Koinonia Giugno 2021


Frei Betto ricorda il confratello e amico

 

JOÃO XERRI, MILITANTE DELLA SOLIDARIETÀ

                           

Frei João Xerri è morto la domenica della Santissima Trinità, il 30 maggio 2021, a 74 anni, vittima del genocidio di Bolsonaro che ha esposto migliaia di vittime alla pandemia del Covid-19. Uomo di rapporti internazionali, aveva sostenitori in vari posti del mondo, e tutto ciò di cui si faceva di importante - denunce di violazioni dei diritti umani, cause di solidarietà, lotta dei Sem Terra e senza casa, movimenti di liberazione - lui si preoccupava di divulgarlo immediatamente, e questo anche prima dell’esistenza di internet.

João era nato a Malta, quando l’isola del Mediterraneo era ancora una colonia britannica, e entrò nell’Ordine Domenicano nel mio stesso anno (1965). Venne in Brasile nel 1974, e si stabilì a Faxinal (PR), dove imparò il portoghese. Naturalizzato brasiliano nel 1993., in marzo del 2002 ricevette il titolo di “Cittadino Paulistano” dalla Amministrazione Comunale di São Paulo.

Per due anni há lavorato nell’area rurale del Paranà. Nel 1978 seguì il corso di Teologia Pastorale Università Cattolica di Rio de Janeiro. Il contatto con i favelati di Chapèu Mangueira, nel “Morro da Babilonia”, dietro al nostro convento, a Leme, gli fece conoscere al vivo la realtà dei poveri del Brasile.

Eletto priore del convento di Perdizes, nella metà del 1980, venne a San Paolo. Fu allora che si rinsaldarono i nostri legami di amicizia.

Feci di lui il personaggio del mio libro “Talita abre as portas do Evangelo” (apre le porte del Vangelo). Fu un modo di rendere omaggio a un confratello domenicano con cui ero molto in sintonia. Eravamo in confidenza. Insieme a frei Oswaldo Rezende, celebrò l’Eucarestia a Belo Horizonte, per i miei 70 anni, nel 2014.

La sera del 28 di maggio del 1982, lo condussi a San Bernardo do Campo per conoscere la famiglia di Lula, che era impegnato negli scioperi dei metallurgici contro la dittatura. Passò cosí ad appoggiare il lider politico, sebbene, come me, non si sia mai iscritto al partito. Il 15 ottobre 2004, pranzavamo a San Paolo. Gli raccontai la mia intenzione di lasciare il governo federale, nel quale lavoravo come assessore speciale nel Programma Fame Zero. Mi appoggiò.

João aveva in forte legame con il Movimento dei Senza Terra (MST) rafforzato dalla sua amicizia con João Pedro Stèdile, di cui frequentava la casa. Manteneva anche contatti frequenti con il “Levante Popular da Juventude”.

Partecipava ai gruppi di preghiera che seguì per più di 40 anni. Quando si trasferì a Goiania, mantenne il suo vincolo con i gruppi di Belo Horizonte, ed era sempre presente ai nostri due ritiri annuali. Nell’ultimo che presiedette, a cui erano presenti i gruppi del Mato Grosso, di San Paolo e di Rio, nel giugno del 2019, in Minas Gerais, João fece una brillante esposizione sul Sinodo dell’Amazonia.

Nonostante fosse sacerdote, lui preferiva non presiedere le celebrazioni liturgiche durante i nostri ritiri. Lo imbarazzava il fatto che io, che non sono sacerdote, assistessi soltanto.

Andammo insieme a Malta, nel 1988. Conobbi la sua terra e la sua famiglia. João si adoperò perché io approfittassi al massimo di questo viaggio. Mi propose delle lezioni all’università, di incontrare e dialogare col presidente del paese, mi fece vedere visitare i luoghi della memoria del passaggio dell’apostolo Paolo a Malta.

Negli anni che visse nella capitale paulista, João passò ad accompagnare, in vari livelli locali e nazionali, il Rinnovamento  Cristiano, movimento che dà continuità all’antica Azione Cattolica. La principale collaboratrice del suo lavoro pastorale solidario era Lilia do Amaral Azevedo che, come lui, era poliglotta.

Gli ideali della Teologia della Liberaione ispirarono João e Lilia a creare, nel 1982, il “Grupo Solidário São Domingos”, destinato a solidarizzare con i poveri e i movimenti che lottano contro qualsiasi tipo di colonialismo o dominazione. In Brasile, appoggiò la lotta per la riforma agraria e collaborò con il CPT (Commissione Pastorale della Terra), soprattutto nei conflitti fondiari in Paranà e nel sud del Parà.

