Koinonia Gennaio 2021


Sollevato da un articolo di E.Galli della Loggia

IL CASO SERIO DELLA FEDE

 

Il 30 dicembre 2020 l’attenzione va all’articolo di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera “I grandi temi che la Chiesa ha pensato di non vedere”, in cui laicamente pone una questione che non sarebbe male avere  presente anche da credenti. Egli prende le distanze dall’opinione diffusa che quello di Francesco sia un pontificato ”addirittura rivoluzionario”.  Per la semplice ragione “di una pastorale tutta rivolta alle grandi questioni mondiali... e di una straordinaria e quasi indiscriminata apertura alle diversità culturali, al dialogo tra le fedi”. Ma a fronte di questo egli registra “un silenzio e una mancanza pressoché assoluta di riflessioni e di iniziative sulla condizione generale che il mondo stesso riserva oggi alla fede cristiana e alla Chiesa stessa”.

È questo il punto critico a cui siamo richiamati, che non manca di una sua fondatezza e che ci è capitato di segnalare già altre volte come rischio: quello di una proiezione universalista della chiesa su vasta scala da una parte, mentre dall’altra abbiamo un’accentuata autoreferenzialità. Non si tratta di mettere sotto accusa il Papa, semmai di stare attenti noi stessi a non cadere ancora una volta in qualche forma di “neo-papolatria” che potrebbe far comodo ad una chiesa abituata a delegare. Non è da escludere che lo stesso papa tiri troppo la corda verso le “questioni mondiali” proprio per far uscire da se stessa una chiesa che ha occupato beatamente i suoi spazi di culto, di riti, di devozioni, contenta di avere un papa che la sostituisce nel mondo.

Non c’è dubbio che in una visione d’insieme appare qui il nodo da sciogliere sulla presenza della chiesa nel mondo, e non possiamo continuare a girarci intorno o in un senso o nell’altro. Tra le ragioni che  Galli della Loggia adduce della crisi inedita in atto tra “chiesa e mondo”, c’è anche questa: “Innanzitutto la sparizione di ogni residuo di quella che un tempo era la Cristianità intesa come fatto pubblico, cioè come connessione tra istituzioni religiose e istituzioni politiche che per secoli ha caratterizzato tutti i regimi europei, ancora in sostanza sul modello dell’Impero romano”. Il fatto è che si tratta di una sparizione solo annunciata e con riflessi sociali e di costume, ma tutt’altro che reale quanto ad impostazione mentale e ricerca di ricambio. E mentre egli sembra invocarla di nuovo, Papa Francesco rischia senza volerlo di ricrearla a dimensioni mondiali col suo ruolo di supplenza umanitaria!

Le reazioni a Galli della Loggia non sono mancate, anche stizzite e  sprezzanti, come se avesse attentato al Papa e non avesse offerto una sua lettura della situazione! Ma ci sono anche reazioni più ragionate che merita segnalare. C’è un articolo di Bruno Forte sul Corriere della Sera del 3 gennaio  - “Il bisogno e la ricerca di Dio restano sempre vivi e presenti” - con cui desidera “unicamente contribuire a comprendere quanto sta avvenendo nella Chiesa da un altro punto di vista, quello di un teologo e vescovo che quotidianamente s’interroga sul come annunciare il Vangelo credibilmente al mondo di oggi”.

Al problema dunque ci siamo, ma con la preoccupazione di correggere il tiro e volgere in positivo la questione sollevata, declassandola a  marginale dato di fatto. Infatti sostiene che, “al di fuori del Nord del mondo, la dimensione religiosa della vita continua ad essere vissuta come forza portante nell’affrontare le sfide quotidiane”, e “il bisogno e la ricerca di Dio restano vivi e presenti”. E osserva ancora: “Che poi vi sia stata una «fine della cristianità», intesa come scomparsa progressiva del riconoscimento e del peso del cristianesimo come fatto pubblico, è un dato che, tuttavia, è stato perfino incoraggiato dalla valorizzazione della dimensione spirituale ed evangelica dell’esperienza cristiana promossa dal Concilio Vaticano II. Nessun credente pensante, nutrito dai testi conciliari, rimpiange le stagioni dell’Inquisizione o il collateralismo politico del passato, riconoscendo anzi nella scomparsa di questi tratti un’autentica liberazione per la Chiesa impegnata nell’annuncio della buona novella”. Che la “fine della cristianità” sia stata dichiarata e incoraggiata a tutti i livelli è sì un dato di fatto, ma si può anche dire che un fatto reale?

In una sua replica sempre sul Corriere della sera (“Ma il futuro della Chiesa è solo tra le plebi?”, 3 gennaio), E. Galli della Loggia riparte proprio dal fatto che nel mondo attuale le domande esigenti sul senso della vita e la ricerca di Dio sono vive. Ma proprio questo fatto innegabile pone per lui – e non solo per lui – un altro grosso problema: “Ma proprio per questo mi sembra che da parte della Chiesa sia assolutamente carente una riflessione sul perché mai la sua pastorale non riesca più in alcuna misura a soddisfare le domande e il bisogno di cui sopra. Perché mai essa non riesca in alcun modo a incontrare la nostra epoca, in particolare nei punti alti del suo sviluppo”. È il deficit culturale di cui soffre la fede, che non può essere colmato da presenzialismo sociale o da cultualismo religioso separati!

Lo stesso 3 gennaio prende la parola da teologo Giuseppe Lorizio in settimananews con l’articolo Oltre la «religione civile» e il «cristianesimo borghese»”. Anche lui mette a fuoco la questione di fondo in questi termini: “Si tratta, infatti, dell’identità del Cristianesimo nel mondo contemporaneo, della sua efficacia, del presunto venir meno della sua capacità di coinvolgimento e della sua forza propulsiva”. Per quanto riguarda il “declino del cristianesimo”,  egli non oppone a Galli della Loggia il sentimento religioso diffuso, ma afferma che “non pare possa tout court essere interpretato come un’eclisse della fede”: una fede che anzi ne beneficerebbe, in quanto verrebbe meno  la “religione civile” che ne esprime la valenza etica, ma la fede non è “solo un ethos”.

E a proposito di cristianità, riporta le precise parole del papa del 21 dicembre 2019: “Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata”. Ma anche qui il problema si sposta e non fa che rivelarsi per quello che è in questi precisi termini: “La riduzione cultuale della fede cristiana compromette radicalmente il suo carattere profetico-critico e, disincarnandola, solo apparentemente la rende efficace”. E allora?

Allora la vera questione è la fede, non il papa, non il cristianesimo, non la cristianità e la religione borghese o altro. E se la fede non è riducibile a ethos o a culto, ha le sue ragioni Galli della Loggia quando ci parla di una pastorale tutta rivolta alle grandi questioni mondiali, e quando ci parla di una pastorale carente di riflessione cha abbia il mondo all’ordine del giorno! È una bella matassa da sbrogliare, ma è chiaro che non servono più soluzioni con formule ideali, se non si passa ad una rigenerazione o predicazione della fede dal basso e a tappeto. Forse, quanto a consapevolezza la fede non è ancora un “caso serio”, come lo è nelle cose.

 

ABS

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