Koinonia Marzo 2023


Sintonie per caso

CHIESA: LE “LINEE ROSSE” DELLA COMUNIONE

 

L’unità della Chiesa è una faccenda troppo importante perché si possa lasciar pensare che copre, accetta e benedice tutto e il suo contrario. Se la divisione contraddice il messaggio evangelico, ciò che si deve considerare non è la divisione, ma ciò che la produce e che sembra non poter essere oggetto di accordi, concessioni o rinunce.

 

Unità, a che prezzo?

L’unità auspicata non è un dato, ma un cammino e per intraprenderlo ci sono condizioni sulle quali occorre essere chiari e non transigere. La comunione non può esistere a scapito della figura di Cristo e del suo messaggio liberatore, non può esistere in un rimaneggiamento ideologico del messaggio allo scopo di conservare un ordine del mondo religioso, sociale e politico per fortuna superato, un mondo di dominanti e dominati, di obblighi di esclusioni, di abusi e di influenze. Ci sono delle “linee rosse” al di là delle quali la Chiesa non può avventurarsi, quand’anche la crisi che la scuote e i colpi che sta subendo la spingerebbero a trovare conforto negli ambienti più conservatori ma fondamentalmente più ostili al messaggio.

Non è possibile costruire l’unità dando credito ad una ermeneutica del concilio che appare in realtà un’azione di decostruzione e che afferma senza batter ciglio che il Vaticano II non ha detto niente di innovativo, niente di nuovo rispetto a ciò che è sempre stato detto. Sarebbe un insulto al Concilio e ai Padri conciliari ammettere come discorso cattolico accettabile dire che il Concilio è stato nichilista, distruttore, o anche che ciò che è stato recepito è stato solo un “concilio dei media” e non un’azione di Chiesa. Sarebbe ingenuo credere che la comunione sia possibile con coloro che, pur giurando fedeltà al Concilio, vogliono farne un Concilio come gli altri, e si danno da fare perché il Concilio sia messo in riga.

L’istituzione romana e le Chiese locali, e particolarmente la nostra (francese), sbagliano quando si mostrano indecise nello scegliere di dare tutto lo spazio che merita a questo concilio nella storia della Chiesa, a dare tutta la sua importanza ad un concilio che, per le sue scelte coraggiose, rappresenta una rottura rispetto ai concili precedenti e al clima nel quale la Chiesa si muoveva fino a quel momento. Questo atteggiamento, questo posizionamento suscita perplessità, incomprensione, smarrimento, diserzioni.

La pusillanimità, l’ondeggiamento, i rinvii, il doppio-gioco non costruiscono unità e non daranno un futuro alla Chiesa. Il più o meno autorizzato “lasciar fare” al dispiegamento di pratiche retrograde, i commenti compiaciuti su una possibile “interpretazione sbagliata” del Concilio o sul suo “sinistrismo” sembrano concessioni ai più conservatori e dei “parafuoco” per cercare di non irritare nessuno, e insomma soprattutto una mancanza di coraggio ad interrogarsi sulle nozioni di tradizione, di dottrina e di storicità degli insegnamenti.

Dire che i problemi attuali della Chiesa deriverebbero da una cattiva ricezione, sia formale che pratica, del concilio, negare il significato storico del Vaticano II, e non voler vedere il suo insegnamento se non iscritto nelle linea della tradizione come corpus di enunciati, di pratiche e di abitudini, di riti e di usi, significa rifiutare di vedere ciò che il Concilio ha inaugurato.

Significa rifiutare il Concilio come evento inedito che ha anticipato una nuova figura della Chiesa e del cristianesimo. In definitiva, significa voltare le spalle ad un Concilio che è riferimento, movimento, bussola per inventare una Chiesa riformata, nuova e capace di esprimere nei confronti di tutti una benedizione efficace e performativa.

Le ingiunzioni del Concilio di Trento che volevano che la ricezione del concilio, la sua interpretazione fosse riservata all’autorità suprema e ai suoi “mediatori” clericali e obbligatori, fanno parte del passato. La confisca da parte delle autorità timorose o conservatrici della ricezione del Concilio è una confisca della Chiesa. Ricevere il Concilio come evento e movimento, è amare una Chiesa a servizio della speranza, è costruire la Chiesa di oggi.

Intraprendere la strada di un “disossamento”, per quanto “soft” e silenzioso, del Concilio Vaticano II significa in definitiva rifiutare una Chiesa sancta simul et semper purificanda, chiamata da Cristo ad una riforma permanente di cui essa ha perpetuamente bisogno in quanto istituzione umana e terrestre. Il Vaticano II non è un concilio come gli altri, è un concilio nuovo che non è caratterizzato da definizioni cristologiche, che non è influenzato dalla controversia antiprotestante o dal ristabilimento della disciplina ecclesiastica.

 

È un concilio che ha fatto una scelta a favore della forma pastorale della dottrina, un concilio che, in altre parole, ha scelto di promuovere:

- una dottrina che riguarda l’essere umano completo e la sua umanizzazione,

- una dottrina inscritta nel momento presente della storia,

- una dottrina trasmessa per la felicità dell’essere umano nella situazione presente della storia.

Il che, di fatto, rappresenta una rottura rispetto ai concili precedenti e al clima nel quale evolveva il cattolicesimo nel momento in cui il concilio si è svolto.  Con Giovanni XXIII e con il Concilio, la Chiesa avvia la trasformazione del dogmatismo, si interessa dei destinatari e del contesto storico e culturale nel quale essi si muovono.

Ascolto del Vangelo e della tradizione per reinterpretarli e trasmissione del Vangelo in un nuovo contesto: ecco il progetto, la dinamica di un Concilio differente, inedito, di un Concilio avvenimento, di un Concilio che non deve solo essere ricevuto, ma riceve esso stesso i fermenti che agiscono nell’insieme della società.

Il Vaticano II è il concilio che, assimilando i progressi teologici (movimento liturgico ed ecumenico, ritorno alle sorgenti bibliche e patristiche, rinnovamento dell’ecclesiologia, teologia del laicato), l’ha fatta passare:

- dal comando all’invito,

- dalla legge all’ideale,

- dalla minaccia alla persuasione

- dalla costrizione alla coscienza,

- dal monologo al dialogo,

- dal comando al servizio,

- dall’esclusione all’inclusione,

- dall’ostilità all’amicizia,

- dal sospetto alla fiducia,

- dalla rivalità al partenariato,

- dalla ricerca della colpa all’apprezzamento,

- dal cambiamento di comportamento all’appropriazione interiore. (John O’Malley)

Facciamo di tutto perché il Concilio Vaticano II sia ricevuto come futuro e facciamo di questa scelta una linea rossa della ricerca della comunione. L’agitazione che è seguita alla morte di Benedetto XVI e le azioni che preparano una successione di Francesco e che, fingendone una valutazione vogliono farla finita con il Concilio Vaticano II e la sinodalità che ne è figlia, non devono portarci a compromessi o silenzi che agiscono contro la Chiesa e il suo futuro nella cultura di oggi.

 

Patrice Dunois-Canette

in “https://saintmerry-hors-les-murs.com” del 7 febbraio 2023

(traduzione: www.finesettimana.org

.