Koinonia Aprile-Luglio 2020


Il 22 di marzo cadevano i 70 anni dalla morte

di Emmanuel Mounier, divenuto a noi famialiare

attraverso la passione e la voce di Ettore De Giorgis.

Un invito a ricordarlo lo facciamo con alcune sue parole del 1947

“assumere” più che “incarnare”

 

Molti cristiani dicono: “Noi abbiamo una dottrina di salvezza, non c’è che da incarnarla nel mondo così com’è”. Questa logica dell’incarnazione copre sempre più spesso un giuoco di mano che bisogna rifiutare, una volta per tutte, sia che le sue conclusioni siano bianche sia che siano rosse.

Non ci si faccia dire ciò che noi non diciamo. Noi non contestiamo il fatto che un cristiano debba interrogarsi sull’incidenza delle strutture politiche nello statuto spirituale di una società, né domandiamo a nostra volta che come cristiano voti sì piuttosto che no. Noi diciamo soltanto che niente è più ambiguo, fragile e contestabile delle deduzioni politiche tratte dai principi cristiani.

Effettivamente, in queste pretese deduzioni, viene ad insinuarsi un’interpretazione sociologica dei principi cristiani. Essa passa inavvertita perché è comune oggi a una gran massa di cristiani, ma non è affatto legata all’essenza tradizionale del cristianesimo… Del resto, la dottrina dell’incarnazione aveva valore finché un mondo impregnato di-cristianesimo offriva all’irraggiamento cristiano delle prese efficaci: nelle nuove condizioni, esso non ne dispone più.

Un mondo che si costruisce un sistema di valori e di strutture indipendenti dal cristianesimo, benché spesso siano ad esso più estranei che ostili, si rifiuta evidentemente di ricevere una consacrazione da un universo che gli è estraneo. Montuclard sottolinea d’altronde quanto poco conforme allo spirito cristiano sia questa psicologia da ricco proprietario che di fronte a ogni novità reclama un diritto di proprietà anteriore, anche se non ha per nulla partecipato alla sua scoperta. Di fronte a ogni verità, da qualunque parte essa venga, il primo dovere del cristiano è il rispetto.

Ora, se esiste un fatto incontestabile di buona fede, è che nello sforzo di organizzazione del mondo che continua da due secoli, specialmente in materia politica, sociale ed economica, il mondo cristiano, nel suo insieme, nonostante sacrifici più eroici e fervori più ardenti che bene applicati, è in un ritardo talvolta considerevole sul mondo senza aggettivi. In queste materie, dunque, un’elementare onestà morale ed intellettuale esige che, anziché dogmatizzare, anziché dedurre frettolosamente qualunque cosa da qualunque cosa, il cristiano vada a scuola. Che anziché servirsi, per incarnare la sua dottrina, di uno strumento fuori moda e inefficace che lo rende ridicolo, egli da un lato la approfondisca, e dall’altro osservi, si istruisca, colmi la sua lacuna. Riguardo dunque alle proposte e ai valori che sono nati, in materia temporale, al di fuori del suo clima sociologico, egli avrà oggi ben più spesso da “assumere” (correggendo, senza dubbio) che non da «“incarnare”.

Così, su altre dimensioni, questa volta sociologiche più che geografiche, la cristianità è oggi ancora una volta tesa fra Pietro e Paolo, fra la fede nel rinnovamento mediante il contatto dei gentili e il protezionismo: spirituale della comunità primitiva. Solo a questo livello il problema può essere posto con chiarezza. Che il cristianesimo possieda le sole parole di vita, è una cosa. Che il mondo cristiano ne sia oggi il solo o il principale portatore, che le vie di Dio siano necessariamente le vie dei suoi giudizi pratici, nella maggioranza dei casi, è un›altra questione.

Si può confutare, condannare, estirpare un errore o un’eresia. Non si confuta un dramma; e la cristianità, nella sua pace di superficie, affronta oggi il più terribile dei drammi in cui essa, finora si sia trovata impegnata. Il cristianesimo non è minacciato di eresia: non appassiona più abbastanza perché ciò possa avvenire. È minacciato da una specie di silenziosa apostasia provocata dall’indifferenza che lo circonda e dalla sua propria distrazione. Questi segni non ingannano: la morte si avvicina. Non la morte del cristianesimo, ma la morte della cristianità occidentale, feudale e borghese. Una cristianità nuova nascerà domani, o dopo domani, da nuovi strati sociali e da nuovi innesti extra-europei. Bisogna fare attenzione a non soffocarla col cadavere dell’altra.

 

Emmanuel Mounier

In Agonia del cristianesimo, pp. 40-45 passim

.

.