Koinonia Dicembre 2019
ESTHER DUFLO, UNA ECONOMISTA IMPEGNATA
Esther Duflo è una economista di 46 anni nata e cresciuta a Bois-Colombes, una regione parigina, appartiene ad una famiglia protestante, finché ha vissuto nel luogo di nascita è stata impegnata presso la parrocchia d’Asnierès-Bois-Colombes e per diversi anni ha praticato lo scoutismo che le ha permesso di acquisire una grande indipendenza, di attuare progetti e di dirigere gruppi.
Terminate le scuole dell’obbligo Esther va a Parigi per seguire un corso preparatorio al Liceo Henry IV dove incontra Judith e ne diventa amica. Nel 1992 le due giovani donne sono ammesse alla Scuola normale superiore per studiare storia, ma in seguito Esther parte per la Russia al seguito di alcuni economisti. “Ho deciso là di scegliere questa specialità, invece di diventare storica, quando ho compreso che essa mi permette di avere un piede nel mondo della ricerca e un piede nella politica economica” afferma Esther. La madre medico impegnata in un’associazione di pediatri che lavorano con i bambini vittime di guerra, la scuola biblica e i lupetti scout le hanno trasmesso l’idea del servizio e dichiara di avere sempre avuto lo spirito che avevano le persone più povere di lei, il che implica una certa responsabilità.
Nel 2009 la troviamo presso il College de France per una cattedra annuale intitolata “Savoirs contre pauvreté”. Esther, ricercatrice ed economista, a 36 anni si stabilisce negli Stati Uniti risultando la più giovane partecipante di questa illustre istituzione, una posizione che non la spaventa affatto. È qui che si stabilisce dopo aver costituito presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) un laboratorio di azione contro la povertà Abdul Latif Jameel Poverty Action Lab (J-PAL) che ancora oggi dirige e che conta quasi duecento ricercatori distribuiti nel mondo. Scopo del laboratorio è di testare sul campo l’efficacia dei metodi elaborati, di valutare progetti e fornire supporto a chi intende proporli, creando un legame tra la ricerca e l’azione e facendo in modo che le decisioni politiche possano basarsi su dati migliori.
La
studiosa,
economista impegnata, analizza la povertà in modo originale
utilizzando i metodi simili a quelli utilizzati per gli
esperimenti clinici. Esther dichiara di non avere inventato il
metodo, ma solamente di avere contribuito a generalizzarlo. È una
donna schietta, leale, onesta, senza doppiezza. Al College de
France durante i corsi affidatigli spicca sui suoi abiti la croce
ugonotta non per mostrala ma piuttosto indossarla perché il
protestantesimo fa parte della sua famiglia, della sua educazione.
Nel 2012 pubblica il libro Repenser la pauvreté, scritto
con il suo compagno, l’economista indiano Abhijit Banerjee.
Ambedue difendo un approccio più mirato, ponderato e lento per
combattere la povertà che la scienziata giudica l’unico modo per
fare progressi in questo ambito. Le soluzioni immaginate dagli
economisti basate sulla promozione del mercato e
l’assistenzialismo non hanno prodotto i risultati attesi. È
per questo che Esther Duflo difende una nuova visione della lotta
contro la povertà fondata sulla necessità di testare le risposte
particolari a problemi specifici attraverso esperienze concrete
sul campo. Adottare il metodo sperimentale significa verificare
l’efficacia dei metodi teorizzati per migliorare la loro riuscita:
per esempio in un programma di microcredito è importante stabilire
una responsabilità solidale tra piccoli gruppi o la responsabilità
individuale è sufficiente per ottenere i rimborsi? Installare dei
computer in una scuola aiuta i bambini nell’apprendimento o li
distrae?
L’economista non ha visto positivamente l’arrivo di Donald Trump, ma da eterna ottimista è persuasa che esistono “parecchie risorse e conoscenze per migliorare la vita di molti americani, neri e bianchi, delle zione rurali e urbane. Ci vorrà tempo per ricostruire, concentrandosi più sulla qualità della vita dei meno favoriti e meno sulla crescita”.
Esther afferma che esiste un pensiero dominante pigro sullo sviluppo, si riflette velocemente, si crede di identificare il problema, poi si investono miliardi di dollari. Il fallimento delle azioni di lotta contro la povertà è dovuto non forzatamente alla difficoltà del soggetto, ma all’eccessiva rapidità con la quale sono trattati questi temi. L’approccio dell’economista consiste nel passare dai grandi temi a una visione più specifica poiché ritiene che la povertà dipenda da una moltitudine di fenomeni e che occorre occuparsi delle scelte che fanno i poveri in materia di consumi, modi di vivere e educazione, passando da una visione dell’aiuto con la “A” maiuscola a programmi di aiuto con la “a” minuscola.
Sara Rivedi Pasqui