Koinonia Maggio 2019


Una scheda informativa su

Global Compact for Migration

 

Non passa giorno che l’argomento migranti non sia sulle prime pagine delle cronache e nei titoli di apertura dei notiziari radio-televisivi sia per gli avvenimenti che li coinvolgono sia per le ripetute esternazioni degli esponenti del governo e degli altri partiti. Riguardo ai migranti si registrano troppi eventi tragici come i morti in mare, trai quali anche tanti bambini, e le condizioni disumane in cui vivono nella maggior parte dei paesi di transito, ma anche i molti fatti criminosi intrecciati con la criminalità organizzata, le mafie e i traffici illeciti di cui stranieri residenti nel territorio sono sia vittime che protagonisti. Riguardo alla politica non si può fare a meno di osservare che questa attinge a piene mani da questi eventi per sostenere ideologie, scelte  e, visto il clima da campagna elettorale che ormai persiste da molto tempo nel Paese, si ha l’impressione che l’argomento “migranti” e la gestione del fenomeno migratorio siano ormai funzionali ad una politica sempre più ridotta a formule stereotipate e frasi ad effetto, prive di quelle analisi, riflessioni e approfondimenti che invece sarebbero necessari per affrontare seriamente un tema così complesso che interagisce con tutte le componenti della società e della civile convivenza: economia, lavoro, diritti, libertà, sicurezza, cultura, istruzione, religioni, etc.

In un articolo pubblicato il 9 marzo u.s. sul Corriere della Sera lo scrittore Claudio Magris scrive che “per disinnescare o almeno combattere l’odio e il pregiudizio nei confronti di chi è disgraziato occorre anzitutto non fomentarlo involontariamente con arrogante sufficienza e fatuo semplicismo né con ignoranza del problema mascherata dalla presunzione di essere spiriti illuminati” e più avanti osserva: “Il destino del mondo è globale e verosimilmente il futuro accrescerà le nostre difficoltà, renderà forse più arduo aiutare chi è vittima di ingiustizie e sofferenze bestiali. Siamo dinanzi a un nodo gordiano durissimo da sciogliere, perché in esso si aggrovigliano tragedie personali e collettive, giochi a scaricabarile di vari Paesi che vogliono lavarsene le mani e non osano dirlo, ostacoli economici e anche inevitabilmente e necessariamente burocratici e legali, ingorghi di bestiali traffici di schiavi e iniziative umanitarie. Non si vede alcun Alessandro Magno che possa districare quel nodo con un colpo della sua spada, come la tradizione dice che egli abbia fatto a Gordio”.

In questa sovrabbondanza di notizie e di prese di posizione nel corso degli ultimi mesi sono state fornite poche notizie riguardo “Il Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare” (Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration) [1] e alla posizione assunta dall’Italia.

Il 9 settembre 2016 i paesi membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite hanno adottato all’unanimità la “Dichiarazione di New York per i rifugiati e migranti” che ha dato inizio ad un lungo processo terminato con la negoziazione di un Patto mondiale sulla migrazione. All’origine di tale processo vi era la necessità di una maggiore cooperazione tra le nazioni per affrontare in modo efficace il fenomeno delle migrazioni. Dopo vari incontri e conferenze intergovernative, il Patto è stato firmato il 10 e l’11 dicembre 2018 da 164 paesi in una conferenza delle Nazioni Unite tenutasi a Marrakedh (Marocco) e questo iter si è infine concluso con l’approvazione formale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre 2018 del Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration.
È bene precisare che il Patto non è un trattato internazionale, quindi non è vincolante ai sensi del diritto internazionale, tuttavia secondo la prassi delle Nazioni Unite ha valenza di impegno vincolante dal punto di vista politico poiché prevede che i Paesi che accettano questo tipo di patti siano tenuti a seguirli nell’ambito dei loro rapporti internazionali con gli altri Paesi aderenti. Inoltre molti dei Paesi che hanno formalmente aderito al Patto lo assumeranno come strumento di riferimento interpretativo in materia di legislazione sull’immigrazione.