João fu presente a Xambionà, nella regione di Conceição do Araguaia, quando i latifondisti e il governo perseguitarono i padri francesi Aristides Camio e François Gouriou. Imprigionati dal 1981 al 1983, furono in seguito espulsi dal paese, accusati di promuovere invasioni e azioni sovversive. L’Esercito occupò la città e designò un cappellano militare per assumere la parrocchia.  Considerando questo un affronto, la diocesi inviò frei João Xerri a Xambioà, dove rimase per lungo tempo, nonostante i rischi e le minacce. Funzionavamo: il capellano militare nella parrocchia, e lui in un’altra chiesa. In quel tempo, Lilia Azevedo pubblicò una collezione di lettere di padre Aristides, con un titolo molto significativo: “L’importante è il popolo”.

Nel 1983, il Gruppo Solidario Sao Domingos iniziò la sua collaborazione con il popolo del Sudafrica per la lotta contro  l’“apartheid”. Appoggiò anche la lotta per la libertà dei popoli dell’America Centrale e, particolarmente, di Haiti. Seguì in modo particolare, la lotta degli Zapatisti in Chapas, Messico, che visitò nel 1998, in compagnia di Lilia e Dom Tomàs Balduino. Tra le personalità amiche di João si notano Desmond Tutu e Xanana Gusmao, lider della liberazione di Timor Leste e primo presidente del paese libero.

Dal 1993, João collaborò con il popolo di Timor Leste per la sua liberazione dall’Indonesia, avvenuta nel 2002, con il progetto “Clamor por Timor”. E ospitò nel nostro convento di San Paolo, nel quartiere di Perdizes, uno dei principali lider rivoluzionari, Josè Ramos-Horta, futuro cancelliere del paese liberato.

Con il Grupo Solidario, João iniziò, dal 1993, la pubblicazione annuale, in Brasile, dell’Agenda Latino-Americana, edita in diverse lingue. Prodotta da Dom Pedro Casaldaliga e dal padre José Maria Vigil, l’agenda mostra foto, date e nomi che emergono nella storia della liberazione del nostro continente.

João mi accompagnò in un viaggio in Nicaragua e Cuba. Fu Promotore di Giustizia e Pace dell’Ordine Domenicano in America Latina e Caribe, tra il 1986 e il 1992. E, dal 1986 al 1994, Promotore di Justiça e Paz dei frati domenicani del Cono Sud (America Latina). Invitato ad assumere la missione di Promotor Geral di Justiça e Paz e delegato permanente dell’Ordine Domenicano presso l’ONU, diventò membro del “Conselho Geral de Justiça e Paz” e delegato permanente dell’Ordine Domenicano presso l’ONU, diventò membro del “Conselho Geral”“ dell’Ordine e presidente della Conferenza Interprovinciale dell’America Latina e Caribe - CIDALC. Per questo incarico visse a Roma tra il 2001 e il 2008, tornò a Malta e, dopo un po’ di tempo, tornò nuovamente in Brasile, e diresse la Comissione Pastorale della Terra (CPT).

João portò in giro per l’America Latina il film “Battesimo di sangue”, tratto dal mio libro con lo stesso titolo. A Lima, nel 2007, lo mostrò all’assemblea delle superiore delle suore domenicane di tutta l’America Latina e Caribe, e ai superiori dei frati domenicani della stessa regione. E scrisse al regista del film, Helvècio Ratton: “Per me, uno dei grandi valori del film è che racconta un fatto, senza giustificarlo, né farne un paradigma. Non è un film di banditi e giovani, di santi e di peccatori. È il racconto di un fatto nella sua piena verità, senza essere apologetico. Altra cosa interessante, e che ha un valore universale per come è trattata la questione della tortura, l’abominio della tortura. Importante anche, a mio avviso, il modo come tratta la delazione sotto tortura: questo è un tabù che è ugualmente necessario affrontare”.

Frei João ci mancherà. Non vedremo più il suo sorriso, non sentiremo le sue interiezioni abbreviate: “Hahnn? Heeh?”, il suo mostrarsi perplesso per qualche fatto che gli era raccontato, anche se prosaico. Non lo vedremo camminare come un marinaio nella nave oscillando il corpo lievemente, come se le spalle gli pesassero. Né lo ascolteremo piú alzare la voce rauca, potente, quando una situazione suscitava in lui grande indignazione. Ora guarderemo nella memoria il suo impegno di militante di tutte le cause giuste, di libertà, fosse per la lotta operaia nella periferia di San Paolo, simbolizzata da Santo Dias, della cui famiglia lui fu amico, o per il diritto sempre negato ai palestinesi di vivere in uno Stato libero e sovrano. Dio lo tenga nel suo infinito amore.

 

Frei Betto

(Traduzione dal portoghese di Anna Maria Gabrieli)

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