Koinonia Aprile 2019


Federalismo versus nazionalismo

Per un’Europa delle autonomie locali e  non degli Stati sovrani

 

Le elezioni europee sono alle porte. E mai come oggi questa scadenza elettorale appare decisiva per il futuro del continente. E quindi per tutti coloro che vivono in un Paese che oggi è parte dell’Unione europea, ma non solo. La partita appare decisiva. Sotto diversi aspetti, sul piano politico e istituzionale, rispetto alle prospettive economiche, ma soprattutto per quanto riguarda la tenuta sociale.

A mettere in discussione il lungo periodo di pace post seconda guerra mondiale è il ritorno in Europa dei nazionalismi. Chi ne sottovaluta l’impatto e gli effetti sulla tenuta sociale e politica e nega i pericoli di uno slittamento progressivo verso un superamento della pace, sbaglia.

Nel mese scorso sono stato invitato a Lendinara, comune dove mio padre Gianfranco Martini è stato sindaco per diversi anni e poi consigliere comunale, per parlare di lui in quanto federalista ed europeista della prima ora.

Come ha ricordato nella lunga intervista pubblicata in volume e dal titolo “Piccoli padri. Una conversazione sulla nascita dell’Unione europea e sul suo futuro”, Gianfranco Martini ricordava come nell’immediato dopoguerra si fosse “entusiasmato per il Movimento federalista europeo, sembrandogli  “una cosa logica che la guerra fosse dovuta ai nazionalismi e che la pace fosse legata a un nuovo ordinamento tra i vari Paesi europei.(da Piccoli Padri, p.40).

La sua convinzione federalista trovava forza nel pensiero e negli scritti di Mounier e di Maritain. Più volte citava “L’uomo e lo Stato” e ricordava, citandolo, come fosse determinante in una prospettiva di pace “ la rinuncia decisiva all’idea o all’idolo della sovranità dello Stato, all’idea di questo dio mortale, come diceva Hobbes, che si chiama lo Stato sovrano”.

La storia del pensiero federalista è contrappuntata da questa convinzione e ne costituisce un pilastro morale oltre che di pensiero.

Questa convinzione, destinata a tramutarsi costantemente in impegno concreto del fare, doveva trovare una conferma irreversibile di fronte alla crisi balcanica negli anni Novanta del secolo scorso. Per chi guardava all’Europa come un processo di progressiva unificazione politica in senso federale, la guerra jugoslava riproponeva ancora una volta la “peste nera” dei nazionalismi, con il loro carico di odio, di visioni identitarie basate sulla logica del nemico, facendo riemergere antiche faide, attingendo nella storia passata non gli elementi identitari comuni, bensì le contrapposizioni, le ferite, riaprendole e trasformandole in guerra. Mai come in questo momento quella guerra dovrebbe farci riflettere e riportarci alla ragione.

Ritorno ancora all’esperienza di mio padre che si batté alla fine di quella guerra per ricostruire momenti e istituzioni in grado di rimettere al centro una visione democratica e federalista. La nascita delle Agenzie della democrazia locale costituirono dei luoghi di promozione culturale, di riflessione e di confronto con l’obiettivo di ricucire quelle ferite intorno al rispetto reciproco e a una possibilità di superare la logica del nemico.

Agenzie nate “per aiutare le popolazioni interessate a costruirsi un futuro di democrazia, di pace, di partecipazione, di tutela dei diritti umani e di dialogo interetnico e interreligioso, partendo dal basso, dagli enti locali e da altri organismi della società civile.” (da Piccoli Padri, p.80)

Una visione della democrazia fondata sull’autonomia dei territori, in quella logica dell’unità nella diversità, che ispira la convinzione federalista. Infatti, come scriveva Gianfranco Martini alla fine del secolo scorso “il federalismo è una prospettiva che implica l’aumento della dimensione dell’autonomia e dell’autogoverno dei corpi sociali intermedi, valorizzando il pluralismo dei soggetti organizzati o portatori di interessi o di bisogni, ponendoli in condizione di essere protagonisti attivi di nuove e più incisive politiche.” (da “Quale federalismo?” in I Quaderni di San Casciano sul governo locale, 1997).

Un’articolazione sociale che diventa tessuto vivo in grado di produrre rappresentanza e poi impegno politico nell’ambito di un confronto rispettoso e fondato sull’accettazione della diversità di ciascuno. Diversità come valore da contrapporre a un’ideologia della paura dell’altro, del diverso da se. Che passando dalla dimensione individuale a quella collettiva, alimentandosi di pericolose ideologie identitarie, diventa miccia pronta ad esplodere.

Ai nazionalismi che spesso oggi si trasformano in sovranismi (parola che ha in sé il concetto di prevaricazione di qualcuno su qualcun altro) e che brandiscono falsamente il vessillo dell’autonomia si contrappone la visione federalista.

Un federalismo che è “un tentativo di risposta, sempre intesa come processo più che come punto di arrivo definitivo, tra due esigenze che, soprattutto nel mondo in cui viviamo, sembrano fortemente presenti e che sarebbe un errore considerare sempre come elementi incompatibili  e tra di loro addirittura in conflitto. Cioè l’esigenza di rispettare e anche sviluppare le diversità  che sono sotto gli occhi di tutti  fra realtà religiose, culturali, istituzionali e politiche e un bisogno di unità che la globalizzazione interpreta solo parzialmente e non sempre correttamente. Il federalismo è ricerca di unità nella diversità.” (da Piccoli Padri, p.72).

Un’idea federale dell’Europa che si accompagni a un Unione europea con una “forte caratterizzazione politica che le consenta di superare le tentazioni economicistiche e tecnocratiche.”

Un’Europa democratica fondata non sugli Stati ma sulle autonomie locali, “secondo una concezione che prevede autorità territoriali a diversi piani e contrassegnate non da un rapporto gerarchico ma da una ripartizione di ruoli diversi, pur nella profonda e dinamica unità dell’insieme.” (da “Le Regioni e L’Europa: il perché di una battaglia” in Comuni d’Europa, dicembre 1984).

Ecco l’Europa per la quale battersi, un’Europa concretamente federale: “l’Europa della partecipazione dei cittadini, l’Europa della difesa dei diritti umani, l’Europa che rispetta e valorizza le differenze, l’Europa che  si fonda sulla sussidiarietà, sulle autonomie e sull’interdipendenza.”(da “Pace, solidarietà, democrazia in Europa” in Comuni d’Europa, n.1 gennaio 2000.)

 

Alfredo Martini

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