Koinonia Aprile-Luglio 2020


LETTERA DAL PAKISTAN A P. ALBERTO SIMONI

Faisalabad, 2/08/95

Carissimo Alberto,

         che il Signore ti ricompensi per la tua del 14 luglio. La morte di Paolo è stata un trauma per tutti. Pur conoscendo la gravità dello stato della sua salute, noi come certamente voi, si pregava e si sperava in un miracolo. E invece il Signore se lo è portato con Lui nella sua gloria. E noi non possiamo che accettarne la Volontà anche se il cuore sanguina. Grazie per aver voluto pensare di rappresentare anche me ai funerali, a Roma e a Prataccio. Sì, il mio cuore era lì vicino alle sue spoglie. Era il mio migliore amico, confessore (come io il suo), consigliere, padre e fratello carissimo. Dopo il dolore acuto del primo giorno, appena ricevuta a notizia su in montagna, dove ero con un gruppo di suore, la mattina dopo fui invaso da una grande pace. Mi sembrava di sentirmelo vicino, che mi diceva “Non devi piangere. Coraggio. Io sono arrivato alla meta, ma non ho lasciato né te né gli altri. Rassicurati; io sono e sarò sempre con voi, ora più che mai. E così cominciai a ringraziare Dio per il dono di Paolo, e Paolo per il dono del suo amore. Sai la testimonianza più commovente che ho sentito qui? Che tutti e ciascuno, poveri e ricchi, cristiani e musulmani, preti, suore e laici -tutti, dico tutti, continuavano a dire: “Come mi amava!” Paolo, nella sua grande umanità, riusciva a far sentire, a ciascuno che l’avvicinava, l’infinito Amore di Dio. E tutti qui parlano della sua gentilezza, disponibilità, capacità di ascoltare, capire, partecipare ai dolori come alle gioie. Dicono che ogni volta che si parlava con lui si riceveva una carica di Speranza, di coraggio, quasi di certezza che Dio avrebbe aiutato. E si usciva dall’incontro con lui come rinnovati, più buoni, più sereni. Aveva tempo per tutti. Eppure era sovraccarico di lavoro. Ma come uno bussava alla sua porta, lui non ci pensava un istante a lasciare ciò che stava facendo per dare un affettuoso benvenuto con un sorriso e le braccia tese in un affettuoso abbraccio. Dal momento che tu entravi, per Paolo diventavi più importante di tutto il resto, ti donava tutta la sua attenzione, comprensione e amore. Tu lo hai avuto Provinciale e sai cosa voglio dire. Come ci manca! Anche se il suo spirito e il suo amore sono e saranno sempre con noi, sentiremo sempre la sua mancanza fisica. Era, il nostro punto di riferimento. E il suo sorriso intelligente, e affettuoso era per se stesso una carica di ottimismo e di serenità.

Basta così, altrimenti il nodo che sento in gola si trasforma in lacrime. Aggiungo che mentre avevo deciso in un momento di stanchezza e di salute zoppicante, di tornare in Italia per sempre l’anno prossimo, ora non posso più farlo. Ogni giorno c’è qualcuno o qualcuna dei nostri giovani padri o suore o laici che, con le lacrime agli occhi, mi supplicano che non vada via anche io ora che non ci sarà più Paolo. Ed io non posso dire di no, nella certezza che Paolo mi aiuterà a continuare a portare una Croce che sta veramente diventando pesante. Conto anche sulle tue preghiere. Grazie.

 

P. Remigio Botti o.p.

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