Koinonia Marzo 2023


SEMI DI REDENZIONE

     

Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto” (Gv 19,37) è uno dei versetti del vangelo di Giovanni più cari, meditati e predicati dal sacerdote romano san Gaspare del Bufalo. E, in maniera del tutto peculiare, il sunto del suo guardare “Colui che abbiamo trafitto“ può essere sintetizzato con una frase tratta da una sua lettera: “Uno sguardo al libro del Crocifisso, e questo basta” (Lettere,1863).

Non è da sottovalutare che s. Gaspare, insieme ad altri sacerdoti romani, ha contribuito a diffondere la pratica della Coroncina del Preziosissimo Sangue, preghiera dedicata alla meditazione dei sette momenti in cui Gesù ha offerto il suo Sangue per l’umanità.

Questa composizione poetica è un accompagnare ed un accompagnarsi a Gesù dal momento della sua Circoncisione fino alla Lanciata al cuore. Ispirata, appunto, dal versetto giovanneo; indirizzata, però, dallo stile dello sguardo spirituale di s. Gaspare.

Nel contesto dei contenuti esposti dalle due coordinate, che compongono il periodo, emerge che, se da una parte la e accenna, spinge verso una coordinazione, dall’altra la virgola chiede una qualche sospensione. Come se si trattasse di un’attesa, di una pausa. Di un riprendere il respiro per…. Quasi per significare una uguale dignità, prima nell’una poi nell’altra, nell’intimo della propria casa. E che, se relazionate adeguatamente, si avrà un doppio vantaggio: ognuna di esse rivelerà un contenuto particolare ma non autonomo: dal loro dialogo prende l’avvio un itinerario che condurrà necessariamente alle porte del Mistero. Infatti, quale sarebbe il valore della vita degli esseri se fin dal suo inizio non fosse innervata nella vita di Dio fatto uomo? Che senso avrebbe il sacrificio di un dio che muore per gioco e non per una scommessa d’Amore? Ed, invece …

Il patto d’amore tra il Divino e l’umano viene siglato nella Croce. Ma è stato un andare. Un camminare. A pensarci bene, a partire dai primi giorni dalla nascita. Fino a lasciarsi prendere dalla voglia di uscire da sé, da dove si vive (Dio in cielo, l’umanità in terra), per lasciarsi inchiodare alla confluenza della destra verso la sinistra e viceversa, dall’alto verso il basso e viceversa. Ma lì c’è un cuore, trafitto da una lanciata.

In questo contesto mi viene in mente l’esperienza vissuta in itinere dai due discepoli da tutti identificati come i discepoli di Emmaus. Per me, però, non è da dire ‘discepoli di Emmaus’, ma ‘discepoli da Emmaus’. Perché Emmaus è una direzione dalla quale partire. Un viaggio, un luogo, uno stato interiore non circoscritto, nel quale essere raggiunti da… da Lui, per trasferirsi dalla Giudea alla Galilea, da noi verso… l’Alterità. Dunque, è un itinere: si è in viaggio. Come lo è la vita. L’amore. Ogni incontro: un avvicinarsi a Qualcuno che ci accompagna nei giorni, ma che, pian piano, scopriamo che ci ha accolto, meglio raccolto, inizialmente dalla nascita e non compiutamente dal nostro tramonto, perché l’Eternità è un procedere, ancora ed ancora, nell’infinità dell’Amore di Dio.

Per me, ognuno è un discepolo in tensione verso Emmaus e a partire da Emmaus. È come se ognuno di noi avesse avuto il dono di ricevere una dedica speciale e tutta personale da parte di Dio: arriva ad Emmaus per ripartire da Emmaus. Dedica semplice e chiara, ma nei riguardi della quale a noi manca sempre un qualcosa per comprenderla ed attuarla completamente. Quando ci sembra di essere giunti a Emmaus, scopriamo che non è la vera Emmaus. Perchè non ci siamo spezzati e, se lo abbiamo fatto, non ci siamo frammentati come Lui. Essere santi, in fondo, non è altro che essere spezzati e lasciarsi spezzare dalle mani di Dio. Impastati ed impastati, come un ‘lievito madre’, nell’attesa del banchetto del Regno dei cieli.

E Dio è sempre, sempre e sempre, una sorpresa. Non si sa mai dove, quando e come si manifesterà. Come a Paolo: un viaggiatore dello spirito? Come a Mosè: un viaggiatore dello spirito anche lui? Come ad Abramo: un viaggiatore nel deserto? Come ad altri e ad altri ancora? Come a santa Elisabetta, cugina della Madonna? Anche se è Maria a recarsi da lei, Elisabetta è colei che corre incontro, affettivamente si potrebbe dire ‘quasi addosso’, alla madre del suo Signore. Oppure come si sta comportando anche con noi, perché ci rendiamo conto che Egli…

In fondo, se ad ognuno è concesso di raggiungere un villaggio imprecisato, nel quale si configura il proprio Emmaus, qual è il villaggio che ci può dare maggiore certezza di incontrarLo se non le piaghe di nostro Signore? “Leggere Gesù che ha superato la morte e ha riportato la vittoria su tutte le oscurità, su tutte le assurdità, su tutte le bestialità dell’agire umano. Preghiamo per ottenere questa grazia; vedremo poi le conseguenze sul nostro modo di agire  e di operare derivanti da questo fatto, che resta il punto di partenza di ogni riflessione ulteriore” (C. M. Martini, Maria Maddalena, Terra Santa, 2018, p. 97).

Mettiamoci in cammino. Siamo stati preceduti da santi il cui esempio è indubitabile. E non dimentichiamo che siamo accompagnati da amici di cui ci possiamo fidare di cuore. San Gaspare del Bufalo ne è un esempio. Percorsi, tempo, età, provenienze diverse. Ma obiettivo comune. Punto focale comune. Si tratta di sperimentare una mistica di avvicinamento: avvicinarci con gli altri e con l’esempio di santi, che consideriamo nostri amici (e che santi! direbbe qualcuno), all’Altro, che è la Santità medesima. Al Risorto. A Colui che “non è qui”, perché è Colui che “non è lì” in quanto non ha un posto riservato. E che non possiamo fare prigioniero, gestire, renderlo nostro automa. Sarà mai possibile rinchiudere in una gabbia Colui che ha vinto la morte?

La mia, la nostra, è una ricerca basata sull’umiltà perchè, se superbi, non saremo mai pronti per scoprirci altro da noi stessi. Del resto, lo stesso san Gaspare scrive altrove: “Chi è umile … ama la vita nascosta nelle piaghe adorabili di Gesù Cristo” (Scritti spirituali, III, 355). S. Paolo nei Colossesi sottolinea: “Piacque a Dio di far abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte le cose, riappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (1,19-20).

 E, non per finire, ma per iniziare, un augurio: buon viaggio…,  perché Dio non è Amore. Ma Dio è AMARE. Soprattutto in un momento così vicino alla Pasqua che ci attende.

Buona meditazione e buon viaggio!

 

 Pierino Montini

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