Koinonia Giugno 2021


Leggendo il libro “Nelle mani di Dio” di Marco Ventura *

 

ESSERE CRISTIANI NEL NUOVO UNIVERSO RELIGIOSO

 

Quello che va sotto il nome di secolarizzazione è un processo storico-culturale che non è né causa né effetto della “morte di Dio” annunciata nella seconda metà del ‘900. Né è il segnale della fine della religione, ma è stata la piena della modernità che ha costretto le religioni storiche ad uscire dal proprio alveo, per inondare con le loro acque terreni più ampi e magari mescolarsi tra di loro ed entrare così in una prospettiva di trasformazione. Questa trasformazione è in atto e sta portando verso una  visione e forma diversa di religione, che nella approfondita indagine di Marco Ventura risulta come “super-religione”. 

 

Potrebbe essere anche questa una considerazione conclusiva della lettura del suo libro “Nelle mani di Dio”: attraverso un’accurata indagine multidisciplinare egli segnala e documenta l’emergere di un nuovo universo religioso. Per addentrarci in questa visione abbiamo dato prima di tutto a lui la parola con qualche pagina del libro. Una prima costatazione porta a dire che la religione nel mondo rimane un dato di fatto, ed anche se la si relega nelle coscienze come fatto privato o la si circoscrive nelle sue strutture e nel suo valore pubblico, essa permea comunque il tessuto sociale e determina la vicenda storica alla pari o a fianco di economia, politica, scienza o quanto determina una civiltà.

 

È questa la dimensione che il libro rileva, evidenziando le dinamiche di influssi contrapposti, di trasformazione, di tendenza al superamento dei propri confini verso un punto di convergenza: non come sincretismo, come pantheon, come dialogo inter-religioso, come diplomazia ecumenica, ma come riduzione e risoluzione di ogni sua determinata configurazione storica alla sua intenzionalità originaria. Non si tratta di assemblare le varie forme e tradizioni religiose, ma di portare in primo piano lo sfondo in cui queste si proiettano: una modificazione si sta verificando nella nozione stessa di religione, e se una volta era legata a potenze naturali (lampi, tuoni ec.) ora sembra derivare da potenze umane!

 

Almeno questa è la tendenza in atto, che lascia pensare ad un “al di là”, ad una ulteriorità, ad un superamento delle particolari forme di religione, per approdare a qualcosa che è nella realtà delle cose e nell’attesa di tutti come sostrato della storia. In questo modo “essa è in sintonia con questo tempo di obbiettivi globali, di azione globale, di paure e ambizioni globali”. Qualcosa che riporta materialmente all’ambiente, al pianeta e allo sviluppo sostenibile, ma che non può terminare ad essi, se non si vuole che il processo abortisca. Più o meno consapevolmente si guarda  alla presenza o all’assenza, alla voce o al silenzio, all’azione o all’astensione, alla vicinanza o lontananza della “mano di Dio” comunque incombente, anche quando è disconosciuta, negata, ignorata. È innegabile che la potente mano di Dio domina la scena del mondo unitamente alle altre potenze unanimemente riconosciute, che però cercano un’anima e tendono al dominio.

Ma il punto è se al fondo delle tante correnti che agitano questo mare ci siano zone in cui “uno solo è Dio, che opera tutto in tutti” (1Cor 12,6): ciò che è nel desiderio naturale delle cose e di tutti, indipendentemente dal grado di consapevolezza e di adesione interiore dei singoli, e a prescindere dalla disponibilità delle religioni storicamente formate a superare se stesse senza assolutizzarsi in nome di un Assoluto. È in ordine a questo zenit e a questo obiettivo che ogni religione costituita e ogni confessione religiosa deve verificare e mettere alla prova se stessa: se riesca a superarsi e a trovare la mano aperta di un Dio a cui affidarsi con una fede che vince il mondo e perfino la morte.

 

Una bella sfida, al di là di tutte le idealità, le pratiche, le spiritualità, le ritualità, le osservanze, le norme, le tradizioni e quant’altro possa rientrare nell’ambito del proprio culto che non va sacralizzato! Per quanto riguarda il fatto di essere cristiani in questo nuovo universo religioso - più che un cristianesimo in astratto - non possiamo non metterci sul banco di prova di una “super-religione”, che a sua volta è messa al vaglio della fede cristiana. Del resto è lo stesso Marco Ventura ad evocare il nome di D.Bonhoeffer e la sua proposta di una vita cristiana non più “religiosa”, con particolare riferimento alla sua lettera ad Eberhard Bethge del 21 agosto 1944, di cui ecco un lungo passaggio che si affianca a quanto già riportato ai fini di una riflessione seria e condivisa  su un problema tanto evocato quanto accantonato. Ecco il brano della Lettera:

 

