Koinonia Febbraio 2022


PAURE E SCORIE SICURE

 

La Commissione Europea, nell’ambito dei lavori per la “Transizione ecologica”, in questi giorni ha deciso di considerare il gas e il nucleare come fonti utili e sostenibili per l’ambiente. Quindi via libera a nuovi impianti per l’estrazione e produzione di gas (se costruiti entro il 2030) e via libera a nuovi reattori nucleari.

La decisione è stata approvata a maggioranza, con solo tre membri contrari e quattro che hanno  espresso “riserve” (tra i quali il nostro Gentiloni).

Se il Consiglio e il Parlamento della U.E. confermeranno la decisione, il provvedimento entrerà in vigore dal 1 gennaio del 2023… quindi tra poco.

Certo, è difficile esprimere un giudizio netto di fronte a due realtà inconfutabili: da una parte un ambiente “globale” - la nostra Terra - che sembra ormai condannato a morte dall’inquinamento (30-50 anni di vita se non troviamo vie d’uscita valide), e dall’altra le attività umane che “globalmente” hanno - tutte - necessità immediata di fonti energetiche durature per poter continuare a vivere e produrre.

Questi due aspetti sono necessariamente dipendenti dal potere di decisione dei vari Stati, che per diverse ragioni - qualche volta oggettive - non riescono ad esprimere un pensiero politico ed operativo unico sulle scelte da intraprendere. Nel “globale”, infatti, è relativamente facile infilarsi ma è poi difficile condizionare gli altri soggetti, o solo farsi ascoltare, o… pensare in modo nuovo.

Un esempio ne è l’Idrogeno. Oggi esso sembra il “vettore energetico” ottimale, disponibile e non inquinante, verso cui orientarci; infatti il Recovery Plan gli dedica una delle quattro sezioni sulla Transizione ecologica: “Energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile”. Attualmente abbiamo quattro tipi di Idrogeno, in base al modo in cui riusciamo a produrlo: uno solo (verde) è ottenuto con l’energia elettrica; gli altri sono ottenuti tramite energia nucleare (viola); o tramite estrazione o combustione di carbone, petrolio, gas naturale (grigio), e metano (blu).

Dovremmo rinunciare, però, a produrre Idrogeno attraverso il nucleare (per rischi e scorie nocive) così come attraverso l’estrazione e la combustione, perché così facendo non usciremmo dal giro vizioso di produrre nuovo CO2 per ottenere Idrogeno (e anche la soluzione di “stoccare” il CO2, così prodotto durante la lavorazione, nel sottosuolo sembra miope come insegnano gli incidenti in Texas e in Australia, oltre ad innescare rischi sismici).

Per produrre idrogeno dovremmo quindi usare soltanto l’elettricità, fornita da altre tre fonti sostenibili di energia, già esistenti e ben sperimentate: l’energia eolica, fotovoltaica ed  idroelettrica (che non producono CO2).

Questa è una strada che sembra proprio “sostenibile” ma - come dicevamo - non “condivisibile” da tutti.

C’è da temere che si ripresenti all’orizzonte la necessità  di praticare stili di vita improntati a modelli di consumo diversi dagli attuali (per riscaldamento, raffreddamento, mobilità, alimentazione…) quasi come avvenne negli anni ’70 per la “crisi del petrolio”.

In questo contesto , per esempio, Eni.com  vuole “rassicurarci” e dice che in confronto alle centinaia e migliaia di morti causate dalle altre fonti di energia (crollo di dighe, esplosioni di petrolio , di gas, ecc.) le morti causate da incidenti nel nucleare sarebbero “solo” di 90 unità per ogni miliardo di kWh finora prodotto e quindi invita “a riflettere sulla sicurezza relativa delle diverse fonti di energia”. Ma cosa dire del “tipo” di morte, anche anni dopo gli incidenti nucleari, o del “tipo” di danni, danni planetari da inquinamento da polveri e da esposizione ai raggi ? Cosa dire delle scorie che si stima dureranno da 300 a ben centomila anni (sic) prima di esaurire la loro pericolosità? Cosa pensare dei tanti bambini nati deformi dopo gli incidenti nucleari… e dei loro figli? E dell’acqua inquinata dalle scorie?

La creazione - già in atto - di “mini centrali nucleari” che quindi producono “poche” scorie non sembra una soluzione, ma piuttosto un modo di aggirare il problema, evitando i grandi stoccaggi per le scorie, divenuti impopolari.

Dovremmo tutti cercare di guardare direttamente la luna e non il dito che la indica (e forse dovremmo anche smettere di guardare solo il nostro ombelico, e dare un’occhiata anche a quello degli altri).

Per risolvere - o solo smorzare - un rischio imminente non rischiamo forse di produrre danni incontrollabili nel futuro ?

 

Poco prima dell’invenzione del motore a scoppio (1853) erano già  state inventate le prime auto elettriche (1835-40)… ma dopo qualche anno si mostrò più semplice estrarre petrolio per produrre benzina, anziché dedicarsi alla ricerca sulle batterie elettriche. E così il motore a scoppio (con i suoi scoppi ed i suoi scarichi nell’atmosfera) prese il sopravvento, applaudito da tutti.

In pochissimi anni anche esperienze interessanti come i taxi elettrici di New York, già utilizzati nel 1887, o i 100 Km all’ora dell’auto elettrica belga  “jamais content” del 1899, furono messe da parte perché “al momento” non erano “convenienti”. Tanto che, dopo aver inquinato il mondo fino al pericolo di distruzione, le riscopriamo adesso… dopo oltre un secolo!

 

Renato Scianò                                                                                                     

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