Koinonia Novembre 2019


 

Abbiamo chiesto all’amico Mons. Marcello Melani, Vescovo Emerito di Neuquén (Argentina), ora in partenza per il Perù, di farci partecipi delle sue riflessioni sul recente Sinodo tenutosi a Roma sull’Amazzonia.

Monsignor Marcello Angelo Melani (Salesiano - SDB) Vescovo Emerito di Neuquén è nato a Firenze il 15 settembre 1938. Ottenuta la licenza in Teologia Dogmatica, è stato ordinato sacerdote a Torino nella Società Salesiana di Don Bosco il 21 marzo 1970 dal cardinale Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino; eletto vescovo coadiutore di Viedma il 22 luglio 1993 da Giovanni Paolo II; ordinato vescovo a Viedma, Río Negro, il 18 settembre 1993 da Mons. Miguel Esteban Hesayne, vescovo di Viedma; è stato vescovo di Viedma in successione dal 28 giugno 1995; trasferito come vescovo di Neuquén il 9 gennaio 2002; ha preso possesso della Diocesi e iniziato il suo ministero pastorale come terzo vescovo di Neuquén il 6 aprile 2002. Si è dimesso l’8 novembre 2011. Il suo motto episcopale: “Non per essere servito, ma per servire”.

 

UN SINODO MOLTO ATTUALE

 

Nello stesso giorno in cui ho ricevuto la vostra richiesta di fare “un tuo commento, una riflessione, sul Sinodo Amazzonico appena concluso”  ho letto in un giornale italiano (La Repubblica, 2/11/2019) questa notizia: “Amazzonia, ucciso un altro leader indigeno: proteggeva la foresta – Paul Paolino Guajajara che guidava uno dei gruppi dei “Guardiani della foresta” nello stato di Maranhao (Brasile)”. Il Sinodo sopra l’Amazzonia è pertanto molto attuale.

 

Sono nato in Firenze, ma ho vissuto la maggior parte della mia vita nella Patagonia Argentina, spesso a contatto con il popolo originario che vive lì da migliaia di anni (i Mapuche). La notizia che la Chiesa Cattolica organizzava un Sinodo dedicato all’ Amazzonia mi ha colpito profondamente.

È la prima volta che un Papa indice una riunione così importante - la più importante dopo un Concilio - non per studiare una realtà esclusivamente ecclesiale, ma una realtà geografica, ambientale, sociale, ecclesiale, umana nel senso più ampio della parola.

Già l’anno scorso, nella visita che Francesco fece in Perù, volle tenere un incontro speciale con gli indigeni dell’Amazzonia, chiedendo loro di aiutare lui e tutta la Chiesa a capire cosa sia possibile fare per difendere quella porzione del nostro mondo che è l’ Amazzonia.

Si resta davvero a bocca aperta per la meraviglia quando ci rendiamo conto della dimensione territoriale, della varietà di flora e fauna che si incontra… e l’immensità di acqua che si muove negli affluenti del grande fiume che dà il suo nome a tutta la regione …

Restai anche colpito per la quantità di popoli originari che vivono lì con la propria lingua, cultura, spiritualità. Vi sono più di 100 di questi popoli (n.49) che non hanno voluto - né vogliono ancora oggi - avere alcun contatto con genti che non siano della loro stessa cultura (vengono chiamati “popoli liberi”).

Ho cercato di seguire i lavori e ho letto con attenzione il documento che è stato approvato in molte sue parti con la quasi unanimità dei partecipanti e che è stato presentato al Papa perché ci possa aiutare a percorrere quelle “nuove vie” più giuste, ed in perfetta armonia con la nostra fede…

Cosa mi ha colpito maggiormente? La grande ricchezza di argomenti, di affermazioni, di ricerca di nuove vie, tra cui anche il sacerdozio per uomini sposati e il diaconato alle donne. Ma non sono questi gli unici punti di novità con i quali mi sono sentito in sintonia.

 

Giá nel Primo Capitolo parlando della “Voce e il canto della Amazzonia come canto di vita” (n.6-9) si parla e si loda il “BUON VIVERE” dei popoli indigeni dicendo che “si tratta di vivere in armonía con sé stessi, con naturalezza, con gli esseri umani e con l’essere supremo, perché esiste una intercomunione in tutto il cosmo” (n.9). La ricerca del “Buon vivere” è stata sempre anche un’appassionata ricerca del popolo mapuche e credo di tutti i popoli indigeni ed è bello sentire che la Chiesa lo considera come qualcosa che “si realizza pienamente nelle beatitudini evangeliche”.

Certo è una novità che venga usata molte volte la parola “CONVERSIONE”. Se non mi sbaglio conversione vuole dire che, per non continuare ad andare nella direzione sbagliata, dobbiamo cambiare strada e non deve essere una conversione superficiale o solamente di alcuni, o per una questione particolare, ma una conversione “INTEGRALE” cioè una “conversione personale e comunitaria insieme, che ci compromette nel relazionarci in modo armonico con l’opera creatrice di Dio che è la casa comune” (nn.17-19). Conversione allora di tutti, nella vita quotidiana e comune che tutti facciamo…

Un’altra novità è che non si parla di “proposte” fatte al Papa, ma di “CAMMINI”; le prime possono essere accettate oppure rifiutate, mentre i secondi ci invitano a percorrerli per arrivare alla meta. E durante il cammino possono accadere tante cose…

Parlando della conversione si sottolinea come essa debba essere: “Pastorale, Culturale, Ecologica e Sinodale” ; tutti i campi di attività dei cristiani sono così chiamati in causa e non possiamo mai dire: “In questo campo si è sempre fatto così”, dobbiamo convertirci percorrendo le vie che il Documento ci indica.

