Koinonia Novembre 2019


GRAZIELLA FANTI MARTIRE DELLA RESISTENZA

 

Dalla prima pagina del giornale che sto leggendo spicca il volto dolce ma anche assai triste di una ragazza molto graziosa: i biondi capelli raccolti in due trecce che le riposanp sulle spalle, lineamenti raffinati e regolari, una goletta bianca ricamata che poggia su una vestina nera, tutto ispira ordine e gentilezza. Chi è questa giovinetta ?

Graziella Fanti, nata a Le Piastre, un paese della montagna pistoiese, il 21 dicembre 1927 dove viveva con la madre Bruna Fanti di mestiere domestica. Il padre è sconosciuto e proprio per questo motivo la fanciulla era emarginata dai suoi compaesani e derisa dai ragazzi, soprattutto dai compagni di classe. Purtroppo questa era la mentalità dell’epoca da cui si deduce lo sguardo triste della giovane.

Siamo in guerra, la Seconda Guerra Mondiale, e l’esercito tedesco si sta ritirando sulla Linea Gotica risalendo da Pistoia verso il nord Italia e lasciando dietro di sé una scia di sangue, di morte, di terrore. Proprio in questo periodo Bruna Fanti lascia la sua abitazione dove viveva con la figlia ed il compagno Guido Begliomini, per timore dei tedeschi, il paese Le Piastre era proprio sulla strada che dalla pianura pistoiese sale verso l’Abetone, trovando rifugio in una capanna di legno vicino al fosso dei Gambioni.

Graziella era un’anima gentile che si spendeva generosamente per gli anziani, i malati ed anche i partigiani esposti al freddo, alla pioggia, alle intemperie di ogni genere, con il continuo rischio di incontrare una pattuglia tedesca che poteva spararle una raffica di mitra, non certamente per difendersi, ma per il gusto crudele di ucciderla. Il 21 settembre 1944 Pistoia era stata liberata ma alcuni gruppi dell’esercito tedesco si aggiravano ancora lungo la Linea Gotica. Graziella, di appena 17 anni, quel giorno si era recata alle Forri per lavare la biancheria del Begliomini.  La giovane che cantava, come era solita fare, attirò l’attenzione di un gruppo di soldati nazisti sempre tanto sospettosi ed infatti pensarono che quei panni appartenessero ad un partigiano e così le spararono colpendola a morte. Graziella si era accorta del pericolo e mentre correva per mettersi in salvo chiedeva aiuto alla madre, le sue urla furono oggetto di scherno dei nemici che si allontanarono sghignazzando lasciandola agonizzante. Povera bimba! Il suo corpo rimase sulla riva del ruscello per ben dieci giorni, non fu premura della madre e del patrigno di provvedere a ricercarne il corpo. Mi sono domandata sarà morta subito o dopo una lunga agonia? Il suo corpo fu ritrovato e restituito alla famiglia che provvide a seppellirla e a mettere una lapide con questa incisone «Uccisa dalla barbarie nazista in questi luoghi».

Quarantasei anni dopo la sua morte il Comune di Pistoia decise di dedicare alla sua memoria l’8 aprile 1990 un monumento di granito rosa che fu collocato nel giardino pubblico de Le Piastre. Graziella aveva una bella voce e cantava volentieri anche il giorno in cui fu violentata, offesa, trucidata dai nazisti che stavano ritirandosi ed erano più rabbiosi e sadici del solito.

La breve esistenza di Graziella fu segnata dalla tristezza perché in paese tutti la chiamavano bastarda, senza padre perché ”figlia della colpa”, concepita da una donna senza marito: era così che si esprimevano gli abitanti del luogo con fare sprezzante, senza tener presenti le doti della fanciulla, e ne aveva numerose per l’epoca in cui visse, aveva conseguito la licenza elementare, in seguito per tre anni studiò in convento ed inoltre si era dedicata ad aiutare le persone anziane e le malate, durante la guerra aveva aiutato anche i partigiani, ogni giorno si recava al ruscello vicino per lavare i panni delle persone anziane che, a causa della loro debolezza e di qualche infermità, non avevano potuto lasciare il paese.

Qui si potrebbe concludere la storia di Graziella, senza alcuna cerimonia religiosa perché era una “venturina”, cioè una illegittima, di cui nessuno aveva rivendicato la paternità, una volta ritrovato il corpo fu avvolto in un sacco, non fu trovata una bara dove ricomporla con rispetto e pietà. Dopo quaranta anni dalla morte a Pistoia si cominciò a ricordarla ed un giornalista assai famoso, Aldo Cazzullo, le dedicò un articolo e riportò alla luce la storia triste e tragica di questa giovane. Nel 1974 a Treviso ci fu un incontro di agricoltori biodinamici e durante questo convegno uno dei presenti consegnò a Paride Allegri un sacchettino di chicchi di grano recuperati in una tomba egiziana dicendogli:

 -  Se un giorno riuscirete a moltiplicare questo grano e lo metterete in coltivazione dategli il nome di mia figlia Graziella morta anzi tempo. Paride Allegri, una volta ricevuto il sacchettino contenente i chicchi preziosi, essendo capo giardiniere del comune di Reggio Emilia l’anno successivo semina questi chicchi che germoglieranno e dopo alcuni anni riesce a raccogliere qualche chilo dell’antico grano e lo affida a Ivo Totti esperto di biochimica. Il primo raccolto è del 1980 con dieci chili di grano, una parte viene consegnata alla Cooperativa “La terra ed il cielo” che inizia la coltivazione di questi antichi grani, ma dopo pochi anni viene sospesa. Saputo ciò l’Allegri riesce a farsene restituire un po’, comincerà di nuovo la produzione e verrà chiamato “Graziella Ra”, Ra è il dio sole egiziano. È un frumento duro particolarmente ricco di proteine, sali minerali e vitamine.

 

Sara Rivedi Pasqui

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