Koinonia Novembre 2019


Progetto “neoumanista” di ispirazione cristiana e popolare

 

È stato lanciato un “Manifesto per la costruzione di un soggetto politico nuovo di ispirazione cristiana e popolare”, che si propone non tanto di   “ri-formare”, quanto di  “tras-formare”.  Si propone “un nuovo modello di sviluppo inclusivo e solidale”, “per dare vita ad una nuova forza popolare aperta a credenti e a non credenti attorno ad un progetto politico di rinascita del Paese e dell’Europa”.  Vi si afferma che “il nuovo soggetto politico contribuirà alla riscoperta di un ‘pensiero forte’ nel riferimento ai principi della Costituzione, del Pensiero sociale della Chiesa e delle varie dichiarazioni sui Diritti dell’uomo”, allo scopo di “favorire il recupero delle energie vitali della società civile, molte delle quali sono promosse e consolidate dall’esperienza cristiana”. A lanciare l’iniziativa sono stati tre gruppi di dimensione nazionale: Politica Insieme, Rete Bianca, Costruire Insieme., ma sembra che ci siano già adesioni e partecipazione di altre associazioni e formazioni cattoliche.

Verrebbe semplicemente da dire “se son rose..”, e staremo a vedere. Per il momento c’è solo da registrare l’operazione, che sembra fare appello non certamente ad una base cristiana ed ecclesiale, che forse non si troverebbe; e neanche alla fede cristiana vera e propria, che anzi sembra si voglia tenere fuori; si fa riferimento ad una “ispirazione cristiane e popolare” tutta da decifrare, forse  frutto di  una nostalgia di cristianità peraltro sottaciuta. Non importa. Ciò che importa è cercare di capire la modalità della proposta in quanto appunto “cristiana e popolare”, e soprattutto capirne la ricaduta ecclesiale: da quale chiesa nasce e a quale chiesa porta questa ispirazione. Se per caso non porti ad una proiezione storica di chiesa, che fa politicamente da protesi pubblica ad una chiesa della fede di fatto assente e silente.

Uso di proposito questa parola - “silente” - perché suggerito dal titolo - “La stagione del silenzio” - di un articolo di Enzo Bianchi su “la Repubblica” del 5 novembre: quello che c’è da dire in proposito secondo il nostro punto di vista lo dice decisamente lui, come si può vedere di seguito. La convinzione che ci guida da sempre è espressa da lui in queste parole: “Resto convinto che il vero problema non sia quello di avere politici cattolici, ma soprattutto di avere cristiani che tentino di essere tali e dunque siano capaci di responsabilità sociale, di chiaroveggenza sul nostro futuro”. Che non vuol dire estraniarsi dal mondo, per poi intervenire surrettiziamente o per competenza gerarchica alla Ruini,  o per interposta formazione politica di matrice  o di ispirazione cattolica.

Nel “Manifesto” in questione si fa riferimento ad “energie vitali della società civile, molte delle quali sono promosse e consolidate dall’esperienza cristiana”, così come si parla pure di “riscoperta di un ‘pensiero forte’ nel riferimento ai principi del Pensiero sociale della Chiesa”. Si avverte  insomma una sorta di mimetizzazione, segno che non si crede che una chiesa in quanto tale possa e debba avere profeticamente una sua rilevanza pubblica, a prescindere da organizzazioni e strumenti di potere supplementari. Non basterebbe parlare di una presenza evangelica a cui dare corpo? Se proprio si vuole andare al “Pensiero sociale della Chiesa”, si tratta solo della classica “Dottrina sociale” o basterebbe tornare alla “Pacem in terris” senza troppe reticenze? 

Ma devo dire che il discorso di Enzo Bianchi mi ha riportato ad un articolo di Ernesto Galli della Loggia che avevo accantonato per potermene occupare al momento opportuno, che sembra sia arrivato. Risale al 2 ottobre e parla di “Una sfida epocale alla Chiesa”, in quanto “l’intima vocazione del cattolicesimo verso il mondo diventa equivalente alla necessità di confondersi con il mondo stesso”. L’invito è a leggere l’articolo, di cui anticipo queste parole: ”Il cattolicesimo romano con la sua consustanziale ambizione universale si è così trovato di fronte alla sfida interamente inedita di qualcosa che di fatto ambiva a stargli alla pari; che gli stava alla pari. Si è trovato a fare i conti con una sorta di morale anch’essa universale, d’ispirazione naturalistica e di tono fortemente laico, il cui effetto era, ed è, di porre in subordine ogni specifico discorso religioso, ormai ineluttabilmente avviato, si direbbe, a figurare al massimo come una parziale articolazione di sapore arcaico e quasi folklorico di quel più vasto afflato etico che guadagna spazio ogni giorno”. Non è un campanello di allarme per qualcuno?

Sta di fatto che un credente e un laico ci propongono due facce della stessa medaglia: di un problema che non può essere accantonato insieme ai quotidiani in cui se ne parla.

 

ABS

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