Koinonia Marzo-Aprile 2021


IL SINODO TEDESCO CONTEGGIA I 200 ANNI DI RITARDO

 

Non si possono più mettere bavagli ma nemmeno essere così reazionari da augurarsi uno scisma. Se ricordiamo la testimonianza del card. Carlo Maria Martini, non possiamo fare a meno di rimproverarlo per avere detto con (allora) estremo coraggio la verità sulla condizione della Chiesa romana ai tempi di Benedetto XVI: duecento anni di ritardo...

L’Italia è il paese in cui abita lo Stato-Città del Vaticano, ha sede il Papa, è “il” centro della chiesa cattolica. Purtroppo non è un paese di autentica religiosità e fede. Non per i soliti vizi della natura italica, ma per una storia calata giù da secoli ancora romani, pur convertiti ma subito inquinati dal potere di un Costantino e un Teodosio. Si oltrepassano i secoli gloriosi del Rinascimento per ragioni che non hanno moltissimo da attribuire ai meriti dei papi, fino ai secoli della grande paura per l’ormai reale rinnovamento della storia: che ha obbligato Lutero a fare la Riforma - una parola illuminante - fuori dall’obbedienza al sacro soglio;  con la Controriforma la paura si insediò in forma permanente a Roma: dalla lotta strenua contro l’Illuminismo, la libertà di pensiero, la democrazia, le lotte di classe è stata tutta e solo preoccupazione di perdere il potere del controllo sulle coscienze non per amore del Vangelo, ma perché dalla paura era nata l’intransigenza dogmatica rispetto alla nuda vita della società.

Carlo Maria Martini nel settembre del 2012, alla vigilia della morte, nella celebre intervista al gesuita Georg Sporschill, citò: “Padre Karl Rahner usava volentieri l’immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell’amore?”. E suggerì la conversione “a partire dal Papa e dai Vescovi” indicando i campi degli errori: la sessualità, la parola di Dio, i sacramenti, l’amore. Temi fondamentali denunciati con parole severe e amare: “La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?”.

La Conferenza Episcopale Tedesca dal 2020, aprendo il Sinodo nazionale, ha trovato il coraggio, sostenuta - ovviamente non all’unanimità - dai laici, che certo si giovano ancora di aver visto nel 1517 il manifesto di Wittemberg, inchiodato da un giovane monaco agostiniano scandalizzato dell’immobilismo corrotto di Roma. Lo scisma è servito almeno a far pensare due confessioni concorrenziali. Occuparsi della propria chiesa significa infatti avere una fede non esente da dubbi, ma capace di sentirla coerente con il proprio e altrui stile di vita. Pur non essendo un’agenzia morale, il cattolicesimo può ancora aspirare all’universalità di cui porta il nome, facendosi capace di quella molteplicità di linguaggi che riceviamo dalla pentecoste, capace di capire che le tradizioni del mondo globalizzato non sono tutte uguali e indifferenti, ma sono da capire per rinnovare il segno dell’autentico nella diversità dei popoli. Non a caso la globalizzazione impone lo stesso criterio nella ricerca di un dialogo politico informato per non diventare dogmatici e filoccidentali alla ricerca di dominio sugli altri.

Tuttavia impressiona che i vaticanisti cerchino di indovinare come andrà a finire (un altro scisma?) questo Sinodo di importanza non solo tedesca dopo la recente sessione che ha esplicitato i problemi in agenda, tenendo conto che papa Francesco ha più volte “gesuiticamente” dato segnali di avvertimento alla cautela. Tuttavia i temi sono ormai centrali nelle valutazioni del peso che sarà destinata ad avere in Occidente la partecipazione dei cristiani alla conservazione del Cristianesimo. I conservatori si giovano della desertificazione del tempio e delle mense eucaristiche causa Covid per condannare la solita secolarizzazione che loro stessi hanno amorosamente incentivato con l’immediata opposizione al Vaticano II, opposizione, nonostante le continue valorizzazioni di Francesco, che sembra aver vinto, visto che in questi decenni se ne è persa memoria al punto che nessun italiano si ricorda che nella scala valori di fede il popolo di Dio viene al primo posto e la “gerarchia” sta dietro. I nostri laici sono i migliori esempi delle amare accuse di Martini: il popolo di Dio, il buon parrocchiano, si guarda bene dall’intavolare discussioni con il suo parroco. Lontanissimo nella memoria dei più anziani il ricordo di quando “si occupavano” le chiese: non ce ne sarebbe più bisogno perché oggi sappiamo che le chiese sono nostre, di tutti, in primo luogo dei poveri. Eppure, lasciando da parte queste memorie, retoriche perché ormai superate, in genere buona parte dei laicato delle ultime generazioni condividerebbe la discussione sui problemi sinodali tedeschi, se anche noi ci chiedessimo di verificare a che punto siamo circa il potere e la divisione dei poteri nella Chiesa, la qualità e il senso della vita del prete oggi, la presenza della donna nei ministeri, la sessualità, la pedofilia, la responsabilità nelle relazioni di coppia, la centralità dell’amore.

Se, come avviene ordinariamente, la chiesa impone una dottrina disattesa e la gente divorzia, forma una nuova famiglia, ricorre all’aborto, se la pedofilia è un reato di cui si sono resi colpevoli molti preti, se nelle relazioni intime i maschi ignorano l’obbligo del consenso della partner e poi frequentano la parrocchia, si confessano, ma chi confessa è immaturo, o il vescovo non ha ben ripensato il tradimento di fronte al nazismo e all’antisemitismo, e si formano categorie di “esclusi” (a partire dalle persone lgbtq) per ragioni dottrinali che non concedono diritto alla carità della tenerezza, alla dignità, al rispetto, che chiesa “cristiana”, evangelica siamo?

I tedeschi si indagano per conoscere e allontanare colpe che hanno così tanto turbato il vescovo di Spira Karl Heinz Wieseman che si è preso una sosta per riprendersi dopo la lettura di dossier su atroci violazioni di minori, ma anche le condizioni personali di disagio di un clero che dichiara i danni della solitudine, l’alcolismo, la consapevolezza di mancata realizzazione di sé e la questione centrale del celibato. Se il Sinodo tedesco aggiunge l’importanza del protagonismo delle donne nella Chiesa e dalla loro vocazione sacerdotale, i termini della questione sono ben conosciuti anche in Italia in quanto periodicamente fa scoop giornalistico e appare netta la contraddizione tra un papa che immaginiamo intenzionato a risarcire le donne e ritiene di avere le mani legate. In realtà è il problema centrale perché ormai storico. Si vedrà quanto il Sinodo tedesco saprà realizzare l’obiettivo di p. Rahner, ancor prima del Concilio: tirar fuori il fuoco da sotto la cenere. Purtroppo si sa che la cenere, se la smuovi, potresti arrivare al fuoco, ma bisogna fornirsi di robuste mascherine per non intasare i polmoni.

 

Giancarla Codrignani

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