Koinonia Settembre 2020


Dal documento CHIESA E MINISTERO

Verso una Chiesa che abbia un futuro

 

Come andare avanti? 

 

Quando c’è una trasformazione nella concezione dominante dell’umanità e del mondo, quando ci sono cambiamenti socio-economici e si manifesta una nuova consapevolezza socio-culturale, l’ordinamento della Chiesa, come si è sviluppato storicamente, può, di fatto, contraddire e bloccare qualcosa che voleva proteggere fino ad oggi: la costruzione di una comunità cristiana. Ci si potrebbe chiedere se e in quale misura alcune forme e regole che avevano senso ed erano rilevanti e quindi realistiche nel passato siano ancora ragionevoli e realistiche nel nostro tempo, o se, piuttosto, siano controproducenti.

Quando diciamo questo, ci riferiamo specificamente al canone che proibisce agli uomini non celibi di essere investiti della piena leadership di una comunità e alla legge che esclude le donne da questo compito. Storicamente, una filosofia antiquata del genere umano e una concezione ormai sorpassata della sessualità sono all’origine di entrambe queste leggi. Sono leggi ecclesiastiche e quindi umane, non divine.

Nel suo discorso di apertura del Concilio Vaticano II, papa Giovanni XXIII chiamò la Chiesa ad aprire le sue finestre al mondo. Una Chiesa che vuole essere rilevante dovrebbe avere il coraggio e prendersi la libertà di abolire leggi che mortificano la vitalità delle comunità e impediscono in molti luoghi la celebrazione dell’Eucaristia. Spesso, nel passato, pratiche ‘illegali’ diffuse nella base hanno convinto la gerarchia che era logico e ragionevole cambiare la legislazione esistente. Nuovi esperimenti possono indicare strade importanti per i cambiamenti della forma di una Chiesa adeguata alle esigenze del nostro tempo. È vero che nella nostra società occidentale le persone non sposate sono, intrinsecamente, più adatte a essere leader della comunità di fede delle persone sposate? E che nella nostra cultura occidentale gli uomini sono intrinsecamente più adatti a ispirare e guidare una comunità cristiana delle donne? La nostra risposta, e quella di molti altri credenti, è, per entrambe le domande, un inequivocabile ‘no’.

L’attuale penuria di preti è, per dirla tutta, fasulla, e, quindi, irreale. In molte parrocchie, ci sono uomini e donne che già agiscono, in modi stimolanti e che danno speranza, per dare avvio e ispirazione a comunità adatte ai nostri tempi, con cui i cristiani si possono identificare. Molti membri di queste comunità avrebbero piena fiducia nell’‘ordinarli’ come loro leader ufficiali e come ministri che presiedano alle celebrazioni liturgiche. Per tali funzioni, pensiamo, prima di tutto, agli operatori pastorali, uomini e donne, che sono stati nominati ufficialmente, ma anche a molti volontari. Questi uomini e donne sono nel cuore della loro comunità locale, in misura maggiore, spesso, dei preti ordinati. Questi preti sono stati nominati – spesso in più di una parrocchia – per presiedere alla celebrazione dei sacramenti, soprattutto l’Eucaristia. Inevitabilmente, e con loro frustrazione e scoraggiamento, diventano sempre più degli ‘estranei’ per i credenti per cui celebrano nelle Chiese.

 

Linee guida per i leader della chiesa

Quali criteri utilizzare per selezionare le guide comunitarie?

-Coloro che presiedono le celebrazioni dovrebbero essere membri delle comunità in questione. Che siano uomini o donne, omo o eterosessuali, sposati o non sposati è irrilevante. Ciò che interessa è che la loro fede sia di ispirazione e di stimolo.

-Essi dovrebbero inoltre essere esperti, in particolare in relazione alle Scritture e  tutto il materiale della tradizione cristiana, per poter predicare

-Dovrebbero lasciare che la comunità esprimesse la propria creatività liturgica

-È anche importante che abbiano un talento flessibile per l’organizzazione, con la capacità di individuare le nuove e valide tendenze che attecchiscano nella comunità.

 

Un appello urgente

Con una certa urgenza invitiamo le nostre comunità di fedeli e le parrocchie a rendersi conto di cosa è in gioco nell’attuale condizione di emergenza dovuta alla penuria di preti celibi ordinati e a prendersi – e a essere autorizzati a prendersi – quegli spazi di libertà teologicamente giustificati per scegliere un leader o un gruppo di leader al proprio interno.

Sulla base della precedenza del ‘popolo di Dio’ rispetto alla gerarchia – esplicitamente enunciata durante il Concilio Vaticano II – ci si potrebbe aspettare che il vescovo diocesano confermi questa scelta, dopo un’adeguata consultazione, per mezzo dell’imposizione delle mani. Se un vescovo dovesse rifiutare questa confermazione o ‘ordinazione’ sulla base di argomentazioni che non riguardano l’essenza dell’Eucaristia, come il celibato obbligatorio, le parrocchie possono essere sicure di essere in grado di celebrare la vera e genuina Eucaristia quando si riuniscono in preghiera e condividono il pane e il vino.

Invitiamo le parrocchie a comportarsi in questo modo con una grande dose di coraggio e sicurezza in se stesse. Bisogna sperare che, stimolati anche da questa pratica relativamente nuova, i vescovi possano in futuro comportarsi secondo il loro compito di servire ed eventualmente confermare i leader delle comunità locali nel loro ufficio.

In conclusione, vorremmo sottolineare ancora una volta che i nostri argomenti si basano sulle dichiarazioni del Concilio Vaticano II e sulle pubblicazioni di teologi di fama e esperti di pastorale che si sono distinti a partire da questo concilio. Ne presentiamo di seguito una selezione.

Il pastore svizzero Kurt Marti, conosciuto per le sue dichiarazioni intelligenti, chiare e precise, ha scritto: Dove andremo a finire se ognuno dice ‘dove andremo a finire’ e nessuno cerca di capire dove saremmo andati a finire se fossimo andati avanti?

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