Koinonia Gennaio 2020
COME LEGGERE LE GRANDI SCRITTURE
Come leggere le Grandi Scritture? È una ricerca che dura da sempre, e può avere tante risposte. Penso non solo a scritture sacre, ma ad ogni grande testo, che continua a parlare nel tempo, a trasmettere bellezza, spiritualità, immaginazione, emozioni, conoscenze, sapienze, speranze, storie e appelli di umanità.
Mi limito ora alle Scritture ebraico-cristiane principali, cioè alla Bibbia, ma credo che il metodo che cerchiamo valga per tutte le altre Scritture in cui l’umanità trova ispirazione alla vita valida.
Sintetizzo pochi punti che mi sembrano, da ciò che mi hanno insegnato, quelli necessari nelle letture di testi che nutrono la vita.
Primo: per sapere che cosa veramente vuol dire l’autore, o gli autori, di quel testo, bisogna avvalersi della lettura “scientifica”, cioè compiuta con le conoscenze linguistiche, storiche, ambientali, biografiche, culturali, critiche.
Secondo: utilizzati quanto meglio possibile questi mezzi e questi insegnamenti, si potrà “tradurre” un testo nella nostra cultura, nel nostro bisogno attuale, con le nostre domande vitali, e confrontarlo con lo spirito del nostro tempo, a stimolarlo. La sostanza più autentica di quel messaggio, che cosa comunica alle situazioni di vita umana del nostro tempo, della nostra società, della comunità di vita in cui siamo?
Terzo: ogni persona, nell’ascolto condiviso, potrà fare la sua lettura-ascolto personale, cioè nella propria situazione esistenziale, vitale: questa pagina che cosa mi dice, che cosa mi rivela, che cosa mi chiede, in che cosa mi smuove e mi stimola, in che cosa mi cambia, in che cosa mi conforta, se lascio che la sua forza agisca in me?
Questo e altro si potrebbe dire, sempre con la cura principale ad evitare due errori e fare due attenzioni:
a) evitare l’errore di manipolare il testo, usarlo come strumento di comodo a sostegno di ciò che già pensavo da solo; e invece fare attenzione ad incontrare una parola “altra” da me, che appella il più intimo di me, perché tanta umanità prima di me l’ha riconosciuta maestra di vita.
B) evitare l’utilizzo puramente estetico: il piacere estetico, l’ammirazione della bella parola, che mi gratifica, ma mi tocca solo in superficie; e invece fare attenzione allo spirito che, pur senza dettatura letterale (e magari insieme a materiale di scarto), anima dall’interno scritture che, in tante generazioni, hanno ispirato qualità umane più alte.
Enrico Peyretti