Koinonia Giugno 2023


UN DISCORSO DA RIPRENDERE

 

Perdonate, ma sono il primo ad essere convinto che a contare non sono i discorsi ma le situazioni da cui nascono e a cui devono riportare, anche quando il campo di azione e di sperimentazione è di fatto ridotto o inesistente.

 Ed allora è chiaro che non è questione di far tornare i propri conti o sostenere tesi, né di voler creare consenso attraverso le parole, ma semplicemente  - si fa per dire - è questione di maturare una coscienza comune e far emergere quel contesto esistenziale di vita, di pensiero e di comunicazione che spesso è solo convenzionale e fittizio, ma non mette in gioco la nostra verità: siamo come sospesi tra le presunte verità generali vuote e le proprie verità individuali cieche. Per cui non è facile trovare intese quando ci muoviamo su piani diversi. Più che le varie mosse, è questo piano che va chiarito!

La nostra purtroppo è una situazione culturale drogata alla quale abbiamo sempre cercato di sottrarci: se questa è “scienza del particulare” - che non si può dare - stando nel particolare noi abbiamo cercando sempre di dare rilievo al quadro  reale in cui muoversi, cercando di dichiararlo. È quel discorso di fondo che sembrava inutile ai più ma che è quanto rimane sotto le ceneri di fiammate entusiaste per questa o quella causa o battaglia da vincere.

L’idea di fondo che ha animato tutto il nostro cammino, rimanendo per lo più sullo sfondo, è quella che emerge in primo piano in questa fase della vita di Koinonia che ne è il frutto: è l’idea di una “Chiesa dei gentili” che si è presentata sul nostro orizzonte ai primi tempi della nostra esperienza di evangelizzazione senza rete, al di fuori di schemi e strutture pastorali garantiti. È quanto si può mettere a fuoco leggendo la prima parte di uno scritto del 1974 che cercava di fare il punto del cammino fatto e da fare.

Questo testo veniva allora introdotto dalle parole riportate qui sotto e che, salvo quale minima correzione, ritrovo come pienamente attuali e impegnative: la linea rimane quella di sempre, salvo restando che non basta l’interesse per i singoli temi o per particolari realizzazioni, se al tempo stesso non si entra  in sintonia e nella prospettiva di una fede implicita o esplicita, in cui avere e predicare la salvezza. Ma ecco le parole di 49 anni fa!

 

Querceto, 3 ottobre 1974

Nel tentativo di modellare sugli uomini un modo di essere chiesa, non siamo arrivati a realizzazioni vistose di carattere pratico. Siamo riusciti soltanto, per ora, a precisare meglio l’ipotesi o un progetto di chiesa come chiesa per i Gentili, dove Gentili è il termine classico per designare quelli che oggi si usa chiamare “i lontani” - coloro che rimangono fuori della chiesa unicamente perché la chiesa stessa, troppo “giudaizzante”, non sa contenerli.

In questa linea si tenderebbe ad una chiesa aperta a tutto e accessibile a tutti, in quanto essa si contenti di essere la funzione comunitaria del Vangelo nella vita e nella storia degli uomini.

Il discorso è strettamente ecclesiale, ma volutamente e per precisa scelta. Sembra infatti che la rivalutazione del ruolo del laicato abbia portato più ad una malintesa laicizzazione della chiesa (in giusta contrapposizione al clericalismo) che ad una vera e propria promozione ecclesiale dei laici. Inoltre sembra non sia sufficiente, ai fini di un radicale rinnovamento, raccogliere le varie provocazioni esterne alla chiesa, se questa non si muove e non si trasforma nel suo stesso modo di essere tra gli uomini.

 

ABS

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