Fissato così il quadro di riferimento corre l’obbligo di aggiungere che l’Italia non ha partecipato alla conferenza internazionale di Marrakesh e non ha firmato l›accordo così come Austria, Australia, Bulgaria, Cile, Croazia, Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, Estonia, Ungheria, Israele, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia e Svizzera. Gli Stati Uniti, per decisione del presidente Trump, non hanno partecipato alla negoziazione dell’accordo. Dunque, in occasione della votazione del 19 Dicembre 2018, a fronte di 152 voti favorevoli, hanno votato contro 5 paesi (Stati Uniti, Ungheria, Israele Repubblica Ceca, Polonia), 12 si sono astenuti e 24 non hanno votato.

La posizione del Governo italiano, riportata in una nota dell’ANSA del 28 Novembre 2018, è stata di non partecipare alla conferenza di Marrakesh e di sottoporre la decisione finale al dibattito del Parlamento.
La discussione alla Camera dei Deputati è avvenuta nelle sedute n. 102 e 103 di martedì 18 e mercoledì 19 dicembre 2018 [2]. Nella prima parte della discussione il Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale Manlio Di Stefano, intervenuto a nome del Governo, ha precisato che la posizione del Governo
è di risolvere “il problema alla radice” attraverso la stipula di accordi bilaterali, di cooperazione internazionale, che favoriscano “la possibilità dei migranti di rimanere nei loro territori, di crearsi una vita in prosperità nei loro territori”, e ha sottolineato la sostanziale sfiducia nei risultati concreti derivanti da accordi come il Global compact for migration rinviando comunque al Parlamento l’adesione da parte dell’Italia vista la rilevanza politica di tale decisione.
Nella successiva seduta della Camera del 19 dicembre 2018, dopo una lunga e animata discussione (il resoconto stenografico [3] occupa quasi 22 pagine a doppia colonna)
è stata approvata la mozione D’Uva e Molinari che impegna il Governo “a rinviare la decisione in merito all’adesione dell’Italia al Global Compact for Safe, Orderly and Regular migration, in seguito ad una ampia valutazione con riferimento alla sua effettiva portata”.

Si potrebbe facilmente commentare che per il momento il Parlamento italiano ha deciso di non decidere. Di fronte a questo ennesimo rinvio, vista anche la scarsa informazione da parte dei mezzi di comunicazione, un cittadino privo di competenze sui rapporti internazionali e sui fenomeni migratori si pone almeno la domanda di cosa affermi e prescriva il Global Compact il cui testo tra l’altro non è disponibile in lingua italiana (si veda [6] per la versione in francese).  

Innanzitutto il Patto richiama in premessa un consistente insieme di atti internazionali dai quali trae origine e mutua i suoi principi fondanti: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il Protocollo per Prevenire, Sopprimere e Punire il Traffico di Persone Specialmente Donne e Bambini, la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico, la Convenzione delle Nazioni Unite per Combattere la Desertificazione e l’Accordo di Parigi 2.

In secondo luogo, fin dalle premesse viene delineato il contesto di riferimento ponendo una chiara distinzione tra “migranti” e “rifugiati”.  Il documento afferma: “Rifugiati e migranti beneficiano degli stessi diritti umani universali e libertà fondamentali, che devono essere rispettati, protetti e ottemperati sempre. Comunque, migranti e rifugiati sono gruppi distinti governati da separati quadri di riferimento legali. Soltanto i rifugiati beneficiano della protezione universale come definita dalla legge internazionale sui rifugiati. Il presente Global Compact si riferisce ai migranti e presenta un quadro di riferimento cooperativo rivolto alla migrazione in tutte le sue dimensioni”.

A questo proposito è opportuno precisare che sulla base della Convenzione del 1951 e dello Statuto dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite i rifugiati sono persone che si trovano fuori del proprio paese di origine per ragioni di temuta persecuzione, guerra, violenza generalizzata o altre circostanze che hanno gravemente perturbato l’ordine pubblico e che, come conseguenza, richiedono la protezione internazionale [4]. L’Assemblea Generale dell’ONU il 17 Dicembre 2018 ha approvato il Global Compact on Refugees attraverso una risoluzione dell’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Rugiati (approvata da 181 paesi con i soli voti contrari di Ungheria e Stati Uniti e l’astensione di Eritrea, Liberia e Libia)[5].

