Koinonia Dicembre 2022


Fabio Masi testimonial di “Conversione pastorale”

e “comunità sinodale” ante-litteram

 

In una piccola parrocchia di campagna

 

Nel 1982 il Cardinale Giovanni Benelli (vescovo di Firenze 1977-1982), con l’intento di liberare la parrocchia del Vingone, ormai molto cresciuta (circa 5000 abitanti), da un parroco scomodo e far posto a un sacerdote che costruisse una chiesa, lo spostò alla parrocchia di S. Stefano a Paterno (circa 1300 abitanti), nella campagna di Bagno a Ripoli. Aveva il sapore di una punizione, con uno sradicamento dal proprio ambiente, in un luogo periferico, ma Fabio Masi obbedì seguendo il principio: «obbedienza assoluta quando ti mandano in un posto o in un altro, fedeltà alla propria coscienza nello svolgere il proprio servizio». Il suo punto di riferimento, la sua forza rimaneva la fedeltà in Dio; il rapporto con Gesù Cristo io credo sia la forza più grossa: sapere che di fronte a lui io non posso bluffare, che lui mi conosce, mi legge dentro e mi vuol bene così come sono.

Arrivato a Bagno a Ripoli il 1 agosto del 1982 trovò una realtà diversa, una piccola parrocchia di campagna, senza un’organizzazione precedente (“non c’erano strutture preesistenti”), dove poté inserirsi alla svelta, aiutato anche da molti del Vingone che continuarono a sostenerlo, e dove poté ritrovare tranquillità e armonia personale, iniziando un nuovo percorso. La parrocchia aveva un rilievo marginale, lontana dai centri abitati dove si trovavano le chiese e le comunità principali, nel territorio di Bagno a Ripoli, a Quarto, all’Antella e a Grassina, e all’inizio l’inserimento fu difficile.

Qui molti erano di estrazione contadina; contadini no, ce ne erano pochi! Ma molti lo erano stati, quindi con la caratteristica mentalità del contadino: gente accogliente (alcuni questa l’hanno definita una zona «materna»), gente buona, intelligente, anche se alcuni erano legati fortemente a certe tradizioni quindi non tanto disposti a cambiare e anche un po’ sospettosi davanti ai cambiamenti. All’inizio, quando proponevo qualcosa di nuovo, si chiudevano a riccio; questo però per fortuna si è risolto presto, dopo un paio d’anni ci siamo intesi di più (da una intervista a Fabio Masi).

Grazie ai fedeli del Vingone, che lo aiutarono (lo “traghettarono”), e a un primo gruppo di giovani di Paterno, che lo affiancarono, in poco tempo si creò una comunità piena di attività.

Quali cose mi vengono in mente quando penso agli anni di Paterno? Anzitutto l’accoglienza immediata che ho avuto dalla gente; la capacità di non farmi pesare questo “divorzio imposto fra me e Vingone, di rendermi facile il trasferimento, al punto che poi sono stato grato a Dio e al Vescovo di averlo provocato, perché non ho perso nulla di quello che avevo, ho acquistato molte altre cose. Poi penso al primo gruppo di giovani con i quali per anni ci siamo incontrati tutte le settimane, diversi di loro ormai sono sposati con figli e sono qui stasera. Insieme all’accoglienza della Comunità di Paterno, che da qualcuno è stata definita “materna”, come anch’io ho sperimentato personalmente, è stato fondamentale per me il gruppo che mi ha, per così dire, “traghettato” da Vingone a Paterno, forse loro non se ne rendono nemmeno conto! Oramai questo gruppo è perfettamente integrato con i residenti nel territorio, praticamente sono una comunità unica (Omelia del 29/06/2005).

Masi riuscì a far diventare la Parrocchia di Paterno qualcosa di nuovo: un polo di aggregazione per credenti e non credenti, un luogo accogliente anche per chi era emarginato o in conflitto con le istituzioni, provenienti non solo dal territorio ma anche da varie parti di Firenze.

Col passare del tempo, per il nostro modo di porsi nella Chiesa, è capitato che si sono avvicinate alla nostra Parrocchia, all’Eucarestia della Domenica e in altri momenti della vita comune, persone di altre parti di Firenze e di esperienze molto diverse fra loro: cristiani in ricerca di una Chiesa che aiuti a vivere una fede adulta e responsabile, ma anche atei e agnostici che si interrogano, persone che hanno nostalgia della fede, cristiani senza chiesa, cristiani in disaccordo con la Chiesa istituzionale, cristiani marginali, secondo gli attuali criteri disciplinari come per esempio i divorziati risposati etc. Questo talvolta ha creato tensioni con il nostro Vescovo, ma che queste persone si siano rivolte alla nostra comunità, è stato e continua ad essere per noi un grande onore e una grande ricchezza (Intervento al Convegno di Marsiglia,16-17/1/2009).

Si creò una comunità caratterizzata non dalla territorialità ma dalla scelta, dalla condivisione di valori comuni. 

