Koinonia Luglio 2019


NON DIMENTICARE FIRENZE

 

1 - Dal Discorso di Papa Francesco alla Cei - Firenze, 20/5/2015

 

Oggi, sapendo che avete scelto, quale argomento di questo incontro, l’’Esortazione Evangelii Gaudium, vorrei ascoltare le vostre idee, le vostre domande, e condividere con voi alcune mie domande e riflessioni.

I miei interrogativi e le mie preoccupazioni nascono da una visione globale e soprattutto dagli innumerevoli incontri che ho avuto in questi due anni con le Conferenze Episcopali, ove ho notato l’importanza di quello che si può definire la sensibilità ecclesiale: ossia appropriarsi degli stessi sentimenti di Cristo, di umiltà, di compassione, di misericordia, di concretezza e di saggezza.

 

La sensibilità ecclesiale che comporta anche di non essere timidi o irrilevanti nello sconfessare e nello sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata che è riuscita a impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro, e soprattutto emarginando i deboli e i bisognosi. Sensibilità ecclesiale che, come buoni pastori, ci fa uscire verso il popolo di Dio per difenderlo dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la degnità umana.

 

La sensibilità ecclesiale si manifesta anche nelle scelte pastorali e nella elaborazione dei Documenti, ove non deve prevalere l’aspetto teoretico-dottrinale astratto, quasi che i nostri orientamenti non siano destinati al nostro Popolo o al nostro Paese - ma soltanto ad alcuni studiosi e specialisti - invece dobbiamo perseguire lo sforzo di tradurle in proposte concrete e comprensibili.

 

La sensibilità ecclesiale e pastorale si concretizza anche nel rinforzare l’indispensabile ruolo di laici disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono. In realtà, i laici che hanno una formazione cristiana autentica, non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo! Hanno invece tutti la necessità del Vescovo Pastore!

 

Infine, la sensibilità ecclesiale si rivela concretamente nella collegialità e nella comunione tra i Vescovi e i loro Sacerdoti; nella comunione tra i Vescovi stessi; tra le Diocesi ricche - materialmente e vocazionalmente - e quelle in difficoltà; tra le periferie e il centro; tra le conferenze episcopali e i Vescovi con il successore di Pietro.

Si nota in alcune parti del mondo un diffuso indebolimento della collegialità, sia nella determinazione dei piani pastorali, sia nella condivisione degli impegni programmatici economico-finanziari. Manca l’abitudine di verificare la recezione di programmi e l’attuazione dei progetti, ad esempio, si organizza un convegno o un evento che, mettendo in evidenza le solite voci, narcotizza le Comunità, omologando scelte, opinioni e persone. Invece di lasciarci trasportare verso quegli orizzonti dove lo Spirito Santo ci chiede di andare.

 

Un altro esempio: perché si lasciano invecchiare così tanto gli Istituti religiosi, Monasteri, Congregazioni, tanto da non essere quasi più testimonianze evangeliche fedeli al carisma fondativo? Perché non si provvede ad accorparli prima che sia tardi sotto tanti punti di vista?

 

Mi fermo qui, dopo aver voluto offrire soltanto alcuni esempi sulla sensibilità ecclesiale indebolita a causa del continuo confronto con gli enormi problemi mondiali e dalla crisi che non risparmia nemmeno la stessa identità cristiana ed ecclesiale.

 

 

2 - Dal Discorso di papa Francesco alla Conferenza episcopale italiana, 20/5/2019

 

Mi rallegro dunque che questa assemblea ha voluto approfondire questo argomento (Sinodalità e collegialità) che in realtà descrive la cartella clinica dello stato di salute della Chiesa italiana e del vostro operato pastorale ed ecclesiastico.

 

Potrebbe essere di aiuto affrontare in questo contesto di eventuale carente collegialità e partecipazione nella conduzione della Conferenza CEI sia nella determinazione dei piani pastorali, che negli impegni programmatici economico-finanziari.

 

Sulla sinodalità, anche nel contesto di probabile Sinodo per la Chiesa italiana – ho sentito un “rumore” ultimamente su questo, è arrivato fino a Santa Marta! –, vi sono due direzioni: sinodalità dal basso in alto, ossia il dover curare l’esistenza e il buon funzionamento della Diocesi: i consigli, le parrocchie, il coinvolgimento dei laici… (cfr CIC 469-494) – incominciare dalle diocesi: non si può fare un grande sinodo senza andare alla base. Questo è il movimento dal basso in alto – e la valutazione del ruolo dei laici; e poi la sinodalità dall’alto in basso, in conformità al discorso che ho rivolto alla Chiesa italiana nel V Convegno Nazionale a Firenze, il 10 novembre 2015, che rimane ancora vigente e deve accompagnarci in questo cammino. Se qualcuno pensa di fare un sinodo sulla Chiesa italiana, si deve incominciare dal basso verso l’alto, e dall’alto verso il basso con il documento di Firenze. E questo prenderà, ma si camminerà sul sicuro, non sulle idee.

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