Koinonia Aprile-Luglio 2020


PAROLE DI IERI COME SCRITTE OGGI PER DOMANI

 

Leggere parole di ieri come se fossero scritte oggi e significative per il domani è quello che mi è successo rileggendo “Agonia del cristianesimo” per cogliere il messaggio di E.Mounier a 70 anni dalla sua morte, che ricordiamo riportando l’articolo di Giorgio Campanini. Ma l’altra sensazione forte provata è l’”inattualità” di questo messaggio, nel senso che è lasciato cadere nel vuoto come improponibile e irricevibile dalla mentalità accomodante e amorfa dei nostri giorni, priva di sussulti critici, ma quanto mai significativo e urgente. C’è tutto il carico di una lettura sociologica della fede, che “passa inavvertita perché è comune oggi ad una massa di cristiani, ma non è affatto legata all’essenza tradizionale del cristianesimo”.

Risulta estremamente difficile disincagliare la verità della fede dal suo abituale uso religioso, spirituale o sociale che sia. E qui viene ancora da citare quanto si può leggere in questo testo e cioè quanto sia “poco conforme allo spirito cristiano questa psicologia da ricco proprietario che di fronte a ogni novità reclama un diritto di proprietà anteriore, anche se non ha per nulla partecipato alla sua scoperta”. Siamo come quei “sazi”, a cui Gesù rivolge il suo “guai”.

A parte una fede ridotta a puro sentimento religioso o a pura spiritualità intimista, senza spessore, c’è senz’altro un cristianesimo aperto alla dimensione sociale e storica, ma bisogna vedere come detto: o secondo una logica di incarnazione, nel senso di calare verità di fede nelle situazioni, o secondo una forma di assunzione, nel senso di incorporare la realtà umana in cui siamo immersi senza snaturarla, semmai promuovendola ad una esistenza diversa. Che è poi quanto meglio risponde all’Incarnazione come mistero della fede e non solo come schema di applicazione o di regolazione esterna.

Non ci sono “principi cristiani” da cui dedurre conseguenze di ordine sociale o politico, ma ci sono situazioni umane e storiche da assumere per ”salvarle”. Una deduzione da principi dottrinali è plausibile fino a quando c’è un “un mondo impregnato di cristianesimo” che li riconosce e che accetta le deduzioni; ma da quando c’è “un mondo che si costruisce un sistema di valori e di strutture indipendenti dal cristianesimo”, è chiaro che una logica aprioristica di incarnazione non serve più, e il cosiddetto “mondo cristiano” rimane chiuso in se stesso come una monade senza finestre ed accumula ritardo sulla tabella di marcia della storia, tagliato fuori dalla organizzazione del mondo di tutti e nonostante continui sforzi di recupero.

Non è un controsenso presentarsi al mondo con una propria “dottrina sociale” e magari pretendere che venga accettata indiscriminatamente da tutti? In tal caso c’è il disconoscimento del reale stato delle cose e c’è un tradimento dello stesso vangelo contraffatto e veicolato con metodi e con criteri impropri. Nel caso invece di una logica di assunzione c’è da farsi carico in toto delle situazioni, in attitudine di immedesimazione e di incorporazione: andare a scuola e mettersi al servizio del mondo, non tanto per  regolarlo e dominarlo secondo propri progetti, quanto piuttosto per  “salvarlo” con la potenza del vangelo.

La parabola del samaritano può aiutarci a fare chiarezza tra chi si comporta in base a principi e chi agisce secondo il cuore, salvo restando che anche il cuore ha bisogno di razionalità, come quando questo anonimo soccorritore si affida alle strutture. Di qui la provocatoria esortazione di Mounier: “Anziché dogmatizzare, anziché dedurre frettolosamente qualunque cosa da qualunque cosa, il cristiano vada a scuola”. Quello che in fondo raccomandava anche Paolo VI quando ripeteva che il mondo va conosciuto, studiato, amato! E questo perché “di fronte a ogni verità, da qualunque parte essa venga, il primo dovere del cristiano è il rispetto”. È sul piano della verità o della loro realtà che le cose possono ritrovarsi e differenziarsi!

Ma  dove Mounier merita tutta la nostra attenzione è quando mette in rilievo la manifestazione storica ed ecclesiale di impostazioni diverse di rapporto chiesa-mondo: “Così, su altre dimensioni, questa volta sociologiche più che geografiche, la cristianità è oggi ancora una volta tesa fra Pietro e Paolo, fra la fede nel rinnovamento mediante il contatto dei gentili e il protezionismo: spirituale della comunità primitiva. Solo a questo livello il problema può essere posto con chiarezza”.

Senza sapere di questa sua posizione, sommessamente l’abbiamo fatta nostra in seguito per farne il filo conduttore ed il criterio guida del nostro cammino, parlando di “Chiesa dei gentili”. Ma a questo punto non ci rimane che ripetere con maggiore convinzione e sottoscrivere che “Solo a questo livello il problema può essere posto con chiarezza”. Perché tanta paura delle differenze? E perché tanta indifferenza?

 

ABS

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