Koinonia Luglio 2022
La voce di Frei Betto
IL METODO DELLA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE
In quanto razionalità della fede, tutta la teologia è tributaria del contesto socioculturale in cui si articola. Non esiste, nemmeno nel Nuovo Testamento, una teologia “neutra” che trascenda le categorie e gli elementi ideologici propri della parola umana - anche quando questa parola traduce la Parola di Dio. Basta ricordare le quattro versioni dell’esistenza storica di Gesù: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Sono quattro diversi approcci teologici, articolati a partire da diverse situazioni e destinatari distinti. Allo stesso modo, oggi l’universo cristiano conta tante teologie quante sono le pratiche organizzate delle Chiese.
In America Latina, le Chiese che conservano il patto neocoloniale, ideologicamente articolato con il progetto delle classi dominanti, insistono sull’ortofonia, cioè sulla mera ripetizione dell’ortodossia ufficiale, senza alcun tipo di legame (incarnazione) con la realtà - il che risulta in discorsi astratti, dove si diluiscono, a livello epistemologico, le contraddizioni che esistono a livello della realtà.
Tale atteggiamento genera un neoconservatorismo di stampo fascista, capace di cogliere, con il suo spiccato faro anticomunista, segni di evidenti eresie in tutto ciò che minaccia questo modello ecclesiastico che, sotto la copertura della “purezza della fede”, nasconde l’intransigente difesa del diritto alla proprietà privata dalla quale, evidentemente, la maggioranza della popolazione deve rimanere esclusa.
La modernità ha influenzato quelle Chiese aperte ai progetti di riforma sociale e in cui il pensiero cristiano mantiene un dialogo permanente con le nuove idee dei centri accademici. Frattanto sarebbe però una trasposizione inadeguata immaginare che la Teologia della Liberazione differisca da questo ultimo modello ecclesiale solo per estendere il suo dialogo anche all’universo marxista, come una sorta di frontiera avanzata del campo dove si stabilisce l’interscambio tra fede e scienza, etica e tecnologia, rivelazione cristiana e progetto politico.
La Teologia della Liberazione non si configura come una corrente all’interno della Chiesa o una nuova corrente di pensiero che emana dallo sforzo accademico di alcuni teologi simpatizzanti del socialismo. È questo approccio miope che impedisce a molti di comprenderla nella sua profondità e ampiezza. La Teologia della Liberazione è un nuovo metodo di fare teologia, che ha come punto di partenza la realtà della povertà in cui vive la stragrande maggioranza della popolazione dell’America Latina. E, come punto di arrivo, il progetto di liberazione integrale, capace di assicurare a questo popolo il dono più grande di Dio, confermato da Gesù stesso, nel definire l’oggetto della sua missione: «Io sono venuto perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Nel nostro continente, la teologia partecipa anche della dipendenza dai centri egemonici del capitalismo, giustificando modelli ecclesiali che cercano di legittimare la disuguaglianza sociale.
Tuttavia, la crescente mobilitazione degli oppressi, come soggetti della propria liberazione, in un contesto culturale profondamente segnato dal cristianesimo, fa emergere all’interno di questi processi sociali un nuovo progetto pastorale. Attraverso le Comunità Ecclesiali di Base (CEBs), la pastorale popolare genera tanto il nuovo modello ecclesiale, identificato come Chiesa dei poveri, quanto il frutto di questa riflessione che, all’interno delle lotte liberatrici, articola fede e politica: la Teologia della Liberazione.
Pertanto, la Teologia della Liberazione non è un atto primario. È un atto secondario, derivato dalla presenza cristiana, con un taglio popolare e liberatore, all’interno dei movimenti che incarnano la proposta di costruzione di una nuova società che sradichi la lotta di classe. In questo senso, il teologo della liberazione deve essere organicamente legato alla pratica liberatrice, assumendo il campo della politica come ambito mediatore della sua attività evangelica.
La Teologia della Liberazione penetra quasi tutto l’ambito ecclesiastico dell’America Latina. Essa si esprime in modo popolare nelle CEB, nei circoli biblici, nelle celebrazioni contadine e operaie, attraverso liturgie che riscattano le tradizioni, le feste e i simboli delle classi popolari. Si esprime anche nel linguaggio pastorale di agenti laici, sacerdoti e religiose che assumono l’opzione preferenziale per i poveri, svolgendo un ruolo profetico all’interno di situazioni e strutture che oggettivamente negano il progetto di Dio nella storia. Infine, acquisisce una connotazione più metodica e scientifica nel lavoro di teologi professionisti, come Gustavo Gutiérrez, Pablo Richard, Miguel Concha, Júlio de Santa Aria, Elsa Tamez, Maria Clara Bingemer, Tereza Cavalcanti, Leonardo Boff, Clodovis Boff, Carlos Mesters, Marcelo Barros, Raúl Vidales, Juan José Tamayo, Jon Sobrino e molti altri e altre che, sulla base dei loro legami con la pratica liberatoria, ripensano la fede cristiana nei parametri della Tradizione, della Bibbia e dell’insegnamento del magistero ecclesiastico dai luoghi sociali ed epistemici degli oppressi.
L’oppresso non è semplicemente un punto di riferimento per la riflessione teologica liberatrice, né solo il suo destinatario. È, soprattutto, il soggetto e l’attore della liberazione che si realizza all’interno di una cornice culturale cristiana. Le sue riflessioni si incorporano in quelle del teologo in modo tale che la Teologia della Liberazione finisce per essere un prodotto comunitario. Prima di rappresentare una nuova qualità dell’ermeneutica della dottrina cristiana, è principalmente un servizio all’emulazione nella fede e nell’amore, uno stimolo alla comunione con gli altri, con la natura e con Dio. Proposta di inserimento maturo nella Chiesa e fonte di questa spiritualità, che va dalla preghiera personale, come contemplazione silenziosa, ai sacramenti che ricostituiscono nel Cristo vivente le energie che - attraverso le mediazioni popolari, sindacali e politiche - tessono nella storia umana il profilo del Regno promesso da Dio.
Frei Betto
(traduzione del portoghese di Magaly Santos)