Koinonia Maggio 2023


GAILLOT, VESCOVO DEGLI ULTIMI

 

La morte per cancro del vescovo Jacques Gaillot, ormai ultraottuagenario, diventa per noi  l’occasione per porre domande alla Chiesa, a noi cattolici e a quanti ricercano cammini di veridicità e giustizia. Molti hanno dimenticato chi era Gaillot: un vescovo francese, alla guida della diocesi di Évreux dal 1982, che fu deposto in modo brutale da papa Giovanni Paolo II dall’esercizio episcopale per la sua differenza di posizioni cclesiali e morali rispetto al magistero intransigente che dominava in quegli anni nella Chiesa cattolica.

Proveniva da un cattolicesimo rigido, ma aveva vissuto una conversione incontrando i poveri, gli immigrati, i sans papiers, gli scarti della società. Prima che le periferie diventassero un tema evocato nell’evangelizzazione, le aveva elette a destinatarie del Vangelo. In questo sentire in grande la missione cristiana non poteva non porsi il problema delle coppie divorziate ma salde nella fede, di una pastorale cieca mancante di misericordia verso chi ha uno stesso orientamento sessuale e tenta vie di amore.

Voleva una Chiesa altrimenti, guardava all’umanità come una fraternità. Sì, il vescovo Gaillot si è seduto alla tavola dei peccatori senza sentirsi immune dalle fragilità umane, condivise con realismo e umiltà, e ha saputo prendere la parola in nome della giustizia. Voce solitaria, si è staccato dal coro dei vescovi che accettano gli armamenti nucleari e ha preso le difese di obiettori di coscienza. Ho conosciuto Gaillot perché amico dell’abbé Pierre, quando eravamo insieme in uno squat parigino, in mezzo ai rifiutati dalla società e dalla Chiesa.

Chiedeva trasparenza, e ai confratelli vescovi che gli dicevano: «Jacques, è troppo», rispondeva: «Ditemi dove sta il mio errore… cosa dico contro il Vangelo…». E così anche per lo scontro con l’ex ministro dell’Interno Charles Pasqua, e la sua restrittiva politica sull’immigrazione, Gaillot viene chiamato a Roma dove non incontra il Papa, ma il cardinal Gantin. Questi gli comunica che è deposto da vescovo e gli viene affidata la diocesi di Partenia, in Algeria, senza fedeli né territorio, una chiesa che non esiste più da quindici secoli. Gaillot diventa il vescovo di quelli di fuori - “vescovo dei pagani”, viene chiamato - e continua il suo ministero episcopale con una pastorale evangelizzatrice digitale raggiungendo le periferie più estreme. Senza rancore, senza odio, persevera nel ministero della parola liberatrice del Vangelo.

Poi ecco giungere papa Francesco: le richieste di Francesco erano in sintonia con quelle di Gaillot. Giudicato un ribelle allora, nei giorni di Francesco apparirebbe un “vescovo di strada” esemplare. Troppo presto ha osato parlare?

Nella Chiesa c’è una legge: si soffre per la Chiesa di oggi e si è beatificati dalla Chiesa di domani. Francesco, ricevendo Gaillot in Vaticano nel 2015, gli disse: «Noi siamo fratelli». E voleva dire non solo fratelli nell’episcopato, ma nella sofferenza.

 

Enzo Bianchi

in la Repubblica del 17 aprile 2023

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