Koinonia Gennaio 2020
“Era costantiniana”: che cos’è?
L’era costantiniana: che cos’è? Manifestamente un tempo della Chiesa, inaugurato da un certo Costantino, imperatore di Roma, all’inizio del IV secolo. Tuttavia non è qui in questione la sua persona e il suo ruolo che fu considerevole per i cristiani del suo tempo, ma è la situazione permanente che le sue iniziative determinarono. In partenza, dunque, la sua conversione, quali ne siano stati i motivi interiori di cui discutono gli storici, fu certamente un atto di capitale importanza, un grande avvenimento: la fine delle persecuzioni, la stabilità istituzionale della Chiesa, il credito concesso ai fedeli, ne furono le immediate conseguenze. Ma sarebbe stato più di un avvenimento: il fatto si trasformò in qualcosa di ideale suscitando un dinamismo collettivo al servizio delle speranze terrestri del Regno di Dio, penetrando dovunque, discretamente o indiscretamente, con un’influenza anonima sul cammino della società.
Quando dunque si parla di un’ “era costantiniana”, non si vuol indicare un periodo storico determinato, come si parlerebbe del periodo della monarchia capetingia o della dinastia dei Borboni; si tratta di un tempo in cui, sotto l’influenza originaria degli atti di Costantino, si è sviluppato e poi fissato per secoli, un complesso mentale e istituzionale nelle strutture, nei comportamenti e persino nella spiritualità della Chiesa, e ciò non soltanto di fatto, ma sul piano ideale. Così siamo trasportati attraverso più secoli durante i quali questo mito resiste ben al di là del periodo costantiniano e al di là dell’Impero romano.
È molto significativo che questo stesso vocabolo di Impero romano abbia oltrepassato, storicamente e geograficamente, il tempo e lo spazio dell’Impero mediterraneo dell’Antichità : il Sacro Impero romano germanico (i tre epiteti esprimono appieno il groviglio sociologico che ne determina il contenuto), dopo aver dominato l’intero Medio Evo, ha prolungato le sue forme, la sua ideologia ben oltre la sua vita reale, fino a Metternich, che lo voleva restaurare, e persino a Francesco Giuseppe II, nel corso di una guerra (1914-1918) che l’ha definitivamente cancellato, con disperazione di qualche grande chierico.
Al di là di questo quadro, pur sempre omogeneo, l’era costantiniana include nel suo mito il lungo periodo europeo del feudalesimo che fissava, in una società economica e politica diversa, le acquisizioni istituzionali, mentali, devozionali e cultuali della cristianit , soprattutto secondo un certo tipo di monachesimo. Questo d’altronde non avvenne senza contestazioni e fu allora che il credito ecclesiastico di Costantino fu già messo in discussione.
Con l’Ancien Regime, in Francia e in Europa, le cui coordinate religiose sono stabilite dal Rinascimento e dalla Riforma, il capitale costantiniano permane, nei suoi valori e nelle sue pesantezze; e anche la Controriforma del Concilio di Trento, come pure l’ideale del Rinascimento, ne induriscono i contorni in una costruzione giuridica più difensiva che creativa. Tutto ciò ci porta, attraverso la Rivoluzione e in mezzo alle rivoluzioni del XIX secolo, alla società borghese che, pur con l’incredulità volterriana e in un mondo liberale, appoggiava il suo conservatorismo al permanere dell’eredità costantiniana della cristianità. In breve, malgrado le diverse caratteristiche, nel tempo e nello spazio, di queste culture, malgrado varie violente rotture, possiamo riconoscere un certo comune denominatore in una zona chiamata per comodità l’Occidente . Un tempo sociologico dunque e non unicamente cronologico.
Saremmo ora forse alla fine di questo tempo, certo non improvvisamente, ma per una lenta mutazione, culturale, politica e religiosa, che arriverebbe oggi al momento decisivo?
Pronunciarsi su questo punto è cosa seria, nella misura in cui riconosciamo la continuità umana e cristiana, le tradizioni dell’era detta costantiniana: rimessa in discussione di comportamenti sociologici, rottura dei condizionamenti dei cristiani, spostamento più o meno faticoso dei problemi, accesso a nuovi valori per la coscienza umana, e quindi per la coscienza cristiana. Non si tratta di verità di fede, di dogmi e neppure di dottrina in generale, ma di una maggiore profondità psicologica, dell’inserimento della Chiesa in un mondo decisamente nuovo, in un altra cultura.
Se è vero che il cristianesimo comporta, nella trama stessa del suo tessuto, l’impegno nel mondo, e se questo impegno non è qualcosa di marginale, ma la legge stessa della sua incarnazione e la condizione della sua esistenza, è in un mondo non ancora battezzato e che presenta al battesimo impreviste obiezioni, che si pone il problema della cristianità odierna: il problema stesso del Concilio: l’era costantiniana non è forse arrivata alla fine? La Riforma, col Concilio di Trento che la fronteggiò, il Rinascimento con la sua cultura classica, la Rivoluzione, potrebbero essere solo episodi, - episodi dei tempi moderni, come si dice - di fronte alla mutazione molto più profonda che si prepara, mutazione dalle dimensioni cosmiche di una nuova civiltà, che non misura più i suoi investimenti sul capitale dell’Occidente, né sul metro dei suoi rinascimenti.
Marie-Dominique Chenu op