Koinonia Novembre 2022


Dio vicino e Dio lontano[1]

 

[La situazione si presenta], però, di volta in volta in modo diverso secondo che si tratti dell’essere umano come essere naturale sensibile e passivo, incompreso da se stesso che si trova in condizione di schiavitù, oppure che si tratti dell’essere umano destato che è consapevole della sua vocazione e della sua capacità di essere libero.

Fenomenologia dell’apparente soddisfacimento e dell’apparente non soddisfacimento e della “vera” insoddisfazione della vita sensibile naturale.

Fenomenologia dell’essere umano destato e della vita che ha come scopo la libertà e della vita che ha come scopo Dio. Essere guidato per mezzo di Dio, spingere verso Dio. Sono condotto da Dio e allora mi sento salvato nella figliolanza di Dio, quando, compiendo atti di libertà, so di essere sulla buona strada o quando cammino su tale tratto di strada e “riposo” nel rilassamento delle forze operose, ma davanti a me c’è un orizzonte aperto e proseguo la strada e ho coscienza: ora riposo, ora dormo, ma dopo che ho goduto del necessario riposo, proseguirò. Questo “proseguirò” non è una semplice decisione e non è un semplice “io posso” o “io sono disposto”. Io sono ancora in movimento, sebbene mi riposi. Così come io nel cammino verso l’alto mi fermo un momento e, tuttavia, non ho interrotto il cammino. Vivo in questa passività con la consapevolezza di star facendo il bene, di star facendo un cammino che porta più in alto. Nel caso contrario, [si dà] l’allentamento della forza con la sparizione dell’orizzonte: l’“io non so andare avanti” o “io non posso andare avanti”. La debolezza nello sprofondarsi della fiducia in sé. Il diventare non chiaro degli scopi – gli scopi che fungono da mediatori. Lo scopo più alto si allontana, perché non so come posso giungere ad esso, non lo so in concreto, o perché i mezzi che ho scelto si sono mostrati insoddisfacenti, o perché le mie forze non sono bastate, poiché le intenzioni spontanee non si sono realizzate in liberi riempimenti e non mi hanno portato vicino agli scopi che mediano. Da ciò [deriva] il sentimento dell’indegnità. Valutazione negativa delle proprie capacità, del proprio potere. La concentrazione, la tensione delle forze, o di quella dell’intensificazione del proprio centro. Non ho amato lo scopo movendo dalla più profonda interiorità e non mi sono dedicato ad esso e per questo non c’è stato un proseguimento. Ma io ho visto ciò solo in seguito. Nella disposizione più felice l’amore è involontariamente presente, va da sé che io sono rivolto al bene nell’amore interiore e mi dedico ad esso. Va da sé che sono unito a Dio perché cammino sulla strada di Dio. Questa è la grazia di Dio. Allora, dopo il fallimento dico: “Non ho vissuto nella grazia di Dio, sono stato lontano da Dio, ero aperto verso ciò che è contro Dio e rivolto solo superficialmente a Dio. Dio è diventato per me un’intenzione non chiara e vuota, egli non è un orizzonte di libertà differenziata, non sono nel libero sviluppo verso di lui, alcune cose mi hanno tirato giù benché oscure e hanno agito come una forza ostacolante”. Nella libertà e nel libero sviluppo questa negatività è diventata senza effetto. La spinta verso il basso non ostacola e non paralizza. L’amore è strapotente e il negativo non vale alcunché ed è nulla di rilevante, nulla di considerevole di fronte al positivo.

 

Edmund Husserl

 



[1] E. Husserl, Grenzprobleme der Phänomenologie, cit., Beilage XXI, pp. 235-236. Probabilmente intorno al 1920.

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