Koinonia Maggio 2023


IN RISPOSTA AL MESSAGGIO AI GOVERNANTI

 

Gli storici futuri, quando parleranno del Concilio Ecumenico Vaticano, diranno che la Chiesa Cattolica, quando ha voluto porre in luce ciò ch’essa ha di più valido, e liberarsi da alcune strutture legate al tempo che passa, si è principalmente preoccupata di guardare fuori di sé e di rivolgersi al mondo con un sentimento di simpatia universale per gli uomini, senza tener conto delle credenze religiose e delle loro concezioni filosofiche, perfino quando non erano conformi alla propria fede.

Questo, mi sembra, è il significato profondo dei messaggi rivolti da Paolo VI durante la solenne cerimonia di chiusura, mentre sul sagrato della basilica petriana, dov’essa si svolgeva al cospetto. di tutti i Padri Conciliari, migliaia di persone si affollavano entro i bracci del colonnato del Bernini e in Via della Conciliazione, e si affacciavano dalle terrazze e dalle finestre dei palazzi circostanti.

Caratteristico, a tale riguardo, è il messaggio indirizzato ai governanti e consegnato a cinque diplomatici. Quattro di essi, è vero, appartengono al corpo accreditato presso la Santa Sede, ma in quel giorno attraverso di noi il Papa non si rivolgeva soltanto ai Paesi che mantengono regolari rapporti col Vaticano e neppure ai soli Stati ed Organizzazioni internazionali rappresentati alla cerimonia da ottantanove missioni straordinarie, ma a tutti i governanti dei mondo. La scelta dei diplomatici che avrebbero ricevuto il messaggio, ben esprimeva questa intenzione. Il Nuovo Mondo era presente con l’ambasciatore del Brasile, l’Asia con quello del Giappone, l’Africa con il ministro di Etiopia, ed io come ambasciatore del Belgio rappresentavo l’Europa, e, come decano del corpo diplomatico, l’insieme delle nazioni, anche quelle che non fanno parte dell’O.N.U., il più grande degli organismi internazionali, presente anch’esso nella persona del suo segretario generale aggiunto.

Il messaggio segna una data importante nella storia de mondo, e nella storia dei rapporti tra le Istituzioni religiose e quelle secolari. Un mese dopo, ricevendo il corpo diplomatico, Sua Santità Paolo VI illustrava magistralmente lo sviluppo dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato, dalle  “Due Città” di Sant’Agostino, e dalla teoria medievale delle due spade e dalla “Monarchia” di Dante, che, dopo lunghe vicissitudini si sarebbero composti, come il Papa ha poi ben detto, in  una maggiore presa di coscienza, da parte della “città temporale”, della sua autonomia nel confronti della “città spirituale”, e, reciprocamente, nell’affrancamento di quest’ultima dalla città temporale. Questa dottrina dell’indipendenza dei due poteri e della loro collaborazione è così intimamente legata all’evoluzione dell’umanità, che soltanto la costri-zione può ancora porle dei limiti in alcune regioni del mondo, ma come qualsiasi forma di costrizione a lunga scadenza, essa è fin d’ora condannata.

Quale spettacolo commovente il vedere una conclusione così solenne sul luogo medesimo dove Costantino, che pose le basi dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato, affondò pure le fondamenta della primitiva basilica di san Pietro! è in questa cornice che il Concilio ha proclamato la libertà di coscienza, e a buon diritto la Chiesa, nel messaggio rivolto ai governanti, rivendica per sé la libertà religiosa. Credo di interpretare il sentimento di tutti coloro ai quali il messaggio è stato diretto, esprimendo la nostra gratitudine a Sua Santità Paolo VI, dalle cui mani l’abbiamo ricevuto, e del quale reca l’impronta.

 

Prosper Poswick

Ambasciatore del Belgio presso la S.Sede

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