ad alcuni argomenti, e suddividere il lavoro in alcune parti distinte, in modo che il contenuto fosse più accessibile ai lettori comuni, ed anche più commerciabile. Per fortuna mio fratello (benché piuttosto ostinato nella materia) accettò, sacrificando alcune parti dell’opera ed accorpandone altre, in modo da definire questi quattro titoli:

- “…e nel mese di maggio del 1860 la Sicilia diventò colonia” - uscito nel 2018 - che parla dello Sbarco-Invasione dei Mille e dei molti interventi e sotterfugi - mai  detti - dell’Inghilterra e del Regno di Sardegna (futuro Regno d’Italia).

 - “L’esercito dimenticato” - uscito nel 2021- che parla dei tradimenti dei generali borbonici (che comandavano un esercito numeroso, fedele e moderno), e della resistenza di questo esercito, sconfitto ma deciso a resistere, insieme alla popolazione della Sicilia e di tutto il Meridione, contro il nuovo Regno d’Italia, nonostante assedi, stragi, fucilazioni, incendi di cui nessuno ci ha parlato nei libri di scuola, e solo da pochi anni riesumati da alcuni - pochi - studiosi.

- “La rivolta del Sette e Mezzo” - uscito quest’anno, a febbraio e di cui riporto la copertina - che sembra quasi una cronaca televisiva - di strada in strada-  su un fatto drammatico e da pochi conosciuto: la rivoluzione di Palermo e di altre città siciliane nel 1866, che durò - appunto - sette giorni e mezzo. Per soffocarla il Regno d’Italia invio oltre 40.000 soldati e compì orribili stragi e soprusi.

Questi primi tre titoli costituiscono quasi una “trilogia” dell’Indipendentismo Siciliano dell’Ottocento e della nascita del Regno d’Italia.

Il prossimo volume - che dovrebbe uscire l’anno prossimo - sarà “La lotta armata per l’indipendenza della Sicilia (dal 1943 agli anni Sessanta)” e parla della rinascita di un indipendentismo moderno in occasione dello sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio del 1943 fino agli anni Sessanta; della nascita dell’EVIS (l’esercito volontario siciliano); degli scontri armati che avvennero contro l’esercito Italiano (proprio come era successo e si sarebbe tristemente ripetuto in Irlanda, con cannoni, rastrellamenti e rappresaglie). Viene spiegato anche come il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia sia stato il primo organismo politico organizzato che gli alleati incontrarono in Sicilia dopo venti anni di Fascismo; come nacque poi lo Statuto Speciale della Regione Siciliana; lo svolgersi dei delicati equilibri politici italiani e mondiali del dopoguerra e dei tentativi di infiltrazione della Mafia, facendo rivivere molti personaggi di quegli anni, parlandone ed inserendoli in contesti più ampi, internazionali. Tutti argomenti forse poco noti fuori dalla Sicilia, specialmente ora che sono scomparsi i protagonisti di molti eventi.

La sfida  a conoscere, comunque,  rimane e, come diceva Pippo, “Si deve affermare a gran voce il nostro diritto al recupero, per quanto possibile, della verità e della giustizia sui fatti realmente accaduti in quel periodo… che è anche una lotta culturale per comprendere meglio il presente e poter guardare con consapevolezza al futuro”.

 

Renato Scianò

maggio 2023

 

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