Koinonia Marzo-Aprile 2021


CON TUTTO L’AMORE DI CUI SIAMO CAPACI

IL  NOSTRO  MODO  DI ESSERE PRETI

Conversazioni di Beppe Pratesi e Lucia Frati

con Antonio Schina

Centro di Documentazione di Pistoia Editrice,

gennaio 2021, pp. 154, € 12,00

 

Una rivisitazione a tutto campo di un periodo, di personaggi, del sorprendente mondo fiorentino a cavallo del Concilio Vaticano II, ma in ultima analisi una lenta ed efficace operazione di laicizzazione della fede e di de-clericalizzazione della chiesa, tanto invocata ai nostri giorni da Papa Francesco ma difficilmente raggiungibile. 

I campi di azione e i mestieri in cui Beppe Pratesi si è trovato ad impegnarsi - sempre nella linea della naturalezza al di fuori di ogni ideologismo - sono davvero molteplici: la fabbrica, la terra, la sanità, il sindacato, la scuola, il volontariato, l’accoglienza, la famiglia ecc…, in luoghi sempre diversi: sfaccettature di un’esistenza tanto variegata, quanto lineare ed unitaria nel suo orientamento e nella sua coerenza. Ma a fare da filo conduttore tra tanta varietà di situazioni rimane il suo essere “prete” sempre e comunque, a cominciare dal fronte dei “preti operai” o di “operai preti” fino all’incontro e all’unione con Lucia Frati,  anche lei coinvolta  in questa intervista, e alla paternità  di cinque  figli. (dalla prefazione di Alberto Bruno Simoni op)

 

Se c’è un fenomeno della modernità che va  rinnegato, combattuto e vinto (ma è sostanziale ai rapporti sociali e alla struttura economica, quindi è impresa difficilissima) è l’individualismo competitivo. Un mondo nuovo viene dalla lotta di tutti contro questa alienante deformazione di ciò che costituisce l’essenza della nostra dimensione umana, ossia l’essere-con, la relazione con l’altro, la costruzione di comunità. Libri come questo ci aiutano a comprenderlo perché ci collegano all’esperienza di chi questo impegno lo ha assunto prima di noi. E ci rende più chiaro il cammino. E il modo per proseguirlo. (dalla postfazione di Valerio Gigante)

 

Il 20 ottobre 1964 Lorenzo Milani scrive una breve lettera a un giovanissimo prete, che in quel momento è cappellano a San Salvi, quartiere fiorentino, invitandolo a firmare il documento, da lui promosso insieme a Bruno Borghi, contro la rimozione di monsignor Gino Bonanni da rettore del seminario, in cui si  pone, per la prima volta, la questione della necessità di un dialogo autentico, non formale, tra vescovo, parroci e fedeli, mettendo  in discussione lo stesso  rapporto con il vescovo, fino ad allora  di dipendenza assoluta.  Lorenzo usa una espressione tipicamente sua: “Sei uscito da poco di seminario e saresti un ingrato se ti disinteressassi”.

Quel  prete è Beppe Pratesi, che non si disinteressa allora e non si disinteresserà più, sempre schierato dalla parte degli ultimi. È tra i pochissimi firmatari di quel documento,  fondamentale per la Chiesa fiorentina e  italiana:  “Su certe cose non si torna indietro” dice Beppe, riflettendo cinquant’anni dopo.

Beppe appartiene alla generazione appena successiva a quella di Milani e Borghi: in seminario, a Firenze, ha avuto come rettore appunto Gino Bonanni, vivendo l’esperienza del rinnovamento da lui promosso. Ha avuto come insegnanti, tra gli altri, Enrico Bartoletti, Giovanni Vannucci, Luigi Rosadoni, ha seguito le iniziative del sindaco Giorgio La Pira, è stato partecipe del confronto e delle discussioni che ha suscitato l’uscita, nel 1958, del  libro “Esperienze pastorali” di Milani.  

Cappellano prima a Palazzuolo sul Senio, poi a San Salvi, poi a Montelupo Fiorentino,  ottiene  dal vescovo di andare a lavorare, assieme ad un altro sacerdote, suo compagno in seminario, Beppe Socci, come bracciante agricolo a Castiglioni, comune di Montespertoli, nella tenuta dei Frescobaldi,  avviando nello stesso tempo una comunità, che ha  a riferimento i Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld e che suscita interesse e partecipazione. 

Dopo l’intervento del cardinale Florit, che ordina l’interruzione di questa esperienza “nè lì, né altrove, né in nessun altro luogo”, vive nella comunità del Porto di Viareggio fondata da Sirio Politi, mentre è operaio metalmeccanico  alla F.E.R.V.E.T., azienda di riparazione e manutenzione di carri ferroviari. E’ a lungo delegato sindacale, impegnato in vertenze e mobilitazioni, di carattere politico e sociale.

Nel frattempo, conosce Lucia Frati, ad un certo punto decidono di andare a vivere insieme,  avranno 5 figli e, come racconta Beppe, “continua a fare il prete assieme a lei": “condividere il sacerdozio con una sposa non solo non è tradimento o abbandono, ma è viverlo con sensibilità femminile, sotto lo sguardo materno e paterno del Padre”.

Farà l'esperienza di una cooperativa agricola nel pisano, di un'altra in Mugello, terra delle sue origini, in cui ritorna a vivere alla fine degli anni '70, è poi  vivaista e giardiniere. Fa un’esperienza di volontariato in Burundi.

In Mugello, tra le tante iniziative in cui è coinvolto, è attivo nelle lotte ambientali contro l’alta velocità e impegnato nel sociale, soprattutto sul tema della salute mentale, con l’associazione Astolfo, di cui sarà tra i fondatori e poi in solidarietà con le vittime della comunità del Forteto. Una vita intensa, senza mai smettere di considerarsi prete, al di là del rapporto interrotto, non per sua volontà, con la gerarchia,  e con un modo che  si potrebbe definire "naturale" di risolvere la questione del celibato.

In appendice al libro, l’originale della lettera di Borghi e Milani, articoli sulla esperienza di prete operaio, il programma della cooperativa “Il Bosso”, un ricordo di Beppe Socci, due interventi sulla visita di papa Francesco a Barbiana.

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