Koinonia Marzo-Aprile 2021


CHRISTIAN ALBINI TEOLOGO PARROCCHIALE

 

Christian Albini era un teologo parrocchiale. Nel senso che la sua carriera non si sviluppò in accademia, certo, ma più ancora nel senso etimologico del termine (para - nei pressi, oikos - abitazione): il suo spazio di azione è stato la comunità, le comunità all’interno delle quali la vita lo ha chiamato ad esprimersi.

La sua vocazione di teologo, ma anche di padre e di insegnante, è cresciuta in età giovanile, durante semplici, ma intense, esperienze di vita parrocchiale. Il suo primo maestro spirituale fu il parroco degli anni della sua giovinezza, don Agostino Cantoni, la cui opera è ancora ricordata in città poiché seppe coinvolgere l’intera comunità parrocchiale in scelte radicali in favore degli ultimi, con autentico stile evangelico.

Naturalmente, dobbiamo immaginare che molti altri incontri di quegli anni furono determinanti per la maturazione di Christian. Dapprima la pastorale giovanile, in seguito le vacanze estive in compagnia dei portatori di handicap che sfociarono nell’esperienza di condivisione abitativa della casa-famiglia. Visse in piena integrazione con la sua comunità senza che tale dimensione arrivasse ad esaurire le sue occasioni di socialità. La vita di Christian seguiva percorsi consueti, aveva i suoi amici, le sue distrazioni, la famiglia. La sua vocazione, il suo carisma, si realizzarono attraverso la testimonianza di un percorso di vita cristiana nella ricchezza e nella concretezza del vivere quotidiano. La rivista “Credere”, in un articolo dell’aprile 2016, lo definì felicemente “il teologo con i piatti da lavare”.

In età adulta Christian mantenne questo stile, semplicemente allargando il campo della sua azione. Oltre al servizio all’interno della parrocchia e della diocesi di Crema, che mai abbandonò, la sua vocazione fu infatti tradotta in scambi e collaborazioni con diverse comunità ecclesiali. Non è possibile proporre qui un elenco completo delle sue attività ma ci sembra significativo ricordare il contributo che diede alla fondazione dell’associazione Viandanti e le frequentazioni con la comunità monastica di Bose. I suoi scambi hanno toccato comunità cristiane di variegata formazione, in Italia e nel mondo, senza trascurare l’ecumenismo. Uno dei motori fondamentali di questi incontri, una delle porte aperte da Christian, fu il blog “Sperare per tutti”, attraverso il quale volle cercare di portare la riflessione teologica nei flussi dell’attualità e nei tempi del vivere quotidiano. Questa scelta è particolarmente indicativa dello stile di Christian, in quanto ci mostra come la sua ricerca d’innovazione si muovesse sul fronte delle modalità come su quello dei contenuti. Grazie alla rete, inizialmente al blog e successivamente a diversi social, egli esplorava nuovi canali di comunicazione. I contenuti discussi erano proposti con mitezza e sobrietà ma affrontavano tutti i territori di frontiera del dibattito teologico, ecclesiale, sociale e politico. Si occupò di formazione del clero, di presenza dei laici nelle attività pastorali, di dialogo interreligioso, di gender studies, d’immigrazione, della violenza e della manipolazione delle opinioni attraverso i media, del rapporto con la malattia e il dolore, del valore della vita interiore nella società contemporanea, e molto altro, naturalmente.

Il testo qui presentato esprime, a nostro parere, l’espressione più matura della ricerca di Christian. Come lui stesso dichiara nell’introduzione, si tratta di tratteggiare un “nuovo lessico antropologico mediante il quale i significati della rivelazione biblica diventino maggiormente accessibili”. Per apprezzarlo al meglio può essere utile ripercorrere brevemente le ultime fasi della sua genesi.

Fin dai primi anni dell’età adulta Christian fu tormentato da sviluppi tumorali che gli imposero interventi chirurgici e monitoraggi frequenti. Nel 2016 si era sottoposto a un controllo che non aveva evidenziato anomalie. Nell’autunno dello stesso anno la situazione iniziò tuttavia a peggiorare rapidamente. Christian decise quindi di accelerare il suo lavoro su questo testo. Gran parte del testo viene dattiloscritto e revisionato con cura da lui in prima persona. La parte di discussione in chiave etico-politica dei luoghi del “vivere umanamente” rimane tuttavia da ultimare. Negli ultimi giorni del 2016 Christian ci lavora alacremente, nonostante la malattia volga ormai a uno stadio avanzato. Raccoglie in forma manoscritta i pensieri conclusivi del suo lavoro. Il 31 dicembre 2016 pubblica su Instagram una foto del manoscritto e commenta in questo modo: «L’ultimo giorno del 2016 concludo un lavoro che mi ha impegnato gran parte dell’anno». Il 3 gennaio 2017 sul suo blog Christian pubblica una sorta di commiato: “Questo blog è diventato uno strumento di contatto con molti amici. Cercherò di mantenerlo finché posso, ma devo avvisare che, trovandomi in una situazione di precarietà e fragilità di salute, gli aggiornamenti saranno d’ora in poi meno consistenti e sistematici. A tutti, un caro saluto”. La sua ultima pubblicazione data 4 gennaio 2017, cita il Salmo 4: “Nella pace mi corico e presto mi addormento. Solitario nella speranza mi fai riposare, Signore”. Nelle prime ore del 9 gennaio 2017 Christian Albini affida il suo spirito al Signore.

Il manoscritto che ci ha lasciato, a pochi giorni dal decesso, rappresenta quindi il compimento del suo lavoro. Tuttavia, il livello di revisione di quella parte del testo, che in questa edizione occupa il quinto capitolo, è inferiore al resto e crediamo che il lettore ne debba tenere conto. Il manoscritto è stato trascritto da alcuni amici di Christian e trasferito all’editore per un esame finale. Dobbiamo immaginare che se l’autore avesse avuto l’opportunità di revisionarlo personalmente, alcune parti sarebbero state estese, approfondite o rese più chiare. Questa caratteristica del testo non deve tuttavia farci percepire l’opera come incompleta. Piuttosto, pensiamo che la circostanza ci aiuti a ricordare che ogni opera, come ha insegnato Umberto Eco, è aperta, ovvero la sua interpretazione richiede inevitabilmente

un intervento del lettore che con la sua competenza e le sue conoscenze è chiamato a colmare i molti elementi di non detto, di non specificato, che sono presenti in un testo. In questa chiave il testo può addirittura acquisire una potenza maggiore.

Alcuni passaggi dell’ultima parte appaiono scarni, ma nella loro essenzialità non possono che stimolarci ad una aggiunta di riflessione. Un richiamo a contribuire, noi stessi, alla ricerca di un “nuovo lessico antropologico”. Esplorare e mettere in funzione un lessico capace di rendere “i significati della rivelazione biblica” vividi, più vicini alle ragioni e alle attese della nostra vita di tutti i giorni, alle evoluzioni e alle sfide della società. Un invito a migliorare la nostra capacità di leggere i segni del tempo, per abitare l’incontro con l’altro come pienezza.

Una prospettiva che, siamo sicuri, Christian avrebbe accolto con un sorriso.

 

Paolo Ceravolo

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