Per i non addetti ai lavori la distinzione rifugiati-migranti può sembrare inappropriata poiché spesso i migranti con i quali entriamo in contatto hanno anche la qualifica di rifugiato (o ne hanno richiesto il riconoscimento), tuttavia la distinzione è rilevante sul piano giuridico, dei diritti che devono essere riconosciuti alle persone e degli impegni cui devono adempiere nei loro confronti i Paesi in cui si trovano. Conoscere che nell’ambito internazionale si applica la distinzione giuridico-formale delle due condizioni di migrante e di rifugiato è importante tenuto conto che la linea di demarcazione tra queste due situazioni è molto sottile e spesso legata ai rapidissimi mutamenti interni dei paesi sconvolti da guerre interne (es. la Siria e la Libia) che costringono migliaia di persone, famiglie, bambini a scappare dai fronti, dai bombardamenti e dalle violenze. Si possono così meglio comprendere le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che nella sua recente visita ufficiale in Giordania al campo di Zaatari che ospita 80mila rifugiati, il 9 aprile, ha detto: «La Giordania riceve l›ammirazione dell›Italia per l›accoglienza generosa nei confronti dei siriani e di profughi di altre nazionalità».

Ritornando al Global Compact for Migration, il documento riguarda dunque una categoria di persone molto più ampia poiché i fenomeni migratori interessano molte aree del mondo, coinvolgono la maggioranza dei paesi e sono profondamente legati a molte altre componenti come il documento richiama e sottolinea nei 54 punti che lo costituiscono, articolandosi in 3 ambiti ed enunciando 23 obiettivi di carattere operativo che i Paesi sottoscrittori si impegnano a perseguire per assicurare una migrazione sicura, ordinata e regolare.

I tre ambiti sono la Conoscenza Comune (Common Understanding), le Responsabilità Condivise (Shared Responsibilities) e l’Unità di Intenti (Unity of Purpose).

Il primo punto riconosce che c’è la continua necessità di sforzi internazionali per rafforzare la conoscenza e l’analisi della migrazione, poiché intenti condivisi consentiranno di migliorare le politiche che possono sbloccare il potenziale di uno sviluppo sostenibile per tutti.

Nel secondo ambito (le responsabilità condivise) sono esplicitati due principi fondamentali per comprendere il significato di questo documento e degli impegni assunti dai Paesi sottoscrittori. In primo luogo si ammette che nessun paese può affrontare da solo le sfide e le opportunità di questo fenomeno globale e si riconosce la responsabilità condivisa di ciascun Paese sottoscrittore  di confrontarsi l’un l’altro sui bisogni e le preoccupazioni relative alla migrazione e l’obbligo fondamentale di rispettare, proteggere e garantire i diritti umani di tutti i migranti, indipendentemente dal loro stato di migrazione, garantendo al tempo stesso la sicurezza e la prosperità di tutte le proprie comunità. In secondo luogo viene formulato l’intento di mitigare i fattori avversi e le condizioni strutturali che impediscono alle persone di costruire e mantenere una vita sostenibile nei propri paesi d’origine obbligandoli a cercare un futuro altrove. Questa finalità viene sottolineata affermando che il Global Compact for Migration “si sforza di creare condizioni favorevoli” che mettano in condizione tutti i migranti di arricchire le nostre società attraverso le loro capacità umane, economiche e sociali, così favorendo il loro contributo allo sviluppo sostenibile a tutti i livelli (locale, nazionale, regionale e globale).
Il terzo ambito (l’unità di intenti) afferma che “la migrazione non dovrebbe mai essere un atto di disperazione” e che quando invece lo è occorre cooperare per rispondere ai bisogni dei migranti che si trovano in condizioni di vulnerabilità. L’impegno per facilitare “una migrazione sicura, ordinata e regolare” (safe, orderly and regular migration) per il bene di tutti viene declinato affermando che occorre lavorare insieme per creare le condizioni che permettano alle comunità e agli individui di vivere in sicurezza e dignità nei loro paesi; salvare vite e tenere i migranti fuori dai pericoli; fare in modo che i migranti divengano pienamente membri delle nostre società, promuovendo il loro contributo, la loro inclusione e la coesione sociale; generare sicurezza per le comunità, gli Stati e gli stessi migranti.

