Koinonia Novembre 2020


Le prediche di p.Bernardo Gianni in un libro*

 

DIRE A PAPA PERCHÉ CHIESA INTENDA

       

Vengono raccolte in un volume le meditazioni che l’abate di San Miniato al Monte di Firenze, p.Bernardo Gianni, ha tenuto per gli Esercizi spirituali della Curia romana, con la partecipazione di papa Francesco, nella quaresima del 2019 in prospettiva della Pasqua. Il richiamo alla Pasqua non è di circostanza cronologica, perché è il mistero che fa da trama a tutta la riflessione riproposta in questo libro, così come lascia intuire il sottotitolo: “Per sguardi e gesti pasquali nella vita del mondo”. A  fare da ordito di tutto il discorso è la vita liturgica come “opus Dei”, in linea con tutta la spiritualità monastica e con frequenti richiami a san Benedetto.

Un discorso però tutt’altro che intimistico e spiritualistico, perché il modello in cui viene confezionato tutto il tessuto è è quello di chiesa nei lineamenti del Vaticano II e del magistero pastorale di papa Francesco. Ma questa chiesa vista profeticamente come la Gerusalemme celeste, la città di Dio che scende dal cielo (cfr Ap 3,12).

Passare da questa prospettiva alla visione che Giorgio La Pira ha avuto e dato di Firenze il passo è stato breve. Ed in effetti abbiamo qui una rivisitazione del pensiero profetico e dell’opera di giustizia e di pace del Sindaco di Firenze nello scenario storico e politico di quei tempi. Sappiamo come egli volesse elevare Firenze al ruolo di Gerusalemme come “vessillo per tutti i popoli”, da replicare e a cui dare vita. Così come è noto che proprio san Miniato, come Basilica e come monastero, fosse per lui il faro o il simbolo della “città posta sul monte”, luce delle genti  e porta del cielo: “L’immagine della Gerusalemme descritta da Isaia non è quella di una città ideale, ma è semmai, non per un banale gioco di parole, un ideale di città” (p.133).

La miscela simbolica e la potenza evocativa di questi richiami storici e geografici (ci viene ricordato spesso che La Pira parlava di questi luoghi come “geografia della grazia”) non sono del tutto spenti, ma è chiaro che sullo sfondo delle meditazioni, c’è anche la consapevolezza della perdita di eredità e di memoria di quei tempi ormai remoti, e c’è lo stato di abbandono e di degrado anche della Firenze attuale come indice della “città perduta” dei nostri giorni. Ma rimane la vividezza di quel sogno irrinunciabile e sempre oggetto di “ardenti desideri”.

E forse l’ispirazione segreta di tutto il libro è proprio quella di ridare linfa e fiato a questo sogno, che viene riproposto con una citazione del n.71 della “Evangelii gaudium: “La nuova Gerusalemme, la città santa (cfr Ap 21,2-4) è la meta verso cui è incamminata l’intera umanità. È interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza della umanità e della storia si realizza in una città”.

Ed ecco allora il ricorso al poeta Mario Luzi, che è l’interprete e il cantore di questa speranza, con riferimento sempre a Firenze, invitata a ricordare e a risollevarsi nel segno e nel sogno di La Pira. “La città degli ardenti desideri che fu Firenze allora”. Così si esprime la poesia di Mario Luzi posta in esergo a tutto il libro e che poi fa da filigrana al suo evolversi, offrendo  via via temi di

riflessione. (continua a p.24)                                                                                                       È dà qui che viene il titolo a tutto il libro: la città come ardente e irrinunciabile desiderio, nel senso di una fraternità organica e anche politica. Ma nella parola e nella penna di P.Bernardo, la poesia di Mario Luzi non è solo la porta di ingresso per questa rivisitazione della Firenze lapiriana, ma è anche il controcanto poetico al messaggio dello stesso La Pira, che aspetta di essere annoverato tra quei santi che secondo lui hanno fatto di Firenze una porta della Gerusalemme celeste.

Non potendo dare ragione di tutte le sfumature e le tonalità del discorso, c’è però modo di coglierne l’intento di fondo quando si evoca la speranza suscitata dalle ultime parole della Scrittura nel libro dell’Apocalisse: “Una speranza, questa, che è stata nel cuore del sindaco La Pira, ed è stata rievocata con forza, non come memoria nostalgica, ma come speranza disponibile per tutta una cittadinanza, dai versi di Mario Luzi che ci hanno accompagnato, per restituire al nostro cuore una visione generata dall’amore: quella di una città bellissima, di una comunione piena e definitiva, di pianti finalmente asciugati, di cose create e intrinsecamente rinnovate dall’amore e dalla pazienza di Dio” (p.170).

So di potermi permettere fraternamente un’annotazione a margine, per riportare questa meditazione dentro la nostra esperienza di chiesa di questi tempi. Bernardo non poteva non ricordare il “Discorso alla chiesa italiana” di Papa Francesco del 10 novembre 2015 a Firenze (come fa a p. 76), e riporta queste precise sue parole: “Desidero una chiesa italiana inquieta”, e quindi animata da “ardenti desideri” di rinnovata presenza evangelica nel Paese e nella Città. Sappiamo più o meno come sono andate le cose in proposito e quale sia il destino di certi appelli.

Volendo comunque muoversi in una prospettiva di servizio evangelico alla città degli uomini, la domanda che andiamo ripetendoci è questa: se le testimonianze e le eredità storiche ricevute siano ancora la via maestra per rinnovare la presenza della chiesa nel mondo, o non sia invece necessario riandare alla potenza dello Spirito che ne è stata alle origini. È vero che i due procedimenti non si escludono, ma di fatto sembra che sia percorribile solo quello della rirpoduzione o riedizione. Bernardo giustamente si muove nella scia di Benedetto, e quindi in una visione di chiesa territoriale, sedentaria, insediata, ad immagine e somiglianza della Gerusalemme discesa dal cielo come “chiesa-città”.

Forse Francesco e Domenico suggerirebbero un modello di “chiesa-nella città”, più laica, itinerante, mendicante. Mi sono sempre chiesto: come mai dal Concilio in qua hanno avuto tanta fortuna le forme di vita monastica, mentre sembrano destinate a sparire quelle di vita conventuale propriamente intese. Sì, Firenze ha S.Miniato, quasi una fortezza, ma Firenze ha anche santa Maria Novella, Santa Croce, il Carmine, Santo Spirito e San Marco, il convento in cui La Pira ha soggiornato e da lui portato a fonte di spiritualità. Come mai tutto questo non sembra più dire nulla? Ma forse non c’è neanche la convinzione e la voglia di dire qualcosa! Non sarebbe male parlarne, caro Bernardo!

 

ABS

 

*Bernardo Gianni, La città degli ardenti desideri. Per sguardi e gesti pasquali  nella vita del mondo, Edizioni San Paolo, 2019, pp. 192, € 16,00

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