Koinonia Giugno 2023


Dal Discorso di Giovanni XXIII del 24 gennaio 1960

per l’inaugurazione del Sinodo romano

 

DAL CONCILIO DI GERUSALEMME AL VATICANO II

 

<…> Una delle istituzioni che molto contribuì lungo i secoli alla affermazione ed alla dilatazione della cristiana dottrina e della disciplina fu il convenire dei rappresentanti più alti dell’ordine ecclesiastico in pacifica e fraterna discussione, sotto la presidenza e la direzione o con la approvazione del Sommo Pastore nella successione del primo degli Apostoli, a cui il divino Fondatore affidò il governo della sua Chiesa: il convenire - diciamo - per l’esame e lo studio di alcuni punti più importanti concernenti la dottrina e la vita religiosa. Questi convegni si chiamarono Concili. Se ne ha una traccia prima nel libro degli Atti degli Apostoli (cap.15). È il cosiddetto Concilio di Gerusalemme, che risale all’anno 50 dopo Cristo.

Notate i personaggi che vi ebbero parte. Erano i più autorevoli ed i più insigni di quei primi anni di iniziazione apostolica e di conquista cristiana. Pietro il capo, lui in persona, la pietra fondamentale della Chiesa, e Giacomo il minore, il primo Vescovo di Gerusalemme; Paolo e Barnaba, che già tanto avevano lavorato nella organizzazione della prima Chiesa ad Antiochia, e che di là e delle altre giovani Chiese recavano la testimonianza del grande fervore di quegli inizi: narrantes conversionem gentium, e suscitando gaudium magnum omnibus fratribus (Atti 15,3).

Una grave questione aveva suggerito quel primo ritrovo con gli Apostoli e con gli anziani. Le porte della Chiesa erano aperte per tutti: ebrei e gentili. Per gli ebrei era ancora obbligatorio osservare la circoncisione, ed altre prescrizioni Mosaiche? Erano obbligati anche i gentili ad adattarsi alle stesse forme antiche nell’atto di divenire, di fatto e di nome, come ad Antiochia già cominciarono a chiamarsi, cioè cristiani?

Che incanto lo svolgersi di quella adunanza! Cum magna conquisitio fieret (Atti 15,7), scrive l’autore degli Atti, - la questione era grave - ecco Pietro levarsi su e dire in affermazione immediata del suo altissimo ministero: «Uomini - viri fratres - fratelli: voi sapete che Dio fin dai primi giorni tra noi dispose che i gentili udissero la parola del Vangelo dalla mia bocca e credessero. Dio, dunque, che conosce i cuori, si dichiarò per essi dando loro lo Spirito Santo come l’ha dato a noi. Né fra noi e loro ha fatto alcuna differenza, avendo purificato i loro cuori, mediante la Fede. Or dunque perchè mai tentate Dio a porre sul collo dei discepoli un giogo, che né i padri nostri, né noi abbiamo potuto portare? Noi crediamo, per la grazia del Signore Gesù Cristo, di salvarci nella stessa guisa che loro» [4]. E tacque, e fu silenzio della moltitudine intera, mentre Paolo e Barnaba continuavano a dire le meraviglie, miracoli e prodigi, che si erano moltiplicati per mezzo loro fra i gentili.

Dopo la pausa sorse Giacomo, il Vescovo di Gerusalemme. Rifacendosi alle parole di Pietro egli condusse l’uditorio alla conclusione, ormai bene intesa da tutti: nessuna molestia potersi o doversi fare a coloro che si convertono dal gentilesimo, né obbligazione di passare attraverso la circoncisione o la sinagoga: e che ci si accontentasse di alcuni riguardi rispettosi alla legge di Mosè rifuggenti però da ogni compromesso di carattere dottrinale per l’avvenire. Così venne risolto chiaramente e pacificamente un punto fondamentale di fede e di libertà.

Dopo il Concilio di Gerusalemme, la Chiesa doveva attraversare tre secoli di persecuzione e di sangue. Nel suo ricomporsi, dopo l’incontro di Milano, più vigorosa che mai, incominciarono ad affacciarsi dubbi e questioni ed errori di natura dottrinale e di disciplina: e con ciò opportunità di adunanze collettive sul tipo di quella prima di Gerusalemme: il successore di S. Pietro a presiedere e a moderare; gli anziani, con lui, a discutere e definire. La piccola Chiesa di Gerusalemme e di Antiochia si era dilatata secondo le proporzioni del mondo romano; la voce degli Apostoli aveva raggiunto i confini della terra. Difficoltà, incertezze, contrasti, soffio di false dottrine ed errate interpretazioni del testo antico e della tradizione secolare dell’insegnamento di Gesù consigliarono queste assise solenni del pensiero cristiano e cattolico nella ricerca di formulazioni dottrinali sicure, nell’avviamento ad espressioni di attività religiose secondo le esigenze e le circostanze spesso notevoli delle varie epoche succedentisi nel corso della storia della cristianità. Ed ecco dall’inizio del secolo IV, il secolo dei grandi Padri e Dottori, sino ad oltre la metà del secolo XIX, provato dai gravi errori filosofici ed antireligiosi moderni, distendersi la magnifica successione dei Concili Ecumenici, dal I Niceno del 325 al I Vaticano del 1869-1870, tutti intesi, in rappresentanza della cattolicità compatta ed organizzata, a difendere, con la stessa autorità di Gesù Cristo, l’integrità della fede e il vigore della disciplina, a risolvere questioni importanti di dottrina o di costume, ad arrestare o volgere in meglio situazioni gravissime di carattere religioso, e talora politico e sociale.

Di questi venti Concili, ben cinque furono celebrati sotto le antiche volte di questo Laterano glorioso, che così nobilmente ci accoglie; ben otto segnano punti luminosi della Chiesa d’Oriente: e fra questi, due Niceni, quattro Costantinopolitani, uno di Efeso e un altro di Calcedonia; e poi in Occidente due Lionesi, uno di Vienna, uno di Costanza, uno di Firenze e, il più copioso e ricco di benefici perduranti sino a noi, il Tridentino, cui seguì il Vaticano nel secolo scorso.

Venerabili Fratelli e diletti figli: queste sono riunioni solenni riferentisi alla Chiesa Cattolica sparsa nel mondo universo. Ricordare tutti insieme i Concili del passato fa palpitare il nostro cuore per la aspettazione ansiosa del grande e nuovo Concilio Ecumenico che sarà il XXI della storia, e che or fa un anno vi abbiamo annunziato nella festa liturgica della Conversione di S. Paolo.

 

Papa Giovanni XXIII

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