Koinonia Maggio 2019


Uno studio di Gaetano Sabatini

per i 150 anni dalla nascita di Gandhi (1869-2019)

 

1941-1945: IL CONSTRUCTIVE PROGRAMME

NEL SUO CONTESTO STORICO (III)

 

L’attualità del Constructive Programme, in Italia e nel mondo

 

Nel dicembre del 1931, di ritorno dalla partecipazione alla già ricordata Round Table sull’India convocata dal governo di Londra, Gandhi trascorse alcuni giorni a Roma[1]; tra le poche persone che Gandhi espresse il desiderio di incontrare vi fu anche una religiosa con la quale era in contatto epistolare, Sorella Maria, al secolo Valeria Pignetti (1875-1961), già missionaria francescana, da alcuni anni uscita dall’ordine e fondatrice di una piccola comunità raccolta in un eremo sulle montagne umbre, sopra Campello sul Clitunno[2]. Durante l’incontro con Sorella Maria e con alcune sue consorelle, Gandhi, mentre filava il suo cotone, si mostrò molto interessato a conoscere le modalità di vita della piccola comunità, invero assai simili a quelle degli ashram di cui egli stesso era animatore, e soprattutto gradì molto l’offerta di una tovaglietta di tela interamente filata, intessuta e ricamata all’interno della comunità, un omaggio che stabiliva un ponte ideale con il suo Khadi e tra due mondi apparentemente tanto distanti, come egli stesso ebbe a ricordare nei successivi scambi epistolari con Sorella Maria[3].

All’epoca del suo breve soggiorno a Roma, al principio degli anni ’30, Gandhi era conosciuto in Italia prevalentemente per il suo ruolo nell’opposizione alla dominazione britannica in India; dello stesso anno 1931 è la prima traduzione in italiano della sua Autobiografia, pubblicata con l’autorevole prefazione di Giovanni Gentile[4]. Fu necessario attendere il secondo dopoguerra perché nuove traduzioni diffondessero maggiormente in Italia il pensiero di Gandhi, ad opera di alcuni attivisti che, pur nel clima radicalizzato della guerra fredda, erano particolarmente impegnati sui temi della nonviolenza e del pacifismo. Spicca tra queste figure il pensatore ed educatore Aldo Capitini (1899-1968), che nel gennaio del 1951, in occasione del quarto anniversario della morte di Gandhi, organizzò a Perugia il “Convegno internazionale per la Nonviolenza”, nel quale furono gettate le basi per la successiva costituzione di una struttura permanente, il Centro per la nonviolenza, dal 1961 promotore della marcia per la pace Perugia-Assisi. Le associazioni che presero parte alla prima marcia si riunirono poi nella “Consulta italiana per la pace” e nel “Movimento Nonviolento per la pace”, che dal 1964 pubblico il periodico “Azione nonviolenta” diretto dallo stesso Capitini fino alla morte. Nonostante l’atteggiamento di sospetto mostrato dalla Chiesa nei suoi confronti fino alle aperture sopraggiunte con il pontificato di Giovanni XXIII (1958-1963), Capitini strinse stretti rapporti con alcune delle figure più importanti del cattolicesimo progressista italiano, da Giorgio La Pira a Giuseppe Dossetti, da Don Lorenzo Milani a Don Primo Mazzolari, che peraltro nel 1960 promosse un’edizione dei pensieri di Gandhi[5].

Nel corso degli anni’70 e ‘80, vari schieramenti politici e movimenti d’opinione italiani assunsero nei propri programmi posizioni pacifiste richiamandosi, direttamente o indirettamente, a Gandhi; con un ampio consenso nell’opinione pubblica, dopo una lotta durata molti anni, nel 1973 in Italia veniva introdotta l’obiezione di coscienza che consentiva di svolgere, in luogo del servizio militare obbligatorio, un servizio civile sostitutivo. In particolare, il Partito radicale e il suo leader indiscusso Marco Pannella, hanno fatto del richiamo al pensiero di Gandhi e alla pratica del satyagraha una costante della propria azione politica. A partire dagli anni ’90, con la fine della guerra fredda - nonostante alcune occasioni di grande mobilitazione pacifista, come quella del 15 febbraio del 2003 per la partecipazione dell’Italia alla guerra in Iraq, che fece convergere su Roma circa tre milioni di persone per manifestare la loro contrarietà - i temi della non-violenza e il riferimento al pensiero gandhiano sono tornati ad essere al centro dell’attività di circoli d’opinione più che del dibattito politico.

