Koinonia Luglio 2022


DOVE PORTA IL “CAMMINO SINODALE”

 

Voglio ancora una volta manifestare una mia sensazione e preoccupazione: che un cammino sinodale a ruota libera sull’onda dell’entusiasmo per la partecipazione dal basso, di fatto porti ad avvitarsi su se stessi. Il presupposto del cammino sinodale è che tutto avvenga in nome del Vaticano II per portarlo a compimento; ma il rischio è che esso porti la spinta del Concilio ad un punto morto, e quindi a segnare la fine di un cammino sinodale a dimensioni storiche nel mondo, riducendolo a faccenda domestica. Perché questo in fondo era l’intento di fondo del Concilio: rimettere in cammino l’intero Popolo di Dio, dopo che questo veniva di nuovo rilanciato e promosso a soggetto portante della chiesa.

Se proprio non è tramontata, questa impresa è però disattesa, e mentre le realtà locali dovrebbero interpretarla e attuarla nel tessuto vivo della chiesa in tutta la sua ampiezza, sembrano invece chiamate a ripiegare su orizzonti di breve respiro. Ci siamo richiamati al Sinodo di Firenze di trenta anni fa come tentativo di dare corpo ad una chiesa modellata sul Vaticano II, ma poi abbiamo dovuto prendere atto dell’arresto o del deflusso di questo processo. Se ora vogliamo fare il punto sul cammino sinodale in corso, possiamo prendere a campione la sintesi della Diocesi di Firenze per questo primo periodo, per un possibile confronto col Documento conclusivo del Sinodo 1988-92.

Per quanto siano rilievi approssimativi, appare molto chiaro fin dalle prime battute e in tutto il discorso che ormai si parla di stile sinodale, di metodo sinodale, di sinodalità come “metodo della conversazione spirituale” e comunque come comunicazione interpersonale ritenuta carente tra i vari settori della comunità cristiana. Tutto sembra risolversi nell’auto-analisi, dove la parola “sinodo” non solo non è più strumento giuridico, ma meno ancora ha spessore teologico. Se, come si ripete, dire Sinodo equivale a dire chiesa, sarebbe come parlare della chiesa-comunione solo in chiave psico-sociologica!

Pur ammettendo che sinodalità non abbia un suo contenuto regolativo, se andiamo a guardare quali sono i contenuti di questa “conversazione spirituale”, c’è da prendere atto che non si tratta di questioni interne alla fede, ma di problematiche derivanti da incongruità del sistema-chiesa nel contesto diciamo “spirituale” della nostra società e della nostra cultura: nel caso simili questioni di ritardo storico fossero tutte risolte – come già tante altre – davvero saremmo venuti a capo del problema della fede nel nostro mondo? Questo per dire che una via di uscita dalla crisi della fede non può partire se non dall’interno della fede stessa, in una modificazione intrinseca del modo di viverla e di pensarla, e non basteranno tutti gli aggiustamenti e gli accorgimenti possibili a ridare sapore al sale che lo ha perduto.

Si ha insomma l’impressione che ci si dibatta alternativamente in positivo e in negativo su questioni alquanto domestiche, mentre si deve dire che il Sinodo della chiesa fiorentina di 30 anni fa aveva una impostazione ed anima teologica, che da una parte lo radicava nel Vaticano II e dall’altra avrebbe consentito sviluppi  teologici e pastorali che purtroppo sono mancati! Ci si potrebbe interrogare almeno su come sono andate le cose in proposito, ma intanto noi continuiamo a guardare dentro al cammino sinodale in corso, per vedere dove ci porta.

 

ABS

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