Koinonia Novembre 2020


FRATERNITÀ UNIVERSALE POCO ATTENTA  ALLA FRATERNITÀ ECCLESIALE

                    

<...> A chi si rivolge? Ai potenti della terra? Ai politici? A cittadini e cristiani? Poiché se gli interlocutori sono i leader del mondo, come convincere proprio coloro che battono le strade del profitto e della mercificazione umana? Quanti, nelle chiese, da sempre si spendono per strappare la fede alle ristrettezze dell’esperienza individuale, separata dall’agone politico, si sentiranno rafforzati; ma cosa ne è di coloro che non si riconoscono in queste urgenze, rubricandole come troppo mondane?

Per convincere gli avversari e conquistare i cuori titubanti, papa Francesco, oltre alla sua autorevolezza guadagnata sul campo, ha in dotazione tutta la forza del suo linguaggio parabolico, ricco di immagini e metafore indelebili (chiesa, ospedale di campo; odore delle pecore...). Tutto ciò è quasi assente nell’enciclica, nonostante il testo richiami tanti discorsi pronunciati nel corso del pontificato. Peccato.

Il vero punto debole del testo, tuttavia, è aver lasciato a margine la sponda ecclesiale, su un tema particolarmente significativo per le chiese. Nell’urgenza di parlare ad un mondo lacerato, il vescovo di Roma si è concentrato poco sulle chiese in cammino verso la riconciliazione, sui fratelli separati all’interno della stessa famiglia cristiana. Solo una manciata di righe è dedicato all’ecumenismo.

Non è un problema politico quello che pongo. Un documento non può affrontare ogni tema; ma è la cosa stessa del testo – i legami fraterni – ad esigere di non sottovalutare il ruolo di laboratorio di fraternità affidato da Cristo alla Chiesa, per illuminare e contagiare in questa direzione il mondo intero. Del resto, non è proprio al soggetto ecclesiale che si rivolge la parola di Gesù evocata nel    titolo? “Non chiamate nessuno Maestro… voi siete tutti fratelli”.

La critica che ha preceduto la pubblicazione della lettera, ovvero la domanda di includere anche le sorelle nel titolo, anticipava proprio questa attenzione. Parlare di fraternità universale, dimenticando le tensioni tra sorelle e fratelli all’interno della propria stessa famiglia confessionale, solleva un problema tutt’altro che linguistico. Oltre che condizione di credibilità, è esigenza evangelica di “partire da sé”, operando per primi, come chiese, quella conversione che è chiesta a tutti e tutte.

 

Lidia Maggi

in “Corriere del Ticino” del 19 ottobre 2020

.

.