Koinonia Aprile-Luglio 2020


P.Dalmazio Mongillo figlio e interprete di Domenico

 

CONTEMPORANEITÀ E UNIVERSALITÀ DI UN CARISMA

 

Nel carisma di Domenico emergono due costanti: la decisione di imitare, nella sua totalità, la regola degli Apostoli, la loro forma di vita, caratterizzata dall’esperienza della familiarità con il Signore e dalla sollecitudine di portare avanti  la sua opera, e il fatto della inclusione di persone non appartenenti all’Ordine sacro, donne e uomini, viventi nel mondo e consacrati nella vita religiosa, in questo progetto organico e complesso di evangelizzazione.

La strutturazione di questo «microcosmo del Popolo di Dìo», di questa Chiesa universale dei fedeli  non solo non attenua le prerogative specifiche dei Vescovi, ma le fa rifulgere in modo tutto singolare, le arricchisce della pregnanza della partecipazione dei fedeli alla irradiazione della stessa missione. Questo rinnovamento non si attuò senza crisi, perché mise in questione l’intera struttura della Chiesa. Eppure il riconoscimento e l’istituzionalizzazione di questa novità costituiscono un apporto di primaria importanza alla fioritura della Chiesa.

S.Domenico si è ostinato a far riconoscere dalla Chiesa gerarchica la necessità per la Chiesa stessa, di stringere il legame allentato e disperso tra la Parola ricevuta e la Parola offerta e di incarnarlo coerentemente in una maniera di vivere significativa. Egli, come d’istinto, ha voluto conglobare nella sua intuizione apostolica tutto il popolo di Dio non per farlo membro di un ordine religioso, ma per crescere insieme, in intimità con Cristo, nella cooperazione alla salvezza del mondo. La predicazione che Egli ha voluto, è tutta orientata all’attuazione della missione della Chiesa e cioè di quella comunione che sorge per la fede amorosa in Gesù Cristo, che si nutre dell’intimità di vita con Lui, che cresce con il desiderio e la decisione di invitare altri a sperimentarne la bellezza.

L’universalità di questo carisma permette di spiegare in qualche modo il fascino che esercita sui credenti. La via di Domenico è missionaria; è vissuta da un ordine, ma è per l’umanità; il suo campo d’azione è il mondo; è offerta da alcuni alla condivisione di tutti; non esaurisce la sua vitalità nell’interno di una istituzione, ma evidenzia in essa la possibilità di essere percorsa da tutti. Egli ha voluto un Ordine per la predicazione e questa non è fine a se stessa, si snoda nel dinamismo della missione del Verbo’ (S. Caterina) e cioè della riconciliazione del mondo con Dio. Questo scopo, professato e amato, costituisce la regola che norma e orienta la vita dei singoli e delle comunità, rende convergenti le energie. Predicare è, prima di tutto, condividere una visione della vita e della storia; è assecondare la liberazione e la crescita umana; è alimentare la ` passione  di cooperare con gli ultimi perché si scoprano umani e siano felici di accogliersi eredi del Regno.

Quando questa “compassione” è assecondata sfocia nello stile di vita nel quale matura la contemplazione, cresce la sollecitudine non di costruire un’opera ma di rispondere agli immensi bisogni della Chiesa. La predicazione nasce dalla ferita prodotta dal consenso al Vangelo che rende sensibili al grido degli ultimi, degli oppressi, dei diseredati, degli affamati e assetati di giustizia, di pace. Il carisma della predicazione è un dono di Dio per l’edificazione della Chiesa: è multiforme, non è esaurito da nessuna delle sue attuazioni, le postula le vivifica tutte; ne contiene in germe le espressioni, va visto e pensato nella luce della pregnanza della missione fontale degli Apostoli. Esso è forma di presenza nella storia; è destinato a risvegliare e autenticare stili di comunione, a seminare la Parola, a mettere in rilievo le esigenze e le condizioni della sua fruttificazione; implica preparazione adeguata e sollecitudine permanente; è frutto di « studio della verità; di ubbidienza alla Parola; di amore alla Chiesa; di profonda e armonica spiritualità; di vita povera; orante; ha la sorgente e il vertice nell’esperienza personale di Cristo. È una diakonia destinata a coscientizzare e a responsabilizzare; non sostituisce coloro a cui si dirige: è seme di frutto che ha in sé il germe del suo moltiplicarsi.

