Koinonia Aprile 2019


Primi passi dell’Europa ecumenica

Le linee guida per la crescita della collaborazione tra le Chiese in Europa

 

Non si può raggiungere l’unità (dell’Europa) in forma duratura senza valori comuni (...) Siamo persuasi che l’eredità spirituale del cristianesimo rappresenti una forza ispiratrice arricchente l’Europa. Su questi fondamenti ci impegniamo per un’Europa umana e sociale, in cui si facciano valere i diritti umani e i valori basilari della pace, della giustizia, della libertà, della tolleranza, della partecipazione, della solidarietà (...)

Dobbiamo contrastare il pericolo che l’Europa si sviluppi in un Ovest integrato e un Est disintegrato. Anche il divario Nord-Sud deve essere preso in considerazione. Occorre nel contempo evitare ogni forma di eurocentrismo e rafforzare le responsabilità dell’Europa nei confronti dell’intera umanità, in particolare verso i poveri di tutto il mondo (...) Vogliamo promuovere il processo di democratizzazione in Europa: ci impegniamo per un ordine pacifico, fondato sulla soluzione non violenta dei conflitti (...) e a contrastare ogni forma di nazionalismo che conduca all’oppressione di altri popoli e di minoranze nazionali, a migliorare e rafforzare la condizione e la parità dei diritti della donna in tutte le sfere della vita e da dove vengono queste prese di posizione così impegnative, che testimoniano un’attenzione particolare a quei “contenuti” dell’unificazione europea che rischiano di essere sottovalutati marginalizzati nella riflessione – anch’essa tuttavia prioritaria e irrinunciabile - sulle prospettive e le riforme istituzionali di questo processo?

Non appartengono a documenti politici in senso stretto, governativi o dell’Unione europea, né a un manifesto di intellettuali, né al così detto “popolo di Seattle”: Sono dichiarazioni contenute nella «Charta oecumenica» firmata il 22 aprile 2001 dai Presidenti della Conferenza delle Chiese europee (KEK) rappresentante delle confessioni riformate o comunque non cattoliche e del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE) portavoce della Chiesa cattolica: firma avvenuta a Strasburgo nella Chiesa luterana di Saint Thomas, nel contesto dell’incontro ecumenico europeo, al quale hanno partecipato anche un centinaio di giovani che hanno dibattuto i temi proposti dal documento.

Un incontro quindi non di venerabili ed ufficiali rappresentanti di varie confessioni cristiane, ma aperto alle tensioni e alle novità delle attese che salgono dalla comunità cristiana. La «Charta» di Strasburgo non chiude o esaurisce un processo di avvicinamento delle  predette confessioni, né tanto meno pone il sigillo sulla loro riunificazione, ma apre un cammino ecumenico per il superamento di fratture, che hanno lontane origini. Dalla separazione della Chiesa Ortodossa dalla Chiesa di Roma avvenuta nell’XI secolo, alla Riforma Protestante consumatasi nel XVI secolo, per citare solo le fasi più drammatiche e di maggior peso di questa separazione che, non dimentichiamolo, ha contribuito anche alla divisione dell’Europa politica, sociale e culturale.

Forse questa constatazione si dimentica in una società molto secolarizzata, troppo spesso indifferente alle vicende della storia e delle religioni. A molti di coloro che militano nei movimenti di ispirazione federalista (come l’estensore di questa nota) o che comunque si impegnano nella costruzione di un’Europa politicamente unita, democratica e sovranazionale, è nota la priorità che viene data, motivatamente, alle riforme istituzionali dell’attuale Unione europea e alla necessità di una Costituzione come Carta fondamentale del nuovo assetto.

Va tuttavia sottolineato che dietro una Costituzione, anzi in una Costituzione, traspare sempre una determinata concezione di società, nel nostro caso europea, di valori, di diritti e di obblighi individuali e collettivi: vi è in ogni Costituzione una parte che potremo chiamare di «architettura istituzionale», ma non può  mai mancare una premessa di «contenuti», di «principi generali ispiratori» (come del resto nella nostra Costituzione italiana) di cui - è stato detto - la Carta europea dei diritti fondamentali accolta dal Consiglio europeo di Nizza, ma senza  valore giuridico vincolante, se opportunamente perfezionata, potrebbe rappresentare l’embrione.

Se così stanno le cose e pur mantenendo rigorosamente la dimensione laica di ogni riforma, non credo si possa rimanere disattenti ad alcune delle affermazioni della «Charta oecumenica», sopra in sintesi riportate, testimonianza di un impegno che le varie confessioni le varie confessioni cristiane, alle quali non si può negare, almeno sul piano culturale, di aver dato un rilevante contributo alla storia dell’Europa, assumono per far avanzare l’unificazione europea.

Le delusioni e le insoddisfazioni che si riscontrano in molte fasce di opinione pubblica europea riguardano spesso proprio la difficile comprensione del perché (oltre che del come) si vuole costruire l’unità del continente.

La «Charta oecumenica», in questo senso, riguarda tutti gli europei indipendentemente dalle loro personali convinzioni, meglio ancora (avrebbe detto Giovanni XXIII) tutti gli uomini di buona volontà che hanno a cuore alcuni valori fondamentali (la pace nella giustizia, la libertà, la solidarietà, la democrazia, il dialogo tra diversi, eccetera) e che vedono nell’unificazione europea un’esigenza irrinunciabile per il loro avvenire e, come afferma espressamente la «Charta», il bene delle generazioni future.

 

Gianfranco Martini

(Comuni d’Europa, n. 9, settembre 2001)

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