Koinonia Gennaio 2021


COSA CI SI ASPETTA DAL PAPA

 

“Prima se ne va, meglio è”. Questa è l’opinione espressa in modo chiaro da una certa parte dell’opinione pubblica, minoritaria certo, ma chiassosa e a suo modo influente. Significa che papa Francesco si dovrebbe ritirare al più presto, come ha fatto il suo predecessore, o sottintende anche altro?

È interessante notare che queste posizioni hanno un carattere trasversale. Sono infatti espressione dei cattolici integralisti, quelli stessi che in presenza di un papa diverso, a loro più congeniale, si porrebbero a paladini del pontefice di Santa Romana Chiesa per ragioni di principio. Ma quelle stesse idee sono proprie anche dei cosiddetti atei devoti, cioè di coloro che, da non credenti, vedono nella religione un solido pilastro a sostegno di una politica reazionaria sempre a difesa delle classi dominanti. A tutti questi signori papa Francesco non piace, né potrebbe mai piacere, in quanto a loro avviso tradirebbe il ruolo della Chiesa collocandosi su posizioni eretiche, quindi sovversive.

Una parte più significativa dell’opinione pubblica, espressione di un conservatorismo “di buon senso” (ma spesso anche di settori moderatamente “progressisti”) con toni pacati e concilianti assume nei confronti di Francesco una posizione di deferente sufficienza: è normale che il papa sia solidale con i poveri, è il suo mestiere, del resto, ma la politica deve fare i conti con la realtà perché l’economia è un’altra cosa: è al PIL (Prodotto Interno Lordo) che bisogna guardare innanzitutto, cioè alla crescita di un paese, e se questo genera povertà e malessere in una parte della popolazione, pazienza, è un dato che bisogna mettere in conto, sono “danni collaterali” inevitabili (1).

La grande stampa e la maggioranza dei media esprimono questo pensiero, magari in modo soft, perché non ci si può mettere apertamente contro un papa che tutti i sondaggi indicano come il personaggio più apprezzato e più amato del mondo, anche dai fedeli di altre religioni, anche da tanti non credenti. Piuttosto sottolineano atteggiamenti del pontefice che esprimono posizioni in sintonia con la Chiesa tradizionale riguardo ai temi etici, anche se Francesco non usa mai l’espressione  “valori non negoziabili” e mette sempre la misericordia al primo posto, non una condanna senza appello. In quanto poi al pensiero e all’operato di questo papa, sottolineano sempre il carattere “pastorale” del suo pontificato, a differenza di quello “teologico” di Benedetto XVI, come a dire che il messaggio di Francesco, che apparentemente non manca di buon senso, non possiede un  grande spessore.

In quanto poi alla visione liberatrice del Vangelo di Francesco fanno di tutto per edulcorarne la portata. Interessante a questo proposito è lo scritto L’ENIGMA BERGOGLIO dell’autorevole giornalista del Corriere della Sera Massimo Franco, volto noto al grande pubblico perché ospite frequente di trasmissioni televisive. Sostiene l’autore che la Teologia del Popolo del papa argentino si pone in contrasto con la Teologia della Liberazione, del resto attualmente in bassa fortuna; un modo come un altro per ridurre la carica innovativa di Francesco. Non so se le parole di Massimo Franco rivelino una scarsa conoscenza delle posizioni di questo papa che molti definiscono rivoluzionarie, almeno sul piano sociale, o se il giornalista le distorca di proposito. Sta di fatto che esce totalmente dal seminato. È ben vero che Francesco non assume, a parole, una netta posizione favorevole nei confronti della Teologia della Liberazione, la qual cosa si configurerebbe come una condanna esplicita dell’operato dei due papi che l’hanno preceduto (2), ma le tesi che esprime in tutti i suoi interventi pubblici, e in particolate nelle encicliche LAUDATO SI’ e FRATELLI TUTTI, sono in sintonia con la Teologia della Liberazione riguardo alle scelte di fondo: la giustizia sociale, l’armonia col creato e quindi la difesa “integrale” dell’ambiente e di chi in quell’ambiente vive, la pace fra i popoli, la condanna senza mezzi termini del neoliberismo.

