Koinonia Maggio 2021


San Domenico visto da Frei Betto

 

Una nuova famiglia che sorge

 

Domenico ammirava certamente le belle cattedrali del suo tempo, le basiliche sontuose, adorne di ori e di porpore. Ma sapeva anche perfettamente che un tempio di pietra non potrà mai annunciare la parola di Dio. Abbiamo a volte l’impressione che la chiesa sia questo tempio di pietra che apre, alle domeniche, le porte per ricevervi i fedeli in cerca di un po’ di pace spirituale. Ma come può pregare un edificio? Questa sì che è la chiesa del silenzio. Essa esiste ma non dice nulla, non tocca nessuno. I suoi banchi sono consumati dal conformismo dei fedeli, Questi attendono che sacerdoti e suore prendano tutte le iniziative, mentre a loro volta sacerdoti e suore aspettano che i laici abbiano maggiore partecipazione nella vita della comunità. È un circolo vizioso che si potrà rompere solo quando prenderemo coscienza che la chiesa siamo noi e che noi siamo, come afferma s. Paolo, «il tempio di Dio e (che) lo Spirito di Dio abita in noi» (1Cor 3,16).      

A partire dal 1217 Domenico manda in giro per il mondo i suoi compagni. Li manda a due a due perché annunzino la Buona novella, principalmente presso i centri universitari, come Parigi e Bologna, dove una folta schiera di giovani, che stanno forgiando un mondo nuovo, accolgono assetati la predicazione dei domenicani. Questi viaggiano come gli apostoli, mendicando per strada il proprio sostentamento. Predicano in lingua volgare, dal momento che lo stesso s. Domenico rifiutava di predicare in latino, in modo che il popolo potesse capire ciò che dicevano. Coloro che criticavano i domenicani per il fatto di non vivere rinchiusi nei monasteri - come soleva avvenire a quel tempo - ricevettero una buona risposta nella parola di un giovane cristiano conquistato, a Parigi, dalla predicazione di Domenico: «Non ho mai letto che il Signore Gesù Cristo sia stato monaco, vestito di nero o di bianco, bensì predicatore nella povertà». Entrare nella comunità fondata da Domenico, dove la vita cristiana stava rinascendo conforme l’ispirazione primitiva, significava partecipare alla povertà praticata da Cristo e osservata dagli apostoli. E non appena il giovane aderiva all’ordine dei predicatori, Domenico lo inviava a predicare, considerando che «il grano di frumento ammucchiato marcisce; sparso fruttifica». Fra Buonviso da Bologna racconta come venne inviato da Domenico: “Ero ancora novizio, senza alcuna esperienza di predicazione, perché non avevo ancora studiato le divine scritture. Chiesi di essere dispensato. Ma il beato padre, con parole molto gentili, mi convinse che dovevo andare e mi disse: «Vai con sicurezza, perché il Signore sarà con te e metterà sulle tua labbra le parole che devi predicare». Obbedii, predicai e Dio colmò di grazie la mia predicazione: altri tre giovani divennero, infatti, predicatori”.

Nel 1219 papa Onorio III scrive a Domenico una lettera in cui afferma che il cammino di quelli che lo seguono è quello della povertà radicale. I religiosi devono essere disposti a predicare il vangelo «nell’abiezione di una povertà volontaria». Per dodici anni di seguito lo stesso Domenico praticherà questo consiglio che Gesù aveva dato ai suoi apostoli e a tutti noi che siamo cristiani. Furono dodici anni durante i quali Domenico viaggiò continuamente coprendo circa quaranta chilometri al giorno, a piedi scalzi, senza alimentazione regolare, accontentandosi del pane che mani pietose porgevano ai mendicanti. Passava la notte in luoghi di ristoro infetti, affollati di poveri viaggiatori. Ma invece di coricarsi si dava all’orazione, e quando cedeva al sonno dormiva per terra, mai su di un letto. Arrivando ad un convento non andava subito a riposare; riuniva innanzitutto i frati per far loro una predica, esporre la parola di Dio e confortarli. Molte volte affrontando i pericoli della strada, non aveva paura di nulla, così grande era la fiducia nella protezione di Dio. Una volta, minacciato di morte, si limitò a rispondere: «Non sono degno della gloria del martirio; non mi merito ancora questa fine».

Nella prima riunione generale dell’ordine domenicano, tenutasi a Bologna nel 1220, è con emozione che i frati vedono colui che aveva ogni autorità su di loro, alzarsi in piedi per dire: «Merito di essere deposto, poiché sono inutile e trasandato». Non era falsa modestia. Dopo lunghi anni di lavoro, negli ultimi tempi Domenico sentiva che le forze lo tradivano e temeva di non poter rimanere alla guida di un ordine la cui missione consisteva nel predicare l’eroismo cristiano con la vita e con la parola. Era suo desiderio tornare ad essere un semplice predicatore itinerante, riprendendo contatto diretto col popolo semplice e povero.

 

Frei Betto

in Novena di San Domenico, Queriniana 1974, pp. 65-69

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