Koinonia Maggio 2019


LETTERA APERTA DI ALBERTO SIMONI A RANIERO LA VALLE

ELOGIO DELL’ERESIA…MA DOVE SONO GLI ERETICI?

 

Caro Raniero,

         dopo alcune mie considerazioni sul Convegno di Roma del 6 aprile, tu mi chiedevi “cosa c’è da fare”: da parte mia, se non ricordo male, mi interrogavo su come dare continuità “di chiesa” al discorso quasi unanime dell’assemblea riguardo al fenomeno migrazioni - emblematico per la nostra epoca - e come evitare di ridurlo a fatto umanitario e ad intervento sociale senza una sufficiente anima teologica, salvo premesse di appoggio. In sostanza forse riproponevo la questione sempre aperta, se chiesa dei poveri è quella orientata alla causa e al soccorso dei poveri o quella in cui i poveri siano non solo destinatari ma diventino protagonisti e soggetto di vangelo.

 

Nella mia breve risposta ti dicevo che non si trattava di fare cose diverse o in più, ma di attivare un processo di modificazione nel rapporto chiesa-mondo in ordine a quella presenza messianica e profetica che peraltro ha fatto da sfondo al convegno: ma per arrivare a tanto bastano interventismo, attivismo, efficientismo ad extra o è necessaria una trasformazione sostanziale ad intra (una sorta di transustanziazione?), che interessi la fede della chiesa nelle sue varie espressioni? Basta insomma cambiare gli otri delle opere o è questione di vino nuovo della fede?

 

E qui vengo a quanto ha sollecitato questa mia lettera: e cioè alla tua Newsletter n. 149 dell’11 maggio 2019 “MIRABILE ERESIA”, nella quale giustamente ti rallegri per le presunte “eresie”. che di fatto sono “la citazione di ‘atti, parole e omissioni’ di papa Francesco che, letti tutti insieme, sono una straordinaria affermazione di libertà, verità e misericordia evangeliche; moniti che anzi dovrebbero essere affissi nelle sacrestie di tutte le chiese perché predicatori celebranti e confessori vi si ispirino per trasmettere ai fedeli in omelie e parole finalmente persuasive l’anelito a seguire le vie di Dio e ad assaporarne l’amore”.

Ma in che misura ciò avviene? Anzi, perché avviene spesso il contrario e le cose non vanno per il verso del papa, che sembrerebbe quello vincente? Se denunce e condanne di eresia si levano nei suoi confronti da parte di alcuni, è certamente perché non mancano di un retroterra culturale e di una cassa di risonanza ad alto livello: il noto pamphlet di matrice ratzingeriana dimostra che c’è dietro un magistero di sostegno.

 

Per controbattere simili prese di posizione non sembrano bastare dichiarazioni di insostenibilità, ma sarebbe necessario provocare alla base una reazione uguale e contraria da parte di una chiesa meno dormiente rispetto a quella schierata e agguerrita con cui abbiamo a che fare (precedentemente parlavi di “scismi”). Il vero problema, cioè, non è di pronunciamenti di principio ma di azione costante “in corpore vili” di una cristianità data per morta ma in realtà in forte reviviscenza! Una divaricazione di prospettiva avviene proprio su questo punto: se la “rivoluzione copernicana”, aperta dal Concilio, deve essere ritenuta compiuta o rimane ancora annunciata.

 

Il tuo orientamento, caro Raniero, sembra legittimamente propendere verso la prima ipotesi, come si può arguire da queste tue parole: “Il Concilio di Trento ha segnato tutta una stagione della vita della Chiesa, controriforma, divisione dei cristiani, lotta alla modernità. Bisogna leggere Il paradigma tridentino dello storico Paolo Prodi per sapere quanto l’aver ristretto il sacro nei bastioni di Trento sia costato alla Chiesa e alla stessa umanità contristata nella sua gioiosa fruizione di Dio; ad ogni modo, come nella sua autobiografia ha scritto quel grande storico del Tridentino che fu Hubert Jedin, ‘l’epoca tridentina della storia della Chiesa è tramontata’ e proprio il Vaticano II ha fatto di ciò un ‘patrimonio comune’ e ha elaborato il ‘commiato da Trento’, avvertito come il maggior ostacolo alla riunificazione dei cristiani”.

 

I fatti ci dicono però che proprio l’eredità tridentina rimane motivo di conflitti e di scismi latenti, fino ad autorizzare “scomuniche” pubbliche nei confronti di un Papa. Forse già prendere sul serio questa situazione di crisi e impegnarsi per venirne a capo è fare qualcosa. Tu dici che l’accusa di eresia mossa a papa Francesco è una cosa meravigliosa, in quanto metterebbe in vetrina la sua pastorale evangelica, e affermi anche che “non si potrebbe fare una lode più grande a un cristiano e in modo più ficcante definirne l’identità che imputarlo di eresia”. Ma, a parte papa Francesco come primo imputato, tu ne vedi molti di “eretici in nome del vangelo” nel mondo dei praticanti e della pastorale corrente? Là dove, appunto, una modificazione genetica della fede della chiesa dovrebbe avere luogo.

 

Accanto ad una chiesa “ospedale da campo” per le sofferenze umane potremmo pensare ad una chiesa ”cantiere della fede” per la salvezza che viene da Dio?  Anche per far capire ai nuovi Inquisitori che giocano con carte false e che il “mistero della fede” e della salvezza sta a cuore prima di tutto anche a noi.

 

Un saluto fraterno nella luce della Pasqua, che è Cristo Signore!

 

Alberto

.

.