Ciò significa vivere in sintonia con la Comunità degli Apostoli che è, per tutti e per tutti i tempi, il nucleo germinale, la linfa vitale, di questa condivisione di mistero. Predicare è vocazione sempre nuova, accompagna il cammino storico della Parola del Vangelo, della Parola di Dio viva ed eterna, che genera i figli di Dio e li invita a crescere nel gusto della bontà del Signore (cfr. 1Pt. 1, 22; 2, 3) e ad avere tra i pagani una condotta bella perché «giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio» (ivi 2,12). La comunione con gli Apostoli è l’unico modo di essere Chiesa, di crescere come Chiesa, di annunziare Chiesa e questa comunione è vocazione e grazia per tutti: non è privilegio e appannaggio di nessuno.

Uomini e donne, laici e sacerdoti che accolgono quest’annunzio, si impegnano, ciascuno nello stile specifico della propria vocazione, ad avanzare insieme con coloro che imitano questa vita. Le diverse comunità, nelle varie ere della storia, devono scoprire le forme e gli stili di predicazione omogenei con la propria fedeltà al Vangelo e con la percezione dei bisogni dell’umanità. Quello di Domenico è quel suo modo inequivoco e personale di parlare di Dio e a Dio, di Dio agli uomini e di questi a Dio. Era questo il punto più profondo della sua dottrina spirituale; lo si trova ribadito molte volte nelle deposizioni dei frati ... a più di dieci anni dalla sua morte.

È questo anche il problema di oggi e di sempre, la missione di ogni predicazione che non tradisce la sua sorgente: parlare di Dio, non omettere di nominare l’innominabile non nominarlo invano; indicare la via che Dio segue nel riconciliare il mondo a sé; evocare e autenticare gli stili di vita che sono consoni al riconoscimento di Dio, che portano ad aderire a Lui, mentre si costruisce la sua storia e a non dissociare la storia da Dio, sua sorgente e suo fine. L’annunzio è sinonimo di passione per Dio, di consacrazione alla Verità, a Colui che si rivelò verità, di stile di vita, mosso e orientato dalla sofferenza del male che i peccatori fanno a se stessi, dal desiderio di affrettare il tempo nel quale le manipolazioni e le ingiustizie non oltraggino più la dignità umana e questa non presuma di affermarsi a danno della sua origine. Questa è missione della comunità riconciliata con la sua missione di riconciliatrice, con la verità della vocazione che la chiama a parlare di riconciliazione e ad operare la riconciliazione (cfr. 2Co. 5, 17 ss.).

Il carattere di questa predicazione emerge quando si riflette sul tipo di studio, di contatto con la cultura, che lo sottende. I missionari del Vangelo devono sentirsi vincolati alla disciplina rigorosa dello studio, si formano nelle Università, attuano un annunzio che coltiva assunzione di responsabilità, capacità di discernimento e di diagnosi, creatività. L’universalizzazione di questa missione si attua non a danno della sua serietà e verità, ma nella fedeltà al Vangelo che porta a riscoprire i bisogni e le aspirazioni umane, a discernere, autenticare e promuovere orientamenti di storia. È un aspetto della “itineranza”: ha una funzione specifica; non è alternativa né sostitutiva della predicazione attuata nell’interno della comunità dei credenti in continuità con la celebrazione sacramentale; è al suo servizio; ha funzione di semina, di osmosi di valenze nuove, di promozione, di cattolicità, di apertura di frontiere.

Quando si legge questa storia, così diligentemente ricostruita, nella luce della coscienza contemporanea che la Chiesa ha di sé e della sua missione, si percepiscono le universali valenze di futuro che essa racchiude. In questo carisma di sintesi, il credente rilegge la dimensione più profonda della sua identità e verità di vocazione e di missione. Questa universalità non vanifica le forme di diaconie destinate a illustrarla e a coltivarla: non compromette l’attività specifica dei figli delle lacrime di Domenico, degli eredi della sua ‘predicazione del Vangelo; la rende più urgente; la costringe a centrare, a esplicitare, a chiarire a se stessa il senso e le condizioni del suo attuarsi, a inventare le vie sempre nuove dell’annunzio degno delle cose nuove che in Gesù Cristo sono nate (cfr. 2Co. 5, 17). Vive in Gesù Cristo chi si lascia riconciliare, chiamare a raccolta, per crescere in comunione di missione nel mondo, per far cadere gli ostacoli e le remore che impediscono di crescere e camminare insieme nella via a Dio e nella trasformazione della storia.

 

P. Dalmazio Mongillo  O.P

In: Guy Bedouelle, Domenico la grazia della parola, Borla 1984, pp. 9-13

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