Koinonia Novembre 2019


RINNOVATO IL PATTO DELLE CATACOMBE

Per una Chiesa dal volto amazzonico,

povera e serva, profetica e samaritana

 

         Noi, partecipanti al Sinodo panamazzonico, condividiamo la gioia di vivere tra numerosi popoli indigeni, quilombolas, abitanti delle rive e dei fiumi, migranti, comunità alla periferia delle città di questo immenso territorio del Pianeta. Con loro abbiamo sperimentato la forza del Vangelo che opera nei piccoli. L’incontro con questi popoli ci interpella e ci invita a una vita più semplice di condivisione e gratuità. Colpiti dall’ascolto delle loro grida e lacrime, accogliamo di tutto cuore le parole di Papa Francesco:

“Molti fratelli e sorelle in Amazzonia portano croci pesanti e aspettano la consolazione liberatrice del Vangelo, la carezza dell’amore della Chiesa. Per loro, con loro, camminiamo insieme”(Omelia del 06-10-2019).

         Ricordiamo con gratitudine quei vescovi che, nelle Catacombe di Santa Domitilla, alla fine del Concilio Vaticano II, firmarono il Patto per una Chiesa povera e dei poveri. Ricordiamo con venerazione tutti i martiri membri delle comunità ecclesiali di base, degli organismi pastorali e dei movimenti popolari, leader indigeni, missionari e missionarie, laici e laiche, sacerdoti e vescovi, che hanno versato il sangue a causa di questa opzione per i poveri, per difendere la vita e lottare per la salvaguardia della nostra Casa Comune. Alla gratitudine per il loro eroismo uniamo la nostra decisione di continuare la loro lotta con fermezza e coraggio. È un sentimento di urgenza che si impone davanti alle aggressioni che oggi devastano il territorio amazzonico, minacciato dalla violenza di un sistema economico predatore e consumista.

Di fronte alla Santissima Trinità, alle nostre Chiese particolari, alle Chiese dell’America Latina e dei Caraibi e a quelle che ci sono solidali in Africa, Asia, Oceania, Europa e Nord America, ai piedi degli Apostoli Pietro e Paolo e della moltitudine di martiri di Roma, dell’America Latina e in particolare della nostra Amazzonia, in profonda comunione con il successore di Pietro, invochiamo lo Spirito Santo e ci impegniamo personalmente e in comune a quanto segue:

1.    Assumere, di fronte all’estrema minaccia del riscaldamento globale e dell’esaurimento delle risorse naturali, l’impegno a difendere nei nostri territori e con i nostri comportamenti la foresta amazzonica. Da lei vengono i doni dell’acqua in gran parte del territorio del Sud America, il contributo al ciclo del carbonio e alla regolazione globale del clima, una biodiversità inestimabile e una ricca sociodiversità per l’umanità e la Terra intera.

2.    Riconoscere che non siamo padroni della madre terra, ma suoi figli e figlie, fatti della polvere della terra (Gen 2-7-8), ospiti e pellegrini (1 Pt 1, 17b e 1 Pt 2, 11), chiamati ad essere sue e suoi attenti custodi (Gen 1,26) (6). A tal fine, ci impegniamo per un’ecologia integrale, in cui tutto è interconnesso, l’umanità e tutta la creazione perché tutti gli esseri sono figlie e figli della terra e su di essi aleggia lo Spirito di Dio (Gen 1, 2).

3.        3. Accogliere e rinnovare ogni giorno l’alleanza di Dio con tutto il creato: “Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con i vostri discendenti dopo di voi; con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e bestie selvatiche, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca. (Gen 9, 9-10; Gen 9, 12-17).

    4. Rinnovare nelle nostre Chiese l’opzione preferenziale per i poveri, specialmente per i popoli indigeni, e insieme a loro garantire il diritto di essere protagonisti nella società e nella Chiesa. Aiutarli a preservare le loro terre, culture, lingue, storie, identità e spiritualità. Crescere nella coscienza che esse devono essere rispettate a livello locale e globale e, di conseguenza, incoraggiare, con tutti i mezzi in nostro potere, che siano accolte su un piano di parità nel concerto mondiale degli altri popoli e culture.
    5.Abbandonare, di conseguenza, nelle nostre parrocchie, diocesi e gruppi ogni sorta di mentalità e attitudine colonialista, accogliendo e valorizzando la diversità culturale, etnica e linguistica in un dialogo rispettoso con tutte le tradizioni spirituali.

