Koinonia Aprile 2023


DA DOVE IL MALE, SE UN DIO C’È?

 

Da sempre si discute se il male sia una presenza reale o l’effetto di una libera scelta dell’uomo. La concezione dualistica materia/spirito, anima/corpo propria della filosofia greca e di quella neoplatonica individuava l’origine del peccato nella materia responsabile di tutti i vizi e desideri dell’uomo. Tale visione era invece estranea al mondo ebraico e a quello cristiano la cui tradizione attribuisce la causa del peccato alla disobbedienza a un comando divino che ha determinato una frattura che ci ha allontanati dalla voce di Dio per seguire la voce del serpente, cioè dell’ego. Entrambi affermano l’esistenza di Satana - una realtà che opera contro la creazione e l’umanità - ma ritengono anche che il male dipenda innanzitutto dalla libera scelta dell’uomo.

Se leggiamo con attenzione la Genesi vediamo che il male - simboleggiato dal serpente - esiste già prima della “disobbedienza” di Adamo ed Eva. Il serpente è quindi una presenza tentatrice e maligna che tenta e inganna l’umanità trascinandola verso un duro destino. Tra gli ebrei del I secolo, accanto a questa tradizione, seguita dal movimento dei farisei, c’era un’altra interpretazione dell’origine del male che circolava ancora al tempo di Gesù. Questa faceva riferimento al Libro di Enoch (IV sec. a.C. - I sec. d.C.), un testo considerato apocrifo, dove si ritiene che il male provenga non da una disobbedienza dei nostri progenitori, ma da un conflitto cosmico di angeli ribelli che ha distrutto la creazione definita “buona” da Dio. Secondo il Libro dei Vigilanti di Enoch l’uomo è vittima di Satana che ha in suo potere il regno della terra e da solo non è in grado di salvarsi dal peccato: solo un Messia celeste potrà salvarlo. Il Satana ebraico è quindi un’entità sia cosmica che individuale, un’influenza malvagia che lavora contro l’uomo e la creazione. A questa interpretazione enochica faceva riferimento la tradizione apocalittica alla quale gli studiosi oggi pensano che il movimento gesuano si richiamasse. D’altra parte nello stesso cristianesimo sono sempre circolati “frammenti”, ricordi, che si rifanno alla tradizione enochica: basta pensare alla figura di Lucifero capo degli angeli ribelli, scagliato sulla terra dove tenta e far peccare l’uomo. Il riferimento al libro di Enoch lo ritroviamo anche in Genesi ma soltanto in un brevissimo e oscuro accenno (Gn. 6,1-4). Secondo Genesi l’ingresso del peccato e quindi della morte nel mondo è dovuto al peccato originale, ad una frattura dell’amicizia tra Dio e l’uomo. Questo dogma, non previsto dalla tradizione ebraica secondo la quale la caduta riguarda il singolo e non tutto il genere umano, fu elaborato nei primi secoli dalla teologia cristiana.

Oggi diversi teologi - fra questi Vito Mancuso - negano l’esistenza del peccato originale così inteso, affermando che, intrinseco alla creazione, esiste un processo di trasformazione, un dinamismo esistenziale che spinge l’uomo dai livelli più bassi verso l’evoluzione dello spirito e quindi verso il bene. La visione del male come castigo divino presente nelle Sacre Scritture è ritenuta impregnata di mito e derivante da una lettura letterale del testo.

Antonella Lumini, eremita cittadina, scrive a questo proposito: “Occorre guardare al peccato originale in una prospettiva dinamica, funzionale alla crescita e all’evoluzione spirituale, e insieme liberarsi da una visione statica che assolutizza la condizione di caduta, facendo prevalere una sterile e mortificante dogmatica punitiva. All’essere umano non è richiesto di rimanere nello stato di innocenza originaria, bensì di andare verso un compimento che richiede consapevolezza e coscienza. Gesù è coscienza. Il peccato va guardato da questo punto di vista. Cadute, errori, distorsioni, lontananza, tenebre sono costitutive di un processo di crescita che, per andare verso la pienezza, ha la necessità anche di passare da fratture e dolore” (A. Lumini, Spirito Santo – Divina maternità amore in atto).

Per alcuni teologi la Storia della Salvezza - creazione, caduta, castigo, redenzione, gloria - ha bisogno di una nuova rilettura, di un nuovo paradigma che superi il vecchio immaginario collettivo impregnato di mito.  Oggi, dopo le scoperte della teoria della relatività e della fisica quantistica, si parla di “nuova cosmologia”, cioè di una nuova interpretazione della nascita dell’universo e dell’uomo. Deriva da qui il nuovo paradigma della Storia della Salvezza che diviene: creazione, crescita spirituale, culmine in Cristo, gloria. Il peccato originale viene quindi considerato un errore, grave sì, ma integrato nella dinamica di crescita dell’umanità verso la santità: è una vicissitudine pesante ma inevitabile, data la debolezza dell’uomo ai suoi inizi, una vicissitudine che però lascia l’uomo in grado di fare uso della sua libertà (è questa la tesi che il teologo Andres Torre Queiruga porta avanti nel libro Io credo in un Dio fatto così).

In questa interpretazione, se il creato e l’uomo sono in continua evoluzione, significa che ci sono diversi gradi, diversi livelli di crescita materiale e spirituale e la radice ultima del male sta proprio nella finitezza del mondo e nel grado di consapevolezza cui ogni uomo è giunto. È con lo sviluppo della consapevolezza, della coscienza che l’evoluzione dello spirito procede nel tempo.

Anche in questa nuova visione Dio, il Padre, opera nella storia per il bene dei suoi figli e la sua azione è continua, totale, senza riserve. Pur rispettando la nostra libertà, cerca di sostenerci contro il male e ci invita a collaborare con Lui “prestandogli le nostre mani per alleviare sofferenza e dolore” che sono ineludibili finché l’uomo non avrà raggiunto quel grado di pienezza tale da ricongiungerlo a quell’Uno da cui tutto proviene.

 

Daniela Nucci

.