Eccolo quindi il primo cambiamento importante: fin dai primi anni che ero qui, cominciarono a frequentare Paterno molte persone che non abitavano nella zona, così ora la comunità non è più rigidamente territoriale, non è fatta solo da quelli che abitano nel territorio. Oggi la gente può scegliere la Comunità parrocchiale di cui far parte, con le macchine ci si muove con molta facilità. E questo secondo me è bello, è più ricco sennò si rischia di diventare un ghetto (Intervista).

Dopo diversi anni la percentuale dei residenti che frequentavano la parrocchia si ridusse a vantaggio dei non residenti, come dimostrò un’inchiesta svolta nel 2006.

Mentre nel 1988 c’era preponderanza degli abitanti nella parrocchia nei confronti degli altri (68% contro il 32%), adesso la situazione si è ribaltata. Il ‘ribaltone’ è avvenuto tra il 2001 e il 2006, perché nel 2001 c’erano ancora più persone del territorio che altre. Adesso risaltano più le persone che vengono da lontano rispetto a quelle vicine (72% esterni contro il 28 % di residenti) (Documento del 2006).

Da subito Masi iniziò ad organizzare la comunità secondo un modello di comunità aperta, in ricerca, proponendo un’evangelizzazione incentrata sulla figura di Gesù e immersa nelle problematiche del mondo, dando ampio spazio ai laici, gestendo in modo condiviso e democratico (“fraterno-partecipativo”) l’organizzazione parrocchiale, dando spazio alla solidarietà con i più bisognosi.

Le parrocchie prima non erano “comunità”: c’era il prete che era un po’ il responsabile di tutto e nel migliore dei casi un babbo, un fratello o un amico, il che non è poco! (...) Il prete era un po’ il factotum, decideva tutto lui, che tu fossi d’accordo o no. Per me la scommessa è stata fare in modo che la parrocchia si trasformasse in “comunità”, che il prete diminuisse e crescesse invece la comunità. Poi un’altra cosa importante, che è la caratteristica del tempo in cui ho fatto il parroco io: ho cercato di mettere al centro della parrocchia “Gesù Cristo, il suo Vangelo e il suo amore per gli uomini a partire dai più disperati” basta! il resto via tutto (Intervista).

Oltre al riferimento alla persona di Gesù, Masi stabilì come punti di riferimento costanti per la comunità di Paterno l’Evangelo e il Concilio Vaticano II, e come momento essenziale della vita della Comunità la Celebrazione Eucaristica nei giorni festivi. Inoltre cercò di far vivere a tutti l’esperienza di una Chiesa “Popolo di Dio” in cammino.

Mio punto di riferimento costante sono stati l’Evangelo e il Concilio Vaticano II dai quali ho tratto queste due linee fondamentali: a) la Chiesa non è un’associazione filantropica ma ha alle spalle un evento che fonda la sua speranza. Noi siamo qui perché, anni fa, Qualcuno è morto crocifisso per amore nostro, (fu chiamato Figlio dell’Uomo o Figlio di Dio o addirittura Dio fatto carne). Noi crediamo che il Padre si è riconosciuto in questo innocente ucciso come malfattore, lo ha risuscitato dai morti e lo ha costituito giudice della storia. È questo, sfrondato da moralismi e spiritualismi il nucleo della nostra fede, della nostra speranza e la forza generatrice dell’agape; ho ritenuto che fosse questo il centro della predicazione, del catechismo ai ragazzi e agli adulti e della preghiera comune. b) La Chiesa in genere è vista come luogo che offre servizi religiosi: Battesimi, Cresime, Prime Comunioni, Matrimoni, funerali, Messe domenicali etc. Il Concilio Vaticano II invece ci spinge a diventare un popolo che cammina, lotta e spera nel Regno di Dia che sta venendo. Così uno degli obiettivi principali che mi sono proposto fin dall’inizio, è stato il passaggio, tutt’ora lento e faticoso, da uno stile gerarchico che dà direttive, ad uno stile fraterno-partecipativo. (...) Il messaggio che Gesù di Nazareth ha dato, in parole ed opere, si chiama Evangelo, che vuol dire “lieta notizia”. Noi crediamo non soltanto che Dio esiste ma che ama gli uomini e vuole che le sue creature vivano nella pienezza, a cominciate da ora, in questo mondo. (...) La nostra Comunità è parte della Chiesa fiorentina che è parte della Chiesa universale. Cattolico significa proprio “universale”.  Io, vostro presbitero, sono stato mandato qui dal Vescovo della Chiesa che è in Firenze, in cammino con tutte le altre Chiese cattoliche sparse per il mondo, di cui il Vescovo di Roma è servitore e segno di unità; in cammino anche con tutte le Chiese cristiane non cattoliche e con tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti.(...) Un momento essenziale della nostra vita comune è certamente la Celebrazione eucaristica nei giorni festivi. (Promemoria per il Consiglio pastorale, 29 maggio 1993).

 

Maurizio Bassetti

In Fabio Masi, un sacerdote  fedele ma libero

nella Chiesa cattolica contemporanea

Pacini Editore, 2022, pp.200, € 19,50

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