Koinonia Marzo 2020


Il destino della libertà religiosa

 

Si decidono grandi destini in Egitto. In riva al Nilo, sono anzitutto in gioco le sorti della Primavera araba, a quasi dieci anni dalla rivoluzione di Piazza Tahrir del 2011, e mentre si chiude un’epoca con la morte di Mubarak. Il fallimentare governo islamista del presidente Morsi è stato travolto dalla controrivoluzione del 2013, ovvero, per il successore Al Sisi, dalla rivoluzione che ha completato quella del 2011. A sei anni da allora, è al potere un regime autoritario che fa rimpiangere

le timide libertà degli ultimi anni di presidenza Mubarak, e che tuttavia riesce a ingabbiare in nome della stabilità il più popoloso Paese arabo, oltre cento milioni di abitanti.

 

La drammatica realtà dell’area rende comunque fragile ogni assetto. Un terzo della popolazione è analfabeta e sotto la soglia di povertà, scuole e università pubbliche sono al collasso, l’esercito è onnipotente e la corruzione endemica, gli speculatori saccheggiano l’ambiente, la crescita rallenta. In bilico tra una stabilità che deprime e un cambiamento che spaventa, l’Egitto concentra la paura e la speranza del mondo arabo e medio-orientale, del mondo africano, e soprattutto del mondo religioso che della paura e della speranza detiene la chiave.

 

Culla dell’islam politico dei Fratelli musulmani di Morsi, esperimento sotto Nasser di un islam laico e socialista, incubatore dell’islamismo violento d’importazione saudita, l’Egitto è anche la patria della più grande comunità cristiana di un Paese arabo. Sono proprio i dodici milioni cristiani, e in particolare gli undici milioni di copti ortodossi, i grandi sostenitori del regime di Al Sisi. Forti in patria, le religioni egiziane ambiscono sempre più alla leadership internazionale. Il Papa dei copti

ortodossi si erge a leader mondiale in forza della grande diaspora copta, e ancora più per il significato politico e spirituale di questo cristianesimo che parla arabo. Non meno ambizioso è il Grande Imam di Al Azhar, capo della prestigiosa università islamica del Cairo, faro per i sunniti di tutto il mondo. Facendosi esempio di coabitazione, copti e musulmani egiziani solcano intraprendenti le acque agitate della stabilità di Al Sisi, e al contempo si lanciano nel mare apertodel dialogo interreligioso globale.

 

È nato da questo retroterra il «Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune», firmato un anno fa ad Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi Uniti, dal Grande Imam e da papa Francesco. Proprio l’intreccio diplomatico tra Stati e religioni è il destino più grande che si decide qui in Egitto. A due anni dall’insediamento del nuovo ambasciatore Giampaolo Cantini e dal controverso ripristino della nostra presenza diplomatica dopo la rottura con il governo egiziano, l’Italia cerca di fare la sua parte malgrado la perdurante tensione sul caso Regeni, e la nuova crisi per la detenzione arbitraria dello studente egiziano dell’Università di Bologna Patrick George Zaky. Il 18 febbraio scorso l’Ambasciata d’Italia in Egitto ha organizzato al Cairo un convegno sulla libertà di religione e di credo cui hanno partecipato esponenti di Al Azhar, dei copti ortodossi, del governo egiziano e della Santa Sede. «La Lettura» è stata presente al convegno e alle udienze dell’indomani nelle quali alcuni esperti invitati dalla nostra ambasciata hanno potuto conversare dapprima con il Papa copto Tawadros II nella sua residenza di Abbaseya, nel centro del Cairo, e poi con il Grande Imam El Tayeb, nella sede di Al Azhar.

 

Marco Ventura

in “la Lettura” del 1 marzo 2020

.

.