È tuttavia da osservare come, nonostante l’attenzione riservata dalla cultura italiana alla dimensione del pacifismo e della lotta non-violenta, la parte al pensiero di Gandhi complementare ad essa, quella cioè rappresentata appunto dal Constructive programme, sia rimasta decisamente più in ombra e questo nonostante il tempo abbia semmai progressivamente riaffermato la validità e l’attualità della proposta economica contenuta in quel testo. Infatti, le considerazioni soprariportate a proposito degli effetti del capitalismo internazionale nel corso dell’ultimo quarto di secolo, nell’era della cosiddetta globalizzazione, non valgono certo solo per l’India, sebbene qui, come in generale nel caso delle economie in via di sviluppo o in transizione, tali effetti possono essere ancora più devastanti che altrove. Ma inquinamento dell’ambiente, impoverimento dei ceti più bassi, polarizzazione sociale, divisone del lavoro su scala internazionale, con conseguente condanna delle popolazioni di intere regioni del pianeta a posizioni subordinate, tutti questi fenomeni sono ormai registrabili su scala globale, e anche all’interno delle aree tradizionalmente più industrializzate e più sviluppate.

Il richiamo di Gandhi alla creazione di un sistema che, nel rispetto dell’ambiente e nella valorizzazione della dignità umana, in particolare della dignità di tutte le componenti più deboli, più marginali, più fragili della società, suona dunque quanto mai attuale, in Italia e altrove. Come quello per il superamento non solo del conflitto di classe ma anche dell’egoismo di classe, a fronte degli effetti devastanti della perdita dei valori di solidarietà nelle società capitalistiche avanzate, dove l’esaltazione delle potenzialità dell’individuo portata avanti dalle teorie neo-liberali si traduce in una polverizzazione del tessuto sociale e dei legami che lo rendono coeso, specie in situazioni di recessione economica e di sempre più limitata capacità dei soggetti pubblici di provvedere all’erogazione di servizi. Parallelamente, varie teorie economiche alternative al modello di sviluppo capitalistico dominante hanno ormai incorporato in sé il ritorno a forme di auto produzione e autoconsumo come quelle immaginate da Gandhi (si pensi ad esempio alla teoria della decrescita formulata dall’economista francese Serge Latouche).

Ma più di tutto, la grande attualità del Constructive programme risiede nel concetto di economia comunitaria, come antidoto, appunto, all’economia della polverizzazione individualistica del capitalismo avanzato. La ricostruzione di uno spirito comunitario è una proposta fattiva e costruttiva che può essere declinata in ogni latitudine e partendo da ogni assetto produttivo preesistente. Diffondere un ideale di bene comune, che ricomprenda e superi gli interessi individuali, costituisce oggi come non mai, non tanto un’opzione quanto l’unica via praticabile per la salvezza del pianeta e la pacifica convivenza su di esso della specie umana.

 

Gaetano Sabatini

(3. fine)

 

 

 

 

 

 

 



[1] Sulla visita di Gandhi in Italia si veda Gianni Sofri, Gandhi in Italia, Il Mulino, Bologna, 1988.

 

[2] Roberto Morozzo della Rocca, Maria dell’eremo di Campello. Un’avventura spirituale nell’Italia del Novecento, Milano, Guerini e Associati, 1998.

 

[3] Francesco Dante, Gandhi e Sorella Maria. Un’amicizia grande come il mondo, Bresci, Editrice La Scuola – Morcelliana, 2017, in particolare alle pp. 29-31 per la descrizione dell’incontro.

 

[4] Mahatma Gandhi, Autobiografia, a cura di C. F. Andrews, prefazione di Giovanni Gentile, Milano fratelli Treves, 1931.

 

[5] Mahatma Gandhi, Pensieri, prefazione di Don Primo Mazzolari, Vicenza, La locusta, 1960.

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