Tutto ciò che possiamo a buon diritto attenderci e chiedere a Dio, possiamo trovarlo in Cristo. Il Dio di Gesù Cristo non ha nulla a che vedere con ciò che dovrebbe e potrebbe fare un Dio come noi ce lo immaginiamo. Dobbiamo immergerci sempre di nuovo, a lungo, e con molta calma nel vivere, parlare, agire, soffrire e morire di Gesù per riconoscere ciò che Dio promette e ciò che egli adempie. È certo che noi possiamo vivere sempre vicini a Dio e in sua presenza, e che questa vita per noi è vita totalmente nuova; che per noi non esiste più nulla di impossibile, perché nulla di impossibile esiste per Dio; che nessun potere terreno ci può toccare senza che Dio lo voglia, e che il pericolo e la tribolazione ci conducono solo più vicino a Dio; è certo che noi non dobbiamo pretendere nulla e che tuttavia possiamo chiedere ogni cosa; è certo che nella sofferenza è nascosta la nostra gioia, e nella morte la nostra vita; è certo che in tutto questo noi ci troviamo in una comunione che ci sostiene. A tutto questo Dio ha detto “sì”  ed  “amen” in Cristo. Questo “sì” e questo “amen” sono il solido terreno sul quale noi stiamo. In questi tempi turbolenti perdiamo continuamente di vista il perché valga effettivamente la pena di vivere. Pensiamo che siccome vive questa o quest’altra persona, così abbia senso vivere anche per noi. Ma in verità le cose stanno in questo modo: se la terra è stata fatta degna di sostenere i passi dell’uomo Gesù Cristo, se è vissuto un uomo come Gesù, allora e solo allora per noi uomini vivere ha un senso. Se Gesù non fosse vissuto, allora, nonostante tutte le altre persone che conosciamo, onoriamo, amiamo, la nostra vita non avrebbe senso” (Resistenza e resa, Paoline 1988, pp.474-75).

 

La radicalità cristiana di D.Bonhoeffer sconcerta e pone interrogativi sia dentro che fuori la comunità dei credenti. La riflessione e la discussione su questo testo sono aperte, per capire come il fatto di essere cristiani possa collocarsi sia obiettivamente che soggettivamente in ordine ad una super-religione, che di suo ridimensiona e relativizza tutte le forme religiose storiche per mettere tutti sulla soglia di una “fede” nel Dio vivente in cui credere e nelle cui mani affidarsi. In questo senso incrocia la prospettiva di Bonhoeffer di un cristianesimo non religioso.

 

Il suo discorso infatti è tutt’altro che fideistico - confessionale e convenzionale - ma è personale testimonianza di una fede a valore universale che supera la stessa religione nella sua pretesa ideale di assoluto rispetto ad un rapporto reale con un Dio, che non può fare da alibi  o tappabuchi per nessuno. Ripetutamente Marco Ventura fa ricorso alla distinzione tra lo sviluppo degli avvenimenti e delle situazioni reali - che sono il piano proprio degli studiosi - e le possibili prospettive che possono emergere. Per quanto rigorosamente scientifico, il discorso del suo libro rimane estremamente aperto a possibili sviluppi a tutti i livelli. E forse è da prevedere anche l’esito di una libera personale decisione del credere, quale cifra ultima dell’esistenza, appunto alla maniera di Bonhoeffer. Ma in ogni caso su una base comune di intesa, di confronto, di distinzione e di divaricazione. Dove la differenziazione è conseguente più che da risolvere successivamente.

 

Da parte mia, e in maniera del tutto interlocutoria, mi sembra di poter dire che una super-religione non è mai mancata nella storia, nel senso di una visione del mondo unitaria, in cui la religione fa tutt’uno con politica, economia, giustizia sociale, pace ecc… in termini di governo del mondo. Da Costantino in poi abbiamo cesaropapismo, Sacro Romano impero, lotte delle investiture, crociate, inquisizione, umanesimo cristiano, guerre di religione, concordati, partiti cristiani, senza dire del mondo islamico… Con questa differenza, che mentre una volta era la religione l’elemento dominante a sacralizzare il tutto, ora sono i fattori secolari a prevalere e a laicizzare la stessa religione. Una inversione di tendenza in tal senso la troviamo nella enciclica “Fratelli tutti”, che dovremmo leggere come tentativo di sganciare l’essere cristiani dal contesto mentale e rituale tipicamente sacrale per riportarlo alle sue fattezze umane e dimensioni bibliche, al di là di soprannaturalismi, spiritualismi, moralismi, che ne fanno un’esistenza tipicamente religiosa vecchio stile.

 

Sorprendentemente, l’dea di una “super-religione” - nella sostanza se non nelle parole - viene a coincidere con l’essere cristiani non-religiosi: al tentativo  di una messa tra parentesi di ogni religione, per ricreare chances libere di incontro con Dio, fa riscontro l’istanza di vivere una fede che dismetta i paramenti sacri per assumere la condizione umana alla maniera del Verbo di Dio. Questo evento o mistero di incarnazione deve essere vissuto dai credenti in maniera meno avulsa dalla realtà vissuta, ma al tempo stesso deve essere tenuto presente da uomini e donne di buona volontà come eventualità reale e come chance, anche senza arrivare a credere in piena regola. Dove l’essere cristiani è un’esistenza consumata nel mondo - religioso o meno che sia - ma che non si risolve o dissolve in mondo.

 

ABS

 

* Marco Ventura: Nelle mani di Dio. La super-religione del mondo che verrà, Il Mulino, 2021, pp. 192, € 15,00

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