Parlando della “Conversione pastorale” (nn.20-40) si afferma che la Chiesa è “samaritana, misericordiosa, solidale, in dialogo” con tutti senza fare nessuna discriminazione (nn.22-25)  perché è una Chiesa missionaria dal volto indigeno, campesino, afro-discendente (nn.27-28) ; una Chiesa dal volto migrante (n.29). Ancora di più il Papa si sofferma a  parlare dei giovani (nn.30-33) riprendendo e attualizzando i concetti espressi in  “Cristo Vive” , la dichiarazione da lui fatta dopo il Sinodo sui giovani.

Nella “Conversione culturale”(nn.41-64) c’è una importante affermazione: la  Chiesa promuove i popoli indigeni (nn.45-50) , valorizzando la cultura dei popoli.

Nel n. 51 si afferma: “Cristo con la incarnazione lasciò la sua prerogativa di Dio e si è fatto uomo in una cultura concreta per identificarsi con tutta l’umanità. La inculturazione è la incarnazione del Vangelo nelle culture autoctone e allo stesso tempo è l’ introduzione di queste culture nella vita della Chiesa. In questo processo i popoli sono  protagonisti  e sono accompagnati dai loro pastori”.

Così  la inculturazione (nn.51-64) è un processo a doppio senso: dei popoli verso la Chiesa e della Chiesa verso i popoli.

Nella “Conversione sinodale” (nn.86-119) come nuovo cammino si parla dei diaconi permanenti che possano essere ordinati sacerdoti anche se sono sposati (n.111) e del nuovo ministero per le donne e del diaconato femminile (nn.99-103). Mi sembra che una costante novità di Papa Francesco sia parlare di “sinodalità”, una parola nuova e anche un atteggiamento nuovo che lui ha iniziato a mettere in risalto anche con atti concreti (il Consiglio degli 8, ora ridotti a 6 ne è un esempio). Sinodalità anche nelle Chiese particolari, nelle Parrocchie, nelle Associazioni…Non più chiedere al sacerdote “Che cosa dobbiamo fare”, ma discernere con lui il cammino che il Signore ci può indicare. Per niente facile, vero? Non facile, ma possibile se ce lo proponiamo come obiettivo.

Ho lasciato alla fine quella grande novità per la Chiesa che è la “Conversione ecologica”(nn.65-85) perché di essa si è parlato molto nell’enciclica  “Laudato si’”. Novità che vale anche per tutti noi in qualsiasi luogo viviamo. Tutti possiamo convertirci in quei campi che il documento ci ha segnalato, tutti possiamo cercare i cammini nuovi , le vie che il Signore ci indica per la nostra vita, tutti possiamo comprometterci per difendere la Casa Comune che Dio Padre ci ha regalato.

 

Per questo l’Amazzonia non è solo un luogo geografico, ma può essere un costante richiamo a una vita più umana e felice per tutti.

 

Ci sono varie ragioni, quindi,per affermare che il Sinodo ci riguarda tutti anchese

viviamo fuori, lontani dall’ Amazzonia.

Il futuro della selva amazzonica è unito al futuro del nostro pianeta: i boschi dell’ Amazzonia rappresentano il 40% dell’area di bosco tropicale globale e la loro distruzione totale provocherà conseguenze su scala mondiale.

Nessuno, pertanto, può  restare fuori da una conversione ecologica integrale.

Il modo con cui si è tenuto il Sinodo è stato pienamente positivo per tutti noi.

Nella preparazione hanno partecipato, in diverse modalità, più di 85.000 persone per far risuonare fuori dalla foresta la propria voce.

Grazie a tutte queste osservazioni e proposte è stato preparato l’ “Instrumentum  laboris” che è stato studiato, discusso, cambiato, ampliato nelle riunioni plenarie e nei lavori dei gruppi linguistici durante il Sinodo, e che in fine è stato approvato punto per punto per essere presentato al Papa.

Questo stile di lavoro ci ricorda la conversione sinodale per le nostre comunità e i nostri luoghi ecclesiali. Ci dice che non dobbiamo aver paura di iniziare insieme 

un cammino per guardare la nostra realtà, per interpretarla in senso comunitario con  l’aiuto dello Spirito Santo, rispondendo così alle necessità proprie dei nostri

luoghi e del nostro tempo.

Inoltre il processo sinodale ci ricorda l’urgenza dell’ annuncio del Vangelo e la necessità di iniziare, lì dove siamo, processi di evangelizzazione con una prospettiva di interculturalizzazione e di intraculturalità, rispettando la cultura propria delle persone, senza nessuna intenzione di colonialismo, ma cercando di scoprire i valori del Regno che sono in ogni cultura.

Il Sinodo è stato anche una chiamata a cambiare il nostro stile di vita e il modo con cui ci relazioniamo con la “Casa comune” e fra di noi, per  difendere non solo le selve e gli oceani, ma specialmente i nostri fratelli poveri che soffrono l’esclusione  del  sistema perverso dello “scarto” .

In questa conversione ci giochiamo davvero il futuro del pianeta e anche il futuro dell’umanità.

 

Marcello Angelo Melani (Salesiano)

Vescovo Emerito di Neuquén

Il Piestro (Pistoia), 10 Novembre 201

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