Il Global Compact si fonda su un insieme di principi trasversali sintetizzati nei seguenti dieci punti

Pone al centro le persone, privilegiando fortemente la dimensione umana e promuovendo il benessere dei migranti e dei membri delle comunità nei paesi di origine, di transito e di destinazione.

Si fonda sulla cooperazione internazionale a causa della intrinseca natura transnazionale del fenomeno e fonda la sua autorità sul consenso, la credibilità, la cooperazione, l’attuazione condivisa, l’analisi delle ricadute delle azioni intraprese e la revisione del processo.

Ribadisce la sovranità di ogni Stato nel definire la propria politica nazionale in materia di migrazione nell’ambito della propria giurisdizione, distinguendo tra migrazione regolare e non regolare e determinando come attuare il Global Compact sia a livello politico che legislativo sulla base delle diverse realtà nazionali, delle priorità, delle politiche e dei requisiti per l’ingresso, la residenza ed il lavoro, nel rispetto delle leggi internazionali.

Riafferma l’importanza dello stato di diritto (rule of law and due process) ovvero che lo Stato, le istituzioni pubbliche e private e le persone sono tenuti a rispondere alle leggi promulgate pubblicamente e applicate con indipendenza che siano consistenti con il diritto internazionale.

Affonda le proprie radici nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, riconoscendo che la migrazione è una realtà multidimensionale di primaria rilevanza per lo sviluppo sostenibile dei paesi di provenienza, transito e destinazione che richiede risposte coerenti e di vasta portata. Mira a sfruttare il potenziale della migrazione per il raggiungimento degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile così come l’impatto che questo risultato avrà sulla migrazione in futuro.

L’attuazione del Global Compact si basa sule leggi internazionali a tutela dei diritti umani e sostiene i principi di non-regressione e non-discriminazione, assicurando l’effettivo rispetto, la tutela e l’adempimento dei diritti umani di tutti i migranti, indipendentemente dal loro stato di migranti, attraverso tutte le fasi del ciclo di migrazione, e riaffermando l’impegno ad eliminare tutte le forme di discriminazione, incluso il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza contro i migranti e le loro famiglie.

Assicura la difesa dei diritti umani dei migranti alle donne, agli uomini, alle ragazze e ai ragazzi, promuovendo l’uguaglianza di genere, riconoscendo l’indipendenza, la rappresentanza e la leadership alle donne e alle ragazze al fine di distaccarsi dal considerare le donne migranti primariamente come vittime.

Promuove gli obblighi legali esistenti a livello internazionale per quando riguarda i diritti del bambino, sostenendo il principio del miglior interesse del bambino come considerazione primaria in tutte le situazioni che riguardano i bambini nel contesto della migrazione internazionale, compresi i bambini non accompagnati e separati.

Sottolinea la necessità di un approccio governativo complessivo (whole-of-government approach) per sviluppare e attuare politiche e pratiche effettive, assicurando coerenza attraverso tutti i settori e i livelli di governo poiché la migrazione è una realtà multidimensionale che non può essere affrontata da un solo settore della politica governativa.

Per affrontare la migrazione in tutte le sue dimensioni promuove la collaborazione tra tutti i soggetti interessati: migranti, diaspore, comunità locali, società civile, accademia, settore privato, parlamentari, organizzazioni sindacali, istituzioni nazionali che si occupano di diritti umani, i mezzi di informazione e qualunque altro rilevante portatore d’interesse nel governo delle migrazioni.

 

I 23 Obiettivi operativi elencati nel documento ne costituiscono la parte più corposa poiché sono strutturati in due componenti: a) l’enunciazione di un impegno che il paese sottoscrittore si assume per raggiungere il relativo obiettivo; b) un insieme di azioni considerate come strumenti di politica rilevanti e migliori pratiche per perseguire l’obiettivo.

Per ragioni spazio si riporta soltanto l’elenco degli obiettivi, osservando che la lettura nel dettaglio dell’impegno e delle azioni da un lato consentono  di comprendere quanto articolato, complesso e pieno di interdipendenze sia il fenomeno delle migrazioni e dall’altro pongono in evidenza di quanto concreta e determinata debba essere l’azione da parte di ogni paese per raggiungere risultati concreti:

Raccogliere e utilizzare dati accurati e disaggregati per sviluppare politiche basate su prove evidenti.

Minimizzare i fattori strutturali e le condizioni avverse che obbligano le persone a lasciare il proprio paese di origine. 