    6. Denunciare tutte le forme di violenza e aggressione contro l’autonomia e i diritti dei popoli indigeni, la loro identità, i loro territori e i loro modi di vita.
    7.Annunciare la novità liberatrice del vangelo di Gesù Cristo, nell’accoglienza degli altri e dei diversi, come è accaduto con Pietro nella casa di Cornelio: “Voi ben sapete che è contro la nostra legge che un Giudeo abbia relazioni con uno straniero, e che entri in casa sua. Ma Dio mi ha insegnato a non considerare nessuno impuro o profano.” (Atti 10:28).
    8. Camminare ecumenicamente con le altre comunità cristiane nell’annuncio inculturato e liberatorio del Vangelo, e con le altre religioni e persone di buona volontà, nella solidarietà con i popoli indigeni, con i poveri e i piccoli, nella difesa dei loro diritti e nella salvaguardia della Casa Comune.

    9. Instaurare nelle nostre chiese particolari uno stile di vita sinodale, tale per cui rappresentanti dei popoli indigeni, missionari e missionarie, laici e laiche, in ragione del loro battesimo e in comunione con i loro pastori, abbiano voce e voto nelle assemblee diocesane, nei consigli pastorali e parrocchiali, e in tutto ciò che comporta il governo delle comunità.
    10.Impegnarsi a riconoscere con urgenza i ministeri ecclesiali già esistenti nelle comunità, esercitati da agenti pastorali, catechiste indigene, ministre e ministri della Parola, valorizzando in particolare la loro cura per i più vulnerabili e gli esclusi.

    11. Rendere effettivo nelle comunità a noi affidate il passaggio da una pastorale della visita a una pastorale di presenza, volta ad assicurare che il diritto alla Mensa della Parola e alla Mensa dell’Eucaristia diventi effettivo in tutte le comunità.

    12. Riconoscere i servizi e la vera diaconia del gran numero di donne che oggi dirigono comunità in Amazzonia, cercando di consolidarli con un adeguato ministero di donne, leader di comunità.

    13. Cercare nuove vie di azione pastorale nelle città in cui operiamo, col protagonismo dei laici e dei giovani, con attenzione alle periferie e ai migranti, ai lavoratori e ai disoccupati, agli studenti, agli educatori, ai ricercatori e al mondo della cultura e della comunicazione.

    14. Assumere dinanzi all’ondata del consumismo uno stile di vita gioiosamente sobrio, semplice e solidale con quelli che non hanno poco o niente; ridurre la produzione di rifiuti e l’uso di materie plastiche, favorire la produzione e la commercializzazione di prodotti agro ecologici, utilizzare in tutti i casi possibili il trasporto pubblico.

    15. Mettersi a fianco di quelli che sono perseguitati a causa del loro servizio profetico di denuncia e riparazione delle ingiustizie, di difesa della terra e dei diritti dei piccoli, dell’accoglienza e dell’appoggio a migranti e rifugiati. Coltivare vere amicizie con i poveri, visitare le persone più semplici e gli infermi, esercitando il ministero dell’ascolto, della consolazione e dell’appoggio che recano sollievo e rinnovano la speranza.

 

Coscienti delle nostre fragilità, della nostra povertà e piccolezza davanti a così grandi e gravi sfide, confidiamo nella preghiera della Chiesa. Che soprattutto le nostre Comunità Ecclesiali ci soccorrano con la loro intercessione, con l’amore del Signore e, quando necessario, con la carità della correzione fraterna. Accogliamo di tutto cuore l’ invito del cardinale Hummes a farci guidare dallo Spirito Santo in questi giorni del Sinodo e al nostro ritorno nelle nostre Chiese:“Lasciatevi avvolgere dal mantello della Madre di Dio, Regina dell’Amazzonia. Non lasciamoci sopraffare dall’autoreferenzialità, ma dalla misericordia davanti al grido dei poveri e della terra. Sarà necessario pregare molto, meditare e discernere una pratica concreta di comunione ecclesiale e di spirito sinodale. Questo sinodo è come un tavolo che Dio ha imbandito per i suoi poveri e ci chiede di servire a quel tavolo”.

 

Celebriamo questa Eucaristia del Patto come un atto di amore cosmico.” «Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo». L’Eucaristia unisce il cielo e la terra, abbraccia e penetra tutto il creato. Il mondo, che è uscito dalle mani di Dio, ritorna a Lui in gioiosa e piena adorazione: nel Pane eucaristico «la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l’unificazione con il Creatore stesso». Perciò l’Eucaristia è anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni per l’ambiente, e ci orienta ad essere custodi di tutto il creato” (11).

 

Catacombe di Santa Domitilla
Roma, 20 ottobre 2019

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