Recentemente Carlo Petrini (fondatore di SLOW FOOD, dell’associazione TERRA MADRE e delle comunità LAUDATO SI’, ispirate ai valori dell’enciclica di Francesco), durante un’intervista  rilasciata al quotidiano IL MANIFESTO, riferiva degli incontri avuti col papa in questi anni sul tema della “ecologia integrale”. Ho trovato quel testo così interessante che subito ho voluto leggere  TERRA FUTURA, il libro di Petrini che riporta quei tre colloqui con papa Bergoglio. È una lettura che consiglio vivamente a tutti quanti per comprendere a fondo la spiritualità cristiana di Francesco che si fonda sull’amore senza fine per l’uomo, e in particolare per il povero, per lo sfruttato, per lo “scartato”. Sì scartato, perché l’economia perversa oggi dominante non produce solo sempre più sfruttati in ogni parte del pianeta, ma anche scartati, uomini e donne che non lavorano, non producono e non comprano (vivendo di carità e di scarti) e quindi sono percepiti come un peso inutile, vuoti a perdere. Saranno gli ultimi a cui verranno somministrati i vaccini contro il covid, saranno i primi a morire finché il virus non verrà debellato.

Le encicliche del papa affrontano fino in fondo il tema dell’ingiustizia sociale riguardo al quale  l’intervistatore Petrini e l’intervistato Bergoglio mostrano una perfetta sintonia.

In quanto alla questione dell’ecologia integrale, già affrontata a fondo nel Sinodo sull’Amazzonia, entrambi concordano che la difesa dell’ambiente, delle foreste, dell’aria, delle acque dei fiumi e dei mari implica un cambiamento radicale dell’economia mondiale che, ispirata al modello estrattivista (cioè di rapina delle ricchezze del pianeta al fine di incrementare la ricchezza di pochi) provoca disastri tali da mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza del pianeta. Era questa la questione centrale del Sinodo sull’Amazzonia - afferma con forza papa Francesco -, mentre  i media di tutto il mondo hanno parlato quasi esclusivamente della questione dei preti sposati, dato che l’Amazzonia grande come un continente ma abitata da poche decine di milioni di persone, in maggioranza  indigeni, vede la carenza di religiosi ordinati che possano garantire i sacramenti a tutta la popolazione. Un modo palese per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da quello che è il vero peccato sociale: la creazione di un’umanità senza futuro, senza speranza.

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A costo di uscire dal seminato mi piace riportare un passo del libro che mostra un aspetto fondamentale del carattere di Francesco: un’ironia che scaturisce dalla libertà interiore. 

Petrini racconta un episodio della vita della sua famiglia che agli occhi di un cattolico bigotto e integralista potrebbe sembrare blasfemo. “Mia nonna, una donna cattolicissima di Bra (cittadina del Piemonte) sposò mio nonno, Carlo Petrini, ferroviere socialista e fondatore del Partito Comunista locale. Quando nel ‘48 i comunisti vennero scomunicati, lui era già morto, ma mia nonna andò a confessarsi. “Per chi vota lei?”, le chiese il prete. E lei rispose che avrebbe votato comunista come il suo povero marito. Il prete le fece notare che non avrebbe potuto darle l’assoluzione. Al che la nonna ci pensò e rispose: “E se la tenga!”.

Al che Francesco: “Saggezza, era saggezza!”.

Insiste Petrini: “Perché non era facile nel ‘48 dire a un confessore: se la tenga l’assoluzione, perché lei era cattolica, eh!”.

Ride Francesco: “Se la tenga! È un modo molto colto di mandarlo a fare una passeggiata!”.

 

Bruno D’Avanzo

 

NOTE

(1)  I più fedeli assertori della bontà del libero mercato sostengono addirittura (a dispetto di quello che la storia ha sistematicamente dimostrato nel corso di più di due secoli, cioè da quando il capitalismo si è andato imponendo come sistema economico a livello mondiale) che la crescita, di per sé, creerebbe benessere per tutti i ceti sociali.

(2)  Sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno tentato in tutti i modi di emarginare i Teologi della Liberazione obbligandoli al silenzio ed allontanandoli da incarichi accademici; ma soprattutto si sono adoperati per creare loro il vuoto attorno sostituendo ove possibile vescovi vicini al popolo (in gran parte nominati sotto il pontificato di Paolo VI, di ispirazione conciliare) con religiosi teologicamente tradizionalisti e conservatori. Questi indirizzi pastorali (al di là delle intenzioni dei due pontefici) ebbero conseguenze drammatiche per le popolazioni dell’America Latina, e in particolare per i poveri, in quanto favorirono indirettamente l’avvento di dittature, o quantomeno di regimi autoritari, che oppressero quei popoli per decenni.

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