Fornire un’accurata e tempestiva informazione in ogni fase della migrazione.

Assicurare che tutti i migranti abbiano un’identità legale e adeguata documentazione.

Aumentare la disponibilità e flessibilità di corridoi per la migrazione regolare.

Facilitare il reclutamento equo e etico dei lavoratori migranti e salvaguardare le condizioni che assicurano un lavoro dignitoso.

Rivolgere attenzione e ridurre le vulnerabilità della migrazione.

Salvare vite e stabilire sforzi internazionali coordinati su migranti dispersi/scomparsi (missing).

Rafforzare la risposta internazionale il contrabbando di migranti.

Prevenire, combattere e sradicare il traffico di persone nell’ambito della migrazione internazionale.

Gestire i confini in modo integrato, sicuro e coordinato.

Rafforzare la certezza e la predicibilità delle procedure di migrazione   al fine di assicurare appropriati controlli e valutazioni.

Usare la detenzione dei migranti solo come una misura da ultima spiaggia e lavorare per le alternative.

Migliorare la protezione dei consolati, l’assistenza e la cooperazione nell’intero il ciclo della migrazione.

Fornire l’accesso a servizi di base per i migranti.

Rafforzare i migranti e le società per realizzare la piena inclusione e la coesione sociale.

Eliminare ogni forma di discriminazione e promuovere la pubblica discussione basata su fatti evidenti per rimodellare la percezioni sulla migrazione al fine di generare una percezione più realistica umana e costruttiva a tal riguardo.

Investire nello sviluppo di competenze e facilitare il reciproco riconoscimento di capacità, qualifiche e competenze.

Creare le condizioni affinché i migranti e le diaspore possano pienamente contribuire allo sviluppo sostenibile in tutti i paesi.

Promuovere il veloce, sicuro e poco costoso trasferimento delle rimesse di denaro e favorire l’inclusione finanziaria dei migranti.

Cooperare per facilitare il ritorno e il rimpatrio sicuri e dignitosi così come la reintegrazione sostenibile.

Stabilire meccanismi per la portabilità dei diritti della sicurezza sociale e dei benefici maturati.

Rafforzare la cooperazione sociale e la collaborazione globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare.

 

Ciascuna e ciascuno, in base alla propria cultura, alle proprie convinzioni politiche e alle proprie esperienze, potrà trovarsi più o meno d’accordo con il quadro di riferimento impostato dal Global Compact for Migration. Tuttavia ormai nessuno è autorizzato a sottovalutare i fenomeni migratori e a ritenere che la loro complessità e interdipendenza con i cambiamenti climatici, le trasformazioni sociali ed economiche, gli aspetti culturali e religiosi siano affrontabili in modo superficiale, approssimativo e con iniziative estemporanee ad effetto.

Il futuro della nostra società è strettamente legato a come saranno affrontate le due gradi sfide strettamente collegate tra loro: la conservazione del pianeta e i flussi migratori.  Sono due temi che pongono interrogativi urgenti prima di tutto in termini laici perché alla base di entrambe c’è la condivisione della nostra condizione umana e di quale umanità vogliamo cercare di costruire per le future generazioni. Già questa principio di riconoscersi tutti come esseri umani dovrebbe essere sufficiente a costituire la base condivisa dalla quale partire per trovare delle soluzioni.  Per i cristiani la sfida è ulteriore perché chiama direttamente in causa la nostra capacità di essere coerenti all’insegnamento di Gesù Cristo: l’amore per gli altri.

 

Valdo Pasqui

 

[1] https://refugeesmigrants.un.org/sites/default/files/180711_final_draft_0.pdf

[2] http://www.camera.it/leg18/410?idSeduta=0102&tipo=stenografico#sed0102.stenografico.tit00100

[3]https://documenti.camera.it/leg18/resoconti/assemblea/html/sed0103/stenografico.pdf

[4]https://news.un.org/en/story/2018/12/1028641

[5] https://www.unhcr.org/gcr/GCR_English.pdf

[6]https://www.diplomatie.gouv.fr/fr/politique-etrangere-de-la-france/la-france-et-les-nations-unies/le-pacte-mondial-pour-des-migrations-sures-ordonnees-et